La veglia con le famiglie del mondo: testo integrale delle risposte del Papa
Qui di seguito pubblichiamo il testo integrale e l'audio delle risposte di Benedetto
XVI alle sei domande delle famiglie nel corso della Festa delle Testimonianze:
1. CAT
TIEN (bambina dal Vietnam): Ciao, Papa. Sono Cat Tien, vengo dal Vietnam.Ho sette
anni e ti voglio presentare la mia famiglia. Lui è il mio papà, Dan e la mia mamma
si chiama Tao, e lui è il mio fratellino Binh. Mi piacerebbe tanto sapere qualcosa
della tua famiglia e di quando eri piccolo come me… SANTO PADRE: Grazie,
carissima, e ai genitori: grazie di cuore. Allora, hai chiesto come sono i ricordi
della mia famiglia: sarebbero tanti! Volevo dire solo poche cose. Il punto essenziale
per la famiglia era per noi sempre la domenica, ma la domenica cominciava già il sabato
pomeriggio. Il padre ci diceva le letture, le letture della domenica, da un libro
molto diffuso in quel tempo in Germania, dove erano anche spiegati i testi. Così cominciava
la domenica: entravamo già nella liturgia, in atmosfera di gioia. Il giorno dopo andavamo
a Messa. Io sono di casa vicino a Salisburgo, quindi abbiamo avuto molta musica –
Mozart, Schubert, Haydn – e quando cominciava il Kyrie era come se si aprisse
il cielo. E poi a casa era importante, naturalmente, il grande pranzo insieme. E poi
abbiamo cantato molto: mio fratello è un grande musicista, ha fatto delle composizioni
già da ragazzo per noi tutti, così tutta la famiglia cantava. Il papà suonava la cetra
e cantava; sono momenti indimenticabili. Poi, naturalmente, abbiamo fatto insieme
viaggi, camminate; eravamo vicino ad un bosco e così camminare nei boschi era una
cosa molto bella: avventure, giochi eccetera. In una parola, eravamo un cuore e un’anima
sola, con tante esperienze comuni, anche in tempi molto difficili, perché era il tempo
della guerra, prima della dittatura, poi della povertà. Ma questo amore reciproco
che c’era tra di noi, questa gioia anche per cose semplici era forte e così si potevano
superare e sopportare anche queste cose. Mi sembra che questo fosse molto importante:
che anche cose piccole hanno dato gioia, perché così si esprimeva il cuore dell’altro.
E così siamo cresciuti nella certezza che è buono essere un uomo, perché vedevamo
che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli. E, per dire la verità,
se cerco di immaginare un po’ come sarà in Paradiso, mi sembra sempre il tempo della
mia giovinezza, della mia infanzia. Così, in questo contesto di fiducia, di gioia
e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era
nella mia gioventù. In questo senso spero di andare «a casa», andando verso l’«altra
parte del mondo».
2. SERGE RAZAFINBONY E FARA ANDRIANOMBONANA (Coppia
di fidanzati dal Madagascar):
SERGE: Santità, siamo Fara e Serge,
e veniamo dal Madagascar. Ci siamo conosciuti a Firenze dove stiamo studiando,
io ingegneria e lei economia. Siamo fidanzati da quattro anni e non appena laureati
sogniamo di tornare nel nostro Paese per dare una mano alla nostra gente, anche attraverso
la nostra professione. FARA: I modelli famigliari che dominano l'Occidente
non ci convincono, ma siamo consci che anche molti tradizionalismi della nostra Africa
vadano in qualche modo superati. Ci sentiamo fatti l'uno per l'altro; per questo vogliamo
sposarci e costruire un futuro insieme. Vogliamo anche che ogni aspetto della nostra
vita sia orientato dai valori del Vangelo. Ma parlando di matrimonio, Santità,
c'è una parola che più d'ogni altra ci attrae e allo stesso tempo ci spaventa: il
«per sempre»...
SANTO PADRE: Cari amici, grazie per questa testimonianza.
