Unione bancaria e politica: piano per salvare l'euro in vista del vertice Ue a fine
giugno
Un piano per rafforzare l'euro e per un’Europa più forte: ci stanno lavorando il presidente
della Bce, Draghi, il presidente della Commissione Ue, Barroso, il presidente dell'Eurogruppo,
Jean-Claude Juncker, e il presidente del Consiglio Ue, Van Rompuy. Sarà poi il vertice
del 27 a fine giugno a lanciarlo. Bruxelles, da parte sua, smentisce che si tratti
di un piano segreto, come affermato da alcuni organi di stampa. Quattro le aree principali
del progetto: riforme strutturali comuni, politica di bilancio integrata, unione bancaria
e unione politica. Fausta Speranza ne ha parlato col giornalista Andrea
Bonanni, esperto di questioni europee:
R. – Sostanzialmente
è un piano messo a punto dalla Banca centrale europea, dal presidente Draghi. Draghi
ha detto sostanzialmente due cose. La prima è che bisogna scindere il rischio che
c’è sui debiti sovrani dal rischio del sistema bancario e per questo bisogna evitare
che le banche per la loro salvezza dipendano dall’autorità nazionale; bisogna farle
dipendere da un’autorità europea. Il piano prevede quattro punti principali: concentrare
in un’unica autorità la sorveglianza sulle banche, creare un’unica garanzia sui depositi
- oggi i depositi delle banche sono garantiti a livello nazionale -, creare un fondo
per la gestione della liquidazione delle banche che devono essere chiuse o ristrutturate
o smembrate e poi - questo è il punto più controverso - consentire al Fondo salva-Stati
di finanziare direttamente la ricapitalizzazione delle banche senza dover prestare
soldi ai governi che poi li prestano alle banche. Questo è il caso spagnolo. In Spagna
ci sono banche in difficoltà. Se il governo le finanzia aumenta il proprio deficit
e il proprio debito e quindi peggiora ancora una situazione di conti pubblici già
abbastanza disastrosa. E poi lo Stato non vuole chiedere i soldi al Fondo salva-Stati
perché questo implica una serie di condizionamenti alla propria sovranità nazionale
e quindi vorrebbe che il Fondo aiutasse direttamente le banche in difficoltà, però
su questo i regolamenti attuali non lo consentono, i tedeschi sono contrari. Per approvare
questa modifica occorrerebbe modificare lo Statuto del Fondo salva-Stati e ci vorrebbe
anche un voto del parlamento tedesco che è difficile da ottenere. La seconda cosa
che ha proposto Draghi è invece di prospettiva politica, lui dice: è inutile che continuiamo
a cercare di mettere pezze alla crisi man mano che la crisi apre nuovi fronti; bisogna
che i capi di governo e i leader europei diano una prospettiva alla nostra nazione
e dicano come vedono l’euro e l’Unione monetaria da qui a 10 anni.
D. - Tutto
ciò significherebbe quell’unione politica in più di cui si parla accanto all’unione
bancaria?
R. – Sì, cioè dire: in prospettiva noi vogliamo arrivare a un’unione
di bilancio, a mettere in comune il debito europeo. Naturalmente non è una cosa che
si può fare adesso ma Draghi dice: se i capi di governo non danno una prospettiva
di lungo periodo, tutto quello che stiamo facendo è inutile perché non convincerà
mai i mercati.
D. - Dunque strategia a medio e lungo termine… Intanto gli eurobond
si faranno o no?
R. – Gli eurobond non si faranno domani, però gli eurobond,
o qualsiasi cosa che consenta di gestire insieme la responsabilità del debito accumulato
dalle diverse amministrazioni nazionali, sono la soluzione per consentire di superare
la crisi dei debiti sovrani. Quello che chiede la Banca centrale è di dire: indichiamolo
come prospettiva e indichiamo quali sono gli ulteriori passi - riforme del trattato,
nuove istituzioni - che dobbiamo creare per garantire che in realtà anche la gestione
dei bilanci sarà controllata in modo centrale ed europeo.