Myanmar: mons. Bo sulle sfide per il ritorno alla democrazia
“Il viaggio di Aung San Suu Kyi in Thailandia è sicuramente un ulteriore passo avanti
per la democrazia in Myanmar”. Ha così commentato l’arcivescovo di Yangon, mons. Charles
Bo, in un’intervista ieri all’agenzia Misna, la notizia del primo viaggio all’estero
della parlamentare birmana, leader dell’opposizione che è in questi giorni in Thailandia,
dopo 24 anni di prigionia nel proprio Paese. “La strada da fare è ancora tanta, -
ha aggiunto il presule - sicuramente però gli avvenimenti dell’ultimo anno hanno trasformato
il Paese, lo hanno reso più libero. Si respira un’aria nuova che sa di speranza”.
Mons. Bo in questi giorni si trova a Roma per partecipare alla conferenza “New Challenges
for Catholic Peacebuilding” promossa dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e da
Caritas Internationalis. “Da un anno – ha osservato l’arcivescovo di Yangon – il nuovo
governo ha aperto quasi improvvisamente a una serie di riforme e di iniziative che
stanno effettivamente cambiando il volto del Myanmar. Per la prima volta i giovani
parlano liberamente di politica, la nostra gente prova sensazioni nuove, comincia
a conoscere senso e significato della libertà”. Secondo monsignor Bo, i motivi di
questa graduale apertura da parte del regime militare sono da attribuire alle sanzioni
internazionali, alla presenza in Myanmar della stessa Aung San Suu Kyi e alla presa
di coscienza del regime di non poter andare oltre. Tuttavia esistono ancora alcuni
passi avanti da compiere su certe questioni delicate, tra le quali “il peso dei militari
che controllano direttamente il 25% dei seggi parlamentari”, ma anche “il problema
costituito da conflitti interni come quello con i ribelli Kachin per il quale sono
in corso negoziati” e infine “la crescente influenza della Cina e i controversi progetti
di costruzione di alcune dighe lungo il corso dell’Irrawaddy, fiume di vitale importanza
per l’agricoltura e i commerci”. (A.C.)