La mia preghiera vi accompagna in questo cammino di fidanzamento e spero che possiate
creare, con i valori del Vangelo, una famiglia «per sempre». Lei ha accennato a diversi
tipi di matrimonio: conosciamo il «mariage coutumier» dell’Africa e il matrimonio
occidentale. Anche in Europa, per dire la verità, fino all’Ottocento, c’era un altro
modello di matrimonio dominante, come adesso: spesso il matrimonio era in realtà un
contratto tra clan, dove si cercava di conservare il clan, di aprire
il futuro, di difendere le proprietà, eccetera. Si cercava l’uno per l’altro da parte
del clan, sperando che fossero adatti l’uno all’altro. Così era in parte anche
nei nostri paesi. Io mi ricordo che in un piccolo paese, nel quale sono andato a scuola,
era in gran parte ancora così. Ma poi, dall’Ottocento, segue l’emancipazione dell’individuo,
la libertà della persona, e il matrimonio non è più basato sulla volontà di altri,
ma sulla propria scelta; precede l’innamoramento, diventa poi fidanzamento e quindi
matrimonio. In quel tempo tutti eravamo convinti che questo fosse l’unico modello
giusto e che l’amore di per sé garantisse il «sempre», perché l’amore è assoluto,
vuole tutto e quindi anche la totalità del tempo: è «per sempre». Purtroppo, la realtà
non era così: si vede che l’innamoramento è bello, ma forse non sempre perpetuo, così
come è il sentimento: non rimane per sempre. Quindi, si vede che il passaggio dall’innamoramento
al fidanzamento e poi al matrimonio esige diverse decisioni, esperienze interiori.
Come ho detto, è bello questo sentimento dell’amore, ma deve essere purificato, deve
andare in un cammino di discernimento, cioè devono entrare anche la ragione e la volontà;
devono unirsi ragione, sentimento e volontà. Nel Rito del Matrimonio, la Chiesa non
dice: «Sei innamorato?», ma «Vuoi», «Sei deciso». Cioè: l’innamoramento deve divenire
vero amore coinvolgendo la volontà e la ragione in un cammino, che è quello del fidanzamento,
di purificazione, di più grande profondità, così che realmente tutto l’uomo, con tutte
le sue capacità, con il discernimento della ragione, la forza di volontà, dice: «Sì,
questa è la mia vita». Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo:
è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve
fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente «secondo
vino» è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare. E qui è importante
anche che l’io non sia isolato, l’io e il tu, ma che sia coinvolta anche la comunità
della parrocchia, la Chiesa, gli amici. Questo, tutta la personalizzazione giusta,
la comunione di vita con altri, con famiglie che si appoggiano l’una all’altra, è
molto importante e solo così, in questo coinvolgimento della comunità, degli amici,
della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre. Auguri
a voi!
3. FAMIGLIA PALEOLOGOS (Famiglia greca)
NIKOS:
Kalispera! Siamo la famiglia Paleologos. Veniamo da Atene. Mi chiamo Nikos e lei
è mia moglie Pania. E loro sono i nostri due figli, Pavlos e Lydia. Anni fa con
altri due soci, investendo tutto ciò che avevamo, abbiamo avviato una piccola società
di informatica. Al sopravvenire dell'attuale durissima crisi economica, i clienti
sono drasticamente diminuiti e quelli rimasti dilazionano sempre più i pagamenti.
Riusciamo a malapena a pagare gli stipendi dei due dipendenti, e a noi soci rimane
pochissimo: così che, per mantenere le nostre famiglie, ogni giorno che passa resta
sempre meno. La nostra situazione è una tra le tante, fra milioni di altre. In città
la gente gira a testa bassa; nessuno ha più fiducia di nessuno, manca la speranza. PANIA:
Anche noi, pur continuando a credere nella provvidenza, facciamo fatica a pensare
ad un futuro per i nostri figli. Ci sono giorni e notti, Santo Padre, nei quali
viene da chiedersi come fare a non perdere la speranza. Cosa può dire la Chiesa a
tutta questa gente, a queste persone e famiglie senza più prospettive?
SANTO
PADRE: Cari amici, grazie per questa testimonianza che ha colpito il mio cuore
e il cuore di noi tutti. Che cosa possiamo rispondere? Le parole sono insufficienti.
Dovremmo fare qualcosa di concreto e tutti soffriamo del fatto che siamo incapaci
di fare qualcosa di concreto. Parliamo prima della politica: mi sembra che dovrebbe
crescere il senso della responsabilità in tutti i partiti, che non promettano cose
che non possono realizzare, che non cerchino solo voti per sé, ma siano responsabili
per il bene di tutti e che si capisca che politica è sempre anche responsabilità umana,
morale davanti a Dio e agli uomini. Poi, naturalmente, i singoli soffrono e devono
accettare, spesso senza possibilità di difendersi, la situazione com’è. Tuttavia,
possiamo anche qui dire: cerchiamo che ognuno faccia il suo possibile, pensi a sé,
alla famiglia, agli altri, con grande senso di responsabilità, sapendo che i sacrifici
sono necessari per andare avanti. Terzo punto: che cosa possiamo fare noi? Questa
è la mia questione, in questo momento. Io penso che forse gemellaggi tra città, tra
famiglie, tra parrocchie, potrebbero aiutare. Noi abbiamo in Europa, adesso, una rete
di gemellaggi, ma sono scambi culturali, certo molto buoni e molto utili, ma forse
ci vogliono gemellaggi in altro senso: che realmente una famiglia dell’Occidente,
dell’Italia, della Germania, della Francia… assuma la responsabilità di aiutare un’altra
famiglia. Così anche le parrocchie, le città: che realmente assumano responsabilità,
aiutino in senso concreto. E siate sicuri: io e tanti altri preghiamo per voi, e questo
pregare non è solo dire parole, ma apre il cuore a Dio e così crea anche creatività
nel trovare soluzioni. Speriamo che il Signore ci aiuti, che il Signore vi aiuti sempre! Grazie.
4.
FAMIGLIA RERRIE (Famiglia statunitense)
JAY: Viviamo vicino a New
York. Mi chiamo Jay, sono di origine giamaicana e faccio il contabile. Lei è
mia moglie Anna ed è insegnante di sostegno. E questi sono i nostri sei figli,
che hanno dai 2 ai 12 anni. Da qui può ben immaginare, Santità, che la nostra vita,
è fatta di perenni corse contro il tempo, di affanni, di incastri molto complicati... Anche
da noi, negli Stati Uniti, una delle priorità assolute è mantenere il posto di lavoro,
e per farlo non bisogna badare agli orari, e spesso a rimetterci sono proprio
le relazioni famigliari. ANNA: Certo non sempre è facile... L'impressione,
Santità, è che le istituzioni e le imprese non facilitano la conciliazione dei tempi
di lavoro coi tempi della famiglia.
Santità, immaginiamo che anche per lei
non sia facile conciliare i suoi infiniti impegni con il riposo. Ha qualche
consiglio per aiutarci a ritrovare questa necessaria armonia? Nel vortice di tanti
stimoli imposti dalla società contemporanea, come aiutare le famiglie a vivere la
festa secondo il cuore di Dio?
SANTO PADRE: Grande questione, e
penso di capire questo dilemma tra due priorità: la priorità del posto di lavoro è
fondamentale, e la priorità della famiglia. E come riconciliare le due priorità. Posso
solo cercare di dare qualche consiglio. Il primo punto: ci sono imprese che permettono
quasi qualche extra per le famiglie – il giorno del compleanno, eccetera –
e vedono che concedere un po’ di libertà, alla fine va bene anche per l’impresa, perché
rafforza l’amore per il lavoro, per il posto di lavoro. Quindi, vorrei qui invitare
i datori di lavoro a pensare alla famiglia, a pensare anche ad aiutare affinché le
due priorità possano essere conciliate. Secondo punto: mi sembra che si debba naturalmente
cercare una certa creatività, e questo non è sempre facile. Ma almeno, ogni giorno
portare qualche elemento di gioia nella famiglia, di attenzione, qualche rinuncia
alla propria volontà per essere insieme famiglia, e di accettare e superare le notti,
le oscurità delle quali si è parlato anche prima, e pensare a questo grande bene che
è la famiglia e così, anche nella grande premura di dare qualcosa di buono ogni giorno,
trovare una riconciliazione delle due priorità. E finalmente, c’è la domenica, la
festa: spero che sia osservata in America, la domenica. E quindi, mi sembra molto
importante la domenica, giorno del Signore e, proprio in quanto tale, anche “giorno
dell’uomo”, perché siamo liberi. Questa era, nel racconto della Creazione, l’intenzione
originale del Creatore: che un giorno tutti siano liberi. In questa libertà dell’uno
per l’altro, per se stessi, si è liberi per Dio. E così penso che difendiamo la libertà
dell’uomo, difendendo la domenica e le feste come giorni di Dio e così giorni per
l’uomo. Auguri a voi! Grazie.
5. FAMIGLIA ARAUJO
(Famiglia brasiliana di Porto Alegre)
MARIA MARTA: Santità, come
nel resto del mondo, anche nel nostro Brasile i fallimenti matrimoniali continuano
ad aumentare. Mi chiamo Maria Marta, lui è Manoel Angelo. Siamo sposati da 34 anni
e siamo già nonni. In qualità di medico e psicoterapeuta familiare incontriamo tante
famiglie, notando nei conflitti di coppia una più marcata difficoltà a perdonare e
ad accettare il perdono, ma in diversi casi abbiamo riscontrato il desiderio e la
volontà di costruire una nuova unione, qualcosa di duraturo, anche per i figli
che nascono dalla nuova unione. MANOEL ANGELO: Alcune di queste coppie di
risposati vorrebbero riavvicinarsi alla Chiesa, ma quando si vedono rifiutare i Sacramenti
la loro delusione è grande. Si sentono esclusi, marchiati da un giudizio inappellabile. Queste
grandi sofferenze feriscono nel profondo chi ne è coinvolto; lacerazioni che divengono
anche parte del mondo, e sono ferite anche nostre, dell'umanità tutta. Santo
Padre, sappiamo che queste situazioni e che queste
persone stanno molto a cuore alla Chiesa: quali parole e quali segni di speranza possiamo
dare loro?
SANTO PADRE: Cari amici, grazie per il vostro lavoro
di psicoterapeuti per le famiglie, molto necessario. Grazie per tutto quello che fate
per aiutare queste persone sofferenti. In realtà, questo problema dei divorziati risposati
è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. E non abbiamo semplici ricette.
La sofferenza è grande e possiamo solo aiutare le parrocchie, i singoli ad aiutare
queste persone a sopportare la sofferenza di questo divorzio. Io direi che molto importante
sarebbe, naturalmente, la prevenzione, cioè approfondire fin dall’inizio l’innamoramento
in una decisione profonda, maturata; inoltre, l’accompagnamento durante il matrimonio,
affinché le famiglie non siano mai sole ma siano realmente accompagnate nel loro cammino.
E poi, quanto a queste persone, dobbiamo dire – come lei ha detto – che la Chiesa
le ama, ma esse devono vedere e sentire questo amore. Mi sembra un grande compito
di una parrocchia, di una comunità cattolica, di fare realmente il possibile perché
esse sentano di essere amate, accettate, che non sono «fuori» anche se non possono
ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia: devono vedere che anche così vivono pienamente
nella Chiesa. Forse, se non è possibile l’assoluzione nella Confessione, tuttavia
un contatto permanente con un sacerdote, con una guida dell’anima, è molto importante
perché possano vedere che sono accompagnati, guidati. Poi è anche molto importante
che sentano che l’Eucaristia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione
con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione «corporale» del Sacramento, possiamo
essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo. E far capire questo è importante.
Che realmente trovino la possibilità di vivere una vita di fede, con la Parola di
Dio, con la comunione della Chiesa e possano vedere che la loro sofferenza è un dono
per la Chiesa, perché servono così a tutti anche per difendere la stabilità dell’amore,
del Matrimonio; e che questa sofferenza non èsolo un tormento fisico e psichico,
ma è anche un soffrire nella comunità della Chiesa per i grandi valori della nostra
fede. Penso che la loro sofferenza, se realmente interiormente accettata, sia un dono
per la Chiesa. Devono saperlo, che proprio così servono la Chiesa, sono nel cuore
della Chiesa. Grazie per il vostro impegno.
SALUTO AI TERREMOTATI
SANTO
PADRE: Cari amici, voi sapete che noi sentiamo profondamente il vostro dolore,
la vostra sofferenza; e, soprattutto, io prego ogni giorno che finalmente finisca
questo terremoto. Noi tutti vogliamo collaborare per aiutarvi: siate sicuri che non
vi dimentichiamo, che facciamo ognuno il possibile per aiutarvi – la Caritas,
tutte le organizzazioni della Chiesa, lo Stato, le diverse comunità – ognuno di noi
vuole aiutarvi, sia spiritualmente nella nostra preghiera, nella nostra vicinanza
di cuore, sia materialmente e prego insistentemente per voi. Dio vi aiuti, ci aiuti
tutti! Auguri a voi, il Signore vi benedica!