Sierra Leone. Condanna di Charles Taylor: la testimonianza di un missionario saveriano
La condanna a 50 anni dell’ex presidente liberiano Charles Taylor per i crimini di
guerra avvenuti in Sierra Leone tra il 1991 e il 2002 è stata accolta nel Paese africano
come un segno di speranza in un nuovo futuro. A ribadirlo è l’arcivescovo di Freetown,
mons. Edward Tamba Charles, che auspica che venga fatta giustizia anche nei confronti
degli altri protagonisti delle atrocità commesse durante la guerra. Per la giustizia
internazionale i ribelli guidati da Taylor commisero eccidi, stupri e brutalità di
ogni tipo contro la popolazione civile inerme. A padre Gerardo Caglioni, missionario
saveriano per 12 anni in Sierra Leone, Stefano Leszczynski ha chiesto come
si sia potuti arrivare a un tale livello di crudeltà:
R. – Io faccio
difficoltà a dare una spiegazione a dei comportamenti del genere. C’era forse qualcosa
che è intervenuta nell’economia della guerra, per cui ad un certo punto delle logiche
di potere hanno fatto sì che l’uomo venisse distrutto. Ma la gente della Sierra Leone
normalmente è gente pacifica, è gente che non ama la guerra. Quindi, queste cose sono
state costruite attraverso elementi esterni: la manipolazione, l’indottrinamento,
ma anche attraverso droghe che venivano somministrate a chi combatteva, che perdeva
la propria personalità.
D. – Un’esperienza del genere su un’intera popolazione
che possibilità di riscatto lascia al Paese?
R. – Una delle impressioni che
io ho avuto vivendo in mezzo a questa gente è che volessero a tutti i costi dimenticare
quello che hanno sperimentato.
D. – Secondo lei, la notizia della condanna
di Charles Taylor può dare un buon contributo alla ripresa del Paese?
R. –
Io penso e spero proprio di sì, anche perché è un piccolo segno della condanna di
uno di quelli che ha gestito, e in qualche modo ha alimentato e sostenuto, questa
guerra, attraverso il suo appoggio esterno, anche economico, morale, politico, militare.
Certamente, questo atto della comunità internazionale dà sollievo alla comunità della
Sierra Leone.