Incontro mondiale delle famiglie. Oggi l'arrivo del Papa. Il cardinale Tettamanzi:
economia al servizio della famiglia
La precarietà del lavoro “minaccia” spesso la famiglia lungo l’arco della sua vita,
eppure non c’è famiglia che abbia dignità senza lavoro. E’ una delle affermazioni
centrali del cardinale Dionigi Tettamanzi contenute nell’intervento con il quale,
ieri mattina, ha aperto la seconda giornata del Congresso internazionale di Milano.
Intanto, la città e l’intera regione lombarda si preparano ad accogliere Benedetto
XVI, che da oggi pomeriggio a domenica presiederà gli eventi principali del settimo
Incontro mondiale delle famiglie. Il servizio del nostro inviato a Milano, Alessandro
De Carolis:
Come
si coniugano oggi famiglia e lavoro in una prospettiva di fede? Quando l’urgenza,
o addirittura in qualche caso l’emergenza, di avere un impiego è questione di riuscire
a farcela o essere schiacciati? Domanda cruciale di questi tempi per rispondere alla
quale il cardinale Dionigi Tettamanzi ha sviluppato una serie di riflessioni
a cavallo tra le antiche parole della Bibbia e il più moderno magistero sociale della
Chiesa, quello affermato nella Caritas in veritate di Benedetto XVI:
“La
questione non è solo economica, perché il lavoro è inserimento attivo nel tessuto
della società, è partecipazione responsabile all’edificazione della città: se ne viene
esclusa, la famiglia è come mutilata, emarginata, deturpata da una ferita che può
portarla a vergognarsi, a nascondersi, a prediligere sentieri male illuminati e trascurare
gli spazi aperti e luminosi in cui la gente si incontra, intesse relazioni, entra
in una vita di comunione”.
Ed è quanto succede in molte zone del mondo
strozzate dalla mancanza di lavoro. I giovani disoccupati, ha citato il cardinale
Tettamanzi, oggi lo sono nell’80% dei Paesi sviluppati e nei due terzi di quelli emergenti.
Di fronte a questo scenario, “mi chiedo – ha proseguito il porporato in uno scroscio
di applausi – le cosiddette leggi del mercato - che danno molto a qualcuno perché
la sua attività movimenta enormi capitali a beneficio di molti – non devono forse
essere, loro stesse, regolate? Regolate perché il mercato sia per l'uomo e non l'uomo
per il mercato”. Di qui, alcuni orientamenti di carattere pratico, perché chi lavora
– ha detto – sia aiutato dal sistema lavorativo a “non sacrificare i valori più profondi
della vita familiare con un impegno lavorativo esclusivo e totalizzante”:
“Chi
è impegnato nella politica e nel sindacato deve saper obbedire a logiche non solo
di ‘efficienza economica’, ma anche di ‘efficacia umana’, come la coltivazione di
rapporti interpersonali più significativi nell'ambito della famiglia e del più ampio
tessuto sociale”.
In questo modo, verrebbero salvaguardati in un contesto
di armonia gli aspetti dell’amare e del lavorare, che “assieme al fare festa – ha
asserito il porporato – sono davvero gli elementi essenziali di una vita familiare”:
“Il
tempo del lavoro, infatti, inevitabilmente differenzia e divide; quando invece si
riposa e si fa festa, le stesse disuguaglianze sociali appaiono attenuate: si familiarizza,
si condivide, si comunica (...) Sì, abbiamo bisogno – e oggi ancora più di ieri –
di un tempo di festa vissuto da tutta la famiglia, perché esso è importante, è indispensabile
sotto il profilo sociale ed educativo”.
Nella seconda parte della sessione
plenaria del Congresso, ha preso la parola il sociologo cileno, Pedro Morandé Court,
che ha dato continuità alle parole del cardinale Tettamanzi cercando di individuare,
in un tempo di diffusa provvisorietà, ciò che può offrire opportunità di rilancio.
La
mattinata era stata aperta da una breve riflessione del cardinale arcivescovo di Genova,
Angelo Bagnasco, che ha ribadito la necessità di dare non solo sostegno ma prima ancora
“dignità” all’istituto familiare. C’è bisogno, ha auspicato, di una cultura che “guardi
con particolare stima alla famiglia fondata sul matrimonio”. E dopo il presidente
dei vescovi italiani, hanno offerto una bella testimonianza di vita familiare alla
luce del Vangelo due coniugi, Elisabetta e Riccardo, con due figli, uno dei quali
adottato in Vietnam, appartenenti alla Comunità di Sant’Egidio. Nonostante l’apparente
deficit di futuro che sembra gravare su tante famiglie, hanno detto, la nostra vita
insieme – hanno assicurato – si nutre di un “senso di profonda fiducia in Dio”. Dall’essere
cristiani, hanno raccontato, abbiamo imparato che la famiglia è “spazio di gratuità,
in cui sviluppare una “cultura dei legami umani” e dove alimentare una “riserva di
umanità”, anzitutto avendo rispetto e amore per gli anziani. Parole che anticipano
ciò che sarà tra due giorni quando le famiglie radunate a Milano si racconteranno
al Papa e il Papa a loro.