Concerto alla Scala. Il Papa: cerchiamo un Dio vicino che ci faccia sentire fratelli
Il Teatro alla Scala di Milano, gremito in ogni ordine di posti, ha ospitato questa
sera uno straordinario concerto. Accolto dal sovrintendente della Scala, Stéphane
Lissner, Benedetto XVI ha preso posto in platea con alcune delegazioni partecipanti
al settimo Incontro mondiale delle famiglie. Protagonista l’”Inno alla gioia” di Beethoven,
per un evento dedicato alle vittime del sisma in Emilia Romagna. In precedenza, il
Papa aveva iniziato la visita pastorale alla città con il saluto in Piazza Duomo.
Il servizio dell’inviato, Alessandro De Carolis:
C’è
una gioia che, trasportata da note di una “grandiosa” bellezza, arriva a sfiorare
Dio. E c’è una gioia che nasce da Dio stesso e arriva sulla terra a rendere migliore
il cuore dell’uomo. Dopo aver ascoltato l’esecuzione, “intensa e coinvolgente”, della
Nona sinfonia di Beethoven – e in particolare del celeberrimo “Inno alla gioia” che
la chiude, secondo l’interpretazione dell’Orchestra e del Coro della Scala, diretti
da Daniel Barenboim – Benedetto XVI rende omaggio alla genio del compositore tedesco,
dilatando però in certo modo i confini della sua maestria. Parlando della partitura,
il Papa ne apprezza la “visione ideale di umanità”, e tuttavia osserva:
“Non
è una gioia propriamente cristiana quella che Beethoven canta, è la gioia, però, della
fraterna convivenza dei popoli, della vittoria sull’egoismo, ed è il desiderio che
il cammino dell’umanità sia segnato dall’amore, quasi un invito che rivolge a tutti
al di là di ogni barriera e convinzione”.
Su questo impeto di elevazione
tutto umano, il Papa innesta la visione cristiana. Da solo, dice, il sentimento dell’”Inno
alla gioia” di Schiller si svuota a confronto con chi in questo momento soffre perché,
ad esempio, la violenza di un terremoto gli ha strappato affetti e beni. E ciò – nota
– potrebbe perfino far dubitare della reale presenza di quel “buon padre” nel “cielo
stellato” cantato dall’Inno, mentre – obietta – noi siamo sulla terra che “cerchiamo
un Dio che non troneggia a distanza, ma entra nella nostra vita e nella nostra sofferenza”:
“Non
abbiamo bisogno di un discorso irreale di un Dio lontano e di una fratellanza non
impegnativa. Siamo in cerca del Dio vicino. Cerchiamo una fraternità che, in mezzo
alle sofferenze, sostiene l’altro e così aiuta ad andare avanti (...) Proprio a ciò
ci sentiamo chiamati da questo concerto”.
Due ore prima dell’inizio del
concerto, Benedetto XVI aveva ricevuto e ricambiato il saluto alla città di Milano
arrivando in una Piazza Duomo gremita da 60 mila persone, senza contare le 100 mila
assiepate lungo la strada dallo scalo di Linate al centro cittadino. Un saluto concluso
da un appello a far rivivere le antiche radici cristiane della città:
“La
fede in Gesù Cristo (…) deve animare tutto il tessuto della vita, personale e comunitaria,
privata e pubblica, così da consentire uno stabile e autentico ‘ben essere’, a partire
dalla famiglia, che va riscoperta quale patrimonio principale dell’umanità, coefficiente
e segno di una vera e stabile cultura in favore dell’uomo”.