2012-05-31 13:08:04

Giornata mondiale senza tabacco. Ban Ki-moon: "L'industria del tabacco è sempre più aggressiva"


"Mentre i governi e la comunità sanitaria internazionale tentano di implementare misure efficaci per contenere il consumo di tabacco e proteggere la salute delle persone, gli sforzi di un'industria i cui prodotti uccidono le persone sono andati volontariamente nella direzione opposta". E' la dura accusa del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, in un messaggio in occasione dell’odierna “Giornata mondiale senza tabacco”. I dati sono drammatici: ogni anno oltre 5 milioni e mezzo di persone nel mondo muoiono a causa del fumo, inoltre, il tabacco aggrava la povertà dei Paesi a basso reddito dove, tra l’altro, si fuma di più. Adriana Masotti ha intervistato Giacomo Mangiaracina, direttore della rivista scientifica “Tabaccologia”: RealAudioMP3

R.- L’industria sta avversando in ogni modo la Convenzione Quadro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per il controllo del tabacco. Sono delle norme restrittive, firmate da 174 Paesi, che vanno dalla pubblicità dei prodotti del tabacco, ai divieti e così via. Ora, l’industria del tabacco ha reclutato fior di avvocati che stanno contrastando fortemente in alcuni Stati, in alcune nazioni, questi divieti, da un lato mettendo in evidenza lo spauracchio che i divieti facciano diminuire i profitti, quando invece la ricerca scientifica dimostra che nei Paesi dove si applicano i divieti nei luoghi pubblici e di lavoro, i profitti aumentano, la gente ad esempio va anche con i bambini al ristorante e così via; dall’altro lato, l’industria del tabacco contrasta queste norme facendo valere gli accordi internazionali sul pubblico commercio. Quindi, in altre parole è una guerra tra avvