Siria. Damasco nega paternità strage. Cardinale Sandri: in pena per i civili
Il regime siriano ha rigettato ogni responsabilità per il massacro di Hama, denunciato
nella notte dal Consiglio nazionale siriano con sede all’estero. Resta tuttavia alta
l’indignazione nelle principali cancellerie europee e del mondo arabo per il nuovo
bagno di sangue che ieri avrebbe provocato circa 100 vittime. Intanto, continua a
muoversi la diplomazia internazionale. Dal summit di Istanbul gli Usa tornano a chiedere
una transizione del potere immediata, mentre Russia e Cina premono per una soluzione
concertata della crisi. Stefano Leszczynski ha intervistato Marcella Emiliani,
esperta di Medio Oriente per il quotidiano il Messaggero:
R. – Da Istanbul
e da Shangai, non sono uscite delle posizioni innovative rispetto all’atteggiamento
che Russia e Cina hanno portato avanti nei confronti della crisi siriana. Il loro
atteggiamento è quello di riconoscere come pienamente legittimo, ancora oggi, il regime
di Bashar al Assad, nonostante il massacro che continua a perpetrare nei confronti
della popolazione. E la cosa più importante è che già quando Kofi Annan aveva presentato,
sei settimane fa, il suo piano in transizione "morbida", soprattutto la Russia si
era detta impegnata a sostenerlo. Quindi, allargare adesso il discorso a una Conferenza
internazionale per ottenere gli stessi risultati che proponeva Annan, francamente
fa insorgere il dubbio che si voglia prendere tempo. Ricordiamoci che Annan era, ed
è tutt’oggi, rappresentante dell’Onu e della Lega Araba. Quindi, che cosa si può tutelare
in una Conferenza internazionale che non si possa discutere con lo stesso Annan? Questo
è l’interrogativo.
D. – Fino ad oggi, i Paesi occidentali, i Paesi amici della
Siria, Stati Uniti compresi, non hanno tirato fuori esplicitamente l’ipotesi di un
intervento armato in Siria per fermare la crisi, perché Russia e Cina si oppongono
fortemente a questa opzione...
R. – Se Cina e Russia togliessero il loro veto
a un intervento armato, il regime di Assad crollerebbe nel giro di un giorno. Assad
si regge su questo potere di veto dell’Onu di Russia e Cina. Internamente, è completamente
delegittimato e ha portato il Paese praticamente alla guerra civile. L’incognita semmai
è quella rappresentata dall’Iran. Cosa farà l’Iran qualora il regime di Assad dovesse
seriamente scricchiolare? Perché l’Iran viene a perdere l’unico alleato arabo che
ha in Medio Oriente.
D. – La Russia è alla ricerca di garanzie per quanto riguarda
i propri interessi nel Paese, o è strettamente legata al regime in sé?
R. –
Ci sono due considerazioni da fare in merito. La Russia ha interessi immediati concreti,
rappresentati dal volume di affari, compresi anche diversi milioni di dollari, in
armi, armi convenzionali. Secondo ragionamento: la Siria fornisce alla Russia l’unico
vero punto di appoggio per la sua Marina nel Mediterraneo, che è il porto di Tartus.
La cosa più importante, però, è che questa ostinazione di Putin a sostenere il regime
di Assad somiglia tanto alla riedizione di una politica di espansionismo russo in
Medio Oriente, per cui probabilmente Putin pensa attraverso la Siria di articolare
tutta una sua politica di espansione, chiaramente contando sulla confusione creata
dalle primavere arabe.
Preoccupazione e dolore per la grave situazione umanitaria
della Siria e per la difficile condizione dei cristiani che vicono nel paese è stata
espressa ieri dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per
le Chiese Orientali, durante la presentazione del Meeting di Rimini per l’Amicizia
tra i Popoli:
"Non c’è giorno che non riceviamo notizie da piangere per
le violenze e soprattutto non capire quale sia questa forza che porta a questo disastro
della gente, dei piccoli, dei bambini, delle donne e soprattutto che non ci sia la
possibilità di un dialogo, di una riconciliazione, di un immediato cessate-il-fuoco
e di una ripresa dei colloqui. Questo ci fa soffrire moltissimo e ne sono vittime
i nostri cristiani: a Homs, per esempio, pare che quasi tutti siano ormai fuggiti".