L'Europa chiamata a vigiliare sul Kazakistan, dove non si fermano le violazioni dei
diritti umani
In Kazakistan proseguono senza tregua tortura e maltrattamenti da parte delle forze
di sicurezza: si legge nel Rapporto 2012 sulla situazione dei diritti umani nel mondo
di Amnesty International. Nel volume ci si sofferma soprattutto su quanto avvenuto
il 16 dicembre scorso a Zhanaozen, città petrolifera sudoccidentale, dove sono esplosi
scontri tra polizia e manifestanti, con morti e feriti. Da maggio 2011 si susseguivano
scioperi e proteste dei lavoratori dell'industria petrolifera a causa sia di controversie
salariali sia per le discriminazioni a danno dei lavoratori kazaki. Gli scioperi,
dichiarati illegali, hanno provocato centinaia di licenziamenti. Di qui le proteste
e le violenze. FrancescaSabatinelli ha intervistato AnnaKoj,
di Open Dialog Foundation, fondazione polacca per la promozione dei diritti umani
nell'Europa dell'Est e in Asia centrale.
R. - Ufficialmente
a Zhanaozen ci sono stati 17 morti e 100 feriti. Ora sono in corso i processi: sono
state arrestate 37 persone, tra gli operai che scioperavano ed altre persone che facevano
parte delle proteste. Durante i processi, in molti, sia tra gli accusati che tra i
testimoni, hanno parlato delle torture subite durante gli interrogatori. Queste accuse
non sono state accolte e non sono state nemmeno prese in considerazione, normalmente
se le testimonianze vengono estorte con le torture non sono, ovviamente, più valide.
D.
- Ciò che sta accadendo ai lavoratori del petrolifero è in realtà ciò che avviene
a molti in Kazakistan. Una recente missione per l’osservazione del rispetto dei diritti
umani nel Paese ha rilevato la totale assenza di libertà di pensiero, di assemblea,
di parola…
R. - E’ molto visibile soprattutto per quanto riguarda i giornalisti
e i rappresentanti dell’opposizione che vengono repressi solo perché cercano di presentare
in maniera chiara e indipendente la situazione, e non si sottopongono alle pressioni
dello Stato. In realtà la legge kazaka permette di organizzare proteste e scioperi,
ma allo stesso tempo - senza reali motivi - le autorità possono scegliere se una tale
protesta o un tale sciopero è – secondo loro - illegale.
D. – In che modo
Open Dialog Foundation riesce a far arrivare la situazione kazaka all’attenzione delle
istituzioni europee?
R. - Proviamo a rendere nota la situazione. Per il Kazakistan
è molto importante fare bella figura in Europa, è molto importante riuscire a mantenere
un’immagine positiva. Purtroppo, però, dietro tante belle parole c’è un’assoluta mancanza
del rispetto dei diritti umani. Il 15 marzo scorso, il Parlamento europeo ha adottato
una Risoluzione che, in maniera abbastanza decisa, indicava alle autorità kazake che
un’ulteriore collaborazione economica - e non solo - avrebbe potuto essere possibile
solo con il pieno rispetto dei diritti umani. Grazie a questa Risoluzione, e al sostegno
della società civile e dei media dell’Unione Europea, abbiamo ottenuto alcuni risultati.
Purtroppo, non appena l’interesse delle istituzioni europee è diminuito, il Kazakistan
ha trovato un altro modo per continuare con le repressioni: ha accusato alcuni attivisti
e alcuni giornalisti di essere “terroristi dell’informazione”, così li ha chiamati.
In realtà, questa accusa non si basa su alcun tipo di prova vera e propria, perché
non ce ne sono. E’ solo il segno di un regime che sta morendo e che cerca di trovare
un modo per distruggere l’opposizione, in realtà non sa bene cosa altro poter trovare.
C’è bisogno di un continuo interesse, di una continua attenzione da parte degli Stati
europei e della Comunità internazionale, affinché si possano ottenere dei risultati
positivi, anche se c’è certo bisogno di tanto lavoro e di tante attenzioni.
D.
- Visto dall’esterno quello kazako non sembra però un regime in procinto di morire.
Il presidente Nazarbayev è stato rieletto sei mesi fa dopo un voto democratico, a
detta del governo, e totalmente addomesticato secondo l’Osce. Certo è che però Nazarbayev
ha continuato per anni a governare in questo modo!
R. - Viste le proteste e
l’attività stessa dell’’opposizione che - seppur repressa - cerca di farsi sempre
sentire, si può dire che si tratta evidentemente di un regime che sta morendo, che
sta andando verso la sua fine. Purtroppo attorno al presidente kazako ci sono soltanto
suoi uomini. Per quanto riguarda le elezioni, ovviamente Nazarbayev voleva far vedere
che le elezioni si sono svolte democraticamente e che sono state rispettate le leggi
internazionali. Per lui è fondamentale mantenere un’immagine positiva nel mondo europeo
e questo per diversi motivi, anche solo per il fatto che le autorità kazake deposti
vano i propri soldi in Europa, le famiglie degli alti funzionari kazaki passano le
vacanze in Europa, dove possiedono proprietà. Il presidente kazako vuole, attraverso
l’Unione Europea e gli Stati Uniti, poter controbilanciare e difendersi dall’espansione
cinese e russa. In realtà Nazarbayev ha la faccia abbastanza tosta per dire che le
elezioni siano state aperte e democratiche!