Giornata mondiale dell’Ambiente. Rapporto Ilo sull’economia verde per creare lavoro
‘Economia verde’ non solo una scelta obbligata per salvare il Pianeta ma un’opportunità
per rilanciare l’occupazione. Ne è convinta l’Organizzazione internazionale del lavoro
(Ilo) che ha messo nero su bianco le sue teorie in un nuovo Rapporto, pubblicato alla
vigilia dell’odierna Giornata mondiale dell’Ambiente dedicata al tema “Green ecomony
ne fai parte?” ed in vista della Conferenza sullo sviluppo sostenibile Rio+20, in
programma dal 20 al 22 giugno in Brasile. Roberta Gisotti ha intervistato Luigi
Cal direttore dell’Ufficio Ilo per l’Italia e San Marino.
In 20 anni è
possibile creare da 40 a 60 milioni di posti di lavoro, ipotizza il Rapporto Ilo intitolato
“Lavorare per uno sviluppo sostenibile. Opportunità di lavoro dignitoso e inclusione
sociale nell’economia verde”. Dott. Cal quali indicazioni emergono dalla studio?
R.
– E’ uno studio molto importante, direi quasi poderoso, di circa 200 pagine dove sono
interpellati governi, imprese, sindacati, ad intervenire per cambiare un modello di
sviluppo che non funziona, un modello di sviluppo che ha visto negli ultimi vent’anni,
per esempio, i redditi da lavoro crescere di meno della produttività, con una moderazione
salariale che non si è tradotta in più investimenti o più occupazione ma solo in più
profitti finiti per lo più in poche mani oppure, peggio, sono finiti a pagare dividendi
o alimentare una finanza speculativa. Questo per il Nord del mondo. Per quanto riguarda
il Sud del mondo una moderazione salariale che invece di essere usata per la crescita,
per la domanda interna, ha sostenuto l’export verso il Nord. In questo rapporto si
individuano invece grandi possibilità di occupazione. E’ possibile che nel giro di
vent’anni vi sia una crescita di 2, 3 milioni di nuovi lavori all’anno e si indicano
anche i settori in cui questi lavori dovrebbero prendere forma: l’agricoltura, le
foreste, la pesca, il settore dell’energia, l’industria manifatturiera, il riciclaggio
dei rifiuti, le costruzioni e i trasporti. Ad ognuno di questi settori, il Rapporto
riserva una accurata analisi anche con esempi che riguardano Paesi specifici.
D.
- Ma se “l’attuale modello di sviluppo - come denuncia anche nel Rapporto il direttore
generale dell’Ilo, Juan Somavia - si è dimostrato inefficace e insostenibile non solo
per l’ambiente ma anche per l’economia e la società”, a chi spetta cambiare rotta?
R.
- Direi a tutti gli attori dell’economia e della società, ripeto: governi, imprese,
sindacati, banche, etc., ma non solo del Nord del mondo, anche del Sud del mondo.
Il mondo globale deve muoversi insieme e il Rapporto indica come lo dovrebbe fare.
Innanzitutto, a parte gli otto settori che ho elencato bisognerebbe avviare processi
di produzioni sostenibili a partire dal livello dell’impresa nei settori chiave della
manodopera. Per fare questo sottolinea è necessaria una grande formazione professionale;
senza formazione, senza studio, senza scuola, anche queste nuove tecnologie non possono
avere lo sviluppo che tutti ci auguriamo. Poi, l’Ilo ha una serie di norme internazionali
del lavoro per il diritto dei lavoratori e delle imprese e se le imprese, i governi,
i sindacati, studiassero e prendessero le indicazioni che vengono da questo Rapporto,
tenendo conto del quadro giuridico, istituzionale - che nei suoi 93 anni di storia
ha dato l’Ilo - credo che avremmo molta possibilità di successo. Infine, quello che
sottolinea sempre l’Organizzazione internazionale del lavoro è che tutto si deve fare
attraverso il dialogo sociale tra i diversi attori.
D. – Non c’è dubbio che
le sorti del mondo in questo momento sono in massima parte in mano al mondo della
finanza, in gran parte speculativa e autoreferenziale di poteri forti. Questa volta
la politica avrà la forza di alzare la testa?
R. – Io sono ancora un po’ dubbioso.
Penso che un po’ di strada sia stata fatta ma che ne rimanga molta da fare. Sono convinto
che c’era una possibilità che il G20, appena scoppiata la crisi e proprio grazie alla
crisi, potesse intervenire e imporre la politica sull’economia. Non è stato in grado
purtroppo di farlo subito e l’economia, la parte finanziaria e più ‘sporca’ dell’utilizzo
della finanza a livello internazionale, ha ripreso di nuovo il sopravvento. Io penso
che ci debba essere uno scatto da parte della democrazia internazionale, quella democrazia
‘rappresentata’ dal G20, ma anche all’interno degli organismi internazionali e dell’Onu,
per ridare il potere in mano alla politica perché altrimenti saremmo nelle mani di
pochi potentati, di poche lobbies, che farebbero "il bello e il cattivo tempo" e dove
la popolazione, la cittadinanza, purtroppo, nonostante vada a votare nei diversi Paesi,
non abbia la possibilità di incidere nei cambiamenti a suo favore.