2012-06-05 14:27:29

Celebrazioni per ricordare mons. Padovese, a due anni dall'uccisione in Turchia


La famiglia francescana ricorda oggi il confratello mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia - ucciso il 3 giugno 2010 a Iskenderun, Turchia - con la presentazione presso la Pontificia Università Antonianum del volume di inediti “La Verità nell’Amore. Omelie e scritti pastorali (2004-2010)” per le Edizioni Terra Santa. Sempre oggi, presso la Basilica di San Bartolomeo all’Isola, fra Mauro Jöhri, Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori cappuccini, celebrerà una Santa Messa in ricordo di mons. Padovese e la sua mitria verrà deposta nella chiesa in memoria del suo impegno per la diffusione del Vangelo e per il dialogo tra popoli e religioni. Fra Raffaele della Torre, Ministro provinciale dei frati cappuccini della Lombardia, due anni fa incontrò mons. Padovese poco prima della morte. Ecco il suo ricordo al microfono di Fabio Colagrande:RealAudioMP3

R. - Ricordo ancora, era il 22 maggio, e padre Luigi era venuto a salutarci nella nostra curia provinciale di Milano in Viale Piave e c’eravamo intrattenuti. Con Luigi scherzavamo molto volentieri, anche pensando ai tempi passati. Quando lui era direttore dello studentato teologico dei cappuccini di Piazza Velasquez e mi diceva tutta la sua contentezza nel prepararsi a presentare il documento di lavoro per il Sinodo della Chiesa mediorientale che avrebbe voluto presentare al Santo Padre il 5 giugno 2010. Era molto fiero di questo lavoro, di questo contributo, che lui aveva preparato per la Chiesa, per il Sinodo delle Chiese del Medio Oriente.

D. - Perché è così importante ricordare mons. Padovese e mettersi in ascolto del suo insegnamento ancora oggi?

R. – Io credo che mons. Padovese ha vissuto il suo ministero proprio con due aspetti caratteristici. Questo aspetto culturale, propositivo, proprio a livello di far conoscere tutta la storia dei padri. Proprio per questo lui ha organizzato parecchi simposi nel centro di accoglienza della sua diocesi e proprio perché credo che, con molta serenità, con molta pace, con molta pastoralità, ha saputo mediare il rapporto fra i cattolici e tutto l’ambiente dell’islam in cui era piamente inserito, senza nessun problema di proselitismo ma con un desiderio umile e semplice di testimoniare il Vangelo.

D. – Colpisce di queste omelie la consapevolezza che mons. Padovese aveva rispetto alla sua possibile sorte...

R. – Io ho come davanti due immagini: mons. Padovese agli inizi del suo ministero episcopale con tanto zelo, oserei dire, con lo zelo e il trasporto del neofita. Poi ha iniziato il suo ministero, ha subito determinate situazioni, senz’altro la morte di don Andrea Santoro e alcune piccole altre persecuzioni vissute all’interno della sua diocesi, per cui era diventato molto più consapevole. Sapeva che il sacrificio della vita in qualche modo gli poteva essere richiesto. Era profondamente affidato a vivere il suo ministero anche fino a questa estrema conseguenza.







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