La testimonianza del figlio di Gianna Beretta Molla e dei bambini del "Family 2012"
Il 28 aprile 1962, all’età di soli 39 anni, si spegneva la vita di Gianna Beretta
Molla. Madre di tre figli in tenera età e in attesa della quarta, decise di rinunciare
a curare un tumore all’utero che l’aveva colpita per non arrecare danni al feto. Una
scelta consapevole – la Beretta Molla era medico di professione e cristiana impegnata
– che la porterà nel 2004 alla canonizzazione. Nell'ambito dell'Incontro Mondiale
delle Famiglie - in un incontro a Varese - il figlio maggiore, Pierluigi Molla,
ha raccontato come sua madre seppe conciliare i doveri della professione con la vita
familiare, grazie alla sua fede. Alessandro De Carolis lo ha intervistato:
R. - Mia mamma
lo visse con molta naturalezza. Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario dalla
morte di mia madre, e se penso a lei, ripenso ad una figura di estrema modernità,
perché aveva saputo coniugare e far coesistere, con estremo equilibrio, i suoi impegni
professionali e la sua vita familiare; quello che poi oggi è uno dei temi e dei focus
dell’Incontro mondiale delle famiglie. Già cinquant’anni fa, mia madre con estremo
equilibrio e naturalezza, certamente c’era riuscita ad armonizzare queste due dimensioni.
Questo è il ricordo che ho di lei, ed è quello che ho avuto attraverso il ricordo
di mio padre in particolare.
D. - La prima mamma canonizzata, cristiana impegnata,
medico, donna certamente dei nostri tempi, della nostra epoca, Gianna Beretta Molla
dice con la sua vita, come la Chiesa ripete sempre a tutti i cristiani, che la santità
è davvero per tutti...
R. - Certamente. Mamma è un esempio straordinario di
come l’aveva definita il cardinale Martini “La Santa della quotidianità”. La cosa
veramente particolare è che, attraverso l’eccellenza nella sua professione, la sua
storia è venuta alla luce, ed è stata conosciuta dalla Chiesa. Il primo riconoscimento
di mia mamma venne dato dalla provincia di Milano, nel dicembre del 1962, pochi mesi
dopo la sua scomparsa, per la sua attività professionale. Alla cerimonia era presente
l’allora cardinale Montini, futuro Paolo VI, che venne a conoscenza della storia della
mia mamma e da lì diede avvio, impulso, agli eventi che seguirono.
D. - Oggi
in molte parti del mondo, specie nel mondo occidentale, si preferisce rinunciare ai
figli per avere più spazio per sé. Sua mamma rinunciò a se stessa per dare spazio
a voi, ai suoi figli: questa testimonianza, cosa dice oggi alle famiglie del mondo?
R.
- Mamma è stata, fino in fondo, coerente con la sua Fede, a tutto quello che proveniva
dall’educazione che aveva ricevuto. É stata coerente in modo normale perché, per lei,
il diritto alla vita di mia sorella era esattamente equivalente al diritto che avevamo
noi da nati. Fondamentalmente, lei si è sacrificata perché era convinta, che in quel
momento, era lei l’unico strumento per poter far sì che il diritto alla vita di mia
sorella si manifestasse. É stata una scelta di coerenza con quello che era stata la
sua vita e tutto quello che aveva realizzato e vissuto fin dalla sua infanzia.
D.
- Vostra mamma vi ha dato la vita in tanti modi; ve l’ha data nella carne, ma anche
nello spirito. Come vivete voi questa realtà?
R. - Certamente è un’esperienza
straordinaria. Aver avuto una mamma eccezionale, una mamma il cui ricordo si è rinnovato
per tanti anni, perché attraverso tutto il processo di Beatificazione è stato sì un
rinnovo del dolore, ma fondamentalmente, un sentirla presente sempre. Poterla festeggiare
il giorno dei Santi, invece di commemorarla il giorno dei defunti, è una grande grazia.
Durante
i giorni del Congresso internazionale, un altro Congresso “parallelo” e vivacissimo
si è svolto in delle aree appositamente attrezzate all’interno della Fiera di Milano.
Si tratta del Congresso vissuto dai bambini e dai giovani, con un apposito programma
imperniato sui valori umani e cristiani insegnati attraverso il gioco. Il nostro inviato,
Alessandro De Carolis, ha chiesto ad alcuni ragazzini perché sono venuti
a questo incontro:
R. - Io per
conoscere altri bambini e per fare un’esperienza nuova.
D. - E tu?
R.
- Io anche per conoscere la città, nuove persone, e per fare nuove amicizie.
D.
- Avete parlato dell’accoglienza. Per te cosa significa accogliere l’altro?
R.
- Per me significa fare del bene all’altro, aiutare il prossimo…
D. - Avete
cominciato a fare nuove amicizie, nuovi incontri?
R. - Sì, sì. Io ho dovuto
fare il traduttore ad un mucchio di persone.
R. - Io sì, con molti bambini
che mi hanno aiutato ed altri che ho aiutato io.
D. - I vostri nomi, Davide
e ... ?
R. - Noemi.
D. - Facciamo i cavalieri e cominciamo con Noemi.
Che cosa hai capito dell’accoglienza?
R. - Che bisogna essere gentili con gli
altri.
D. - Ci sei riuscita?
R. - Penso di sì.
D. - Davide,
ti stai divertendo?
R. - Sì, molto. Abbiamo giocato a gruppi e poi abbiamo
anche visto alcuni pezzi del Vangelo e della Genesi.
D. - Che cosa hai capito
di quello che hai visto?
R. - Ho capito che incontrare persone di nazionalità
diverse è una cosa molto importante.
D. - Quindi, ti stai facendo nuovi amici?
R.
- Sì, ne ho uno che è inglese.
D. - Che cosa avete fatto insieme?
R.
- Abbiamo giocato insieme e abbiamo parlato della nostra vita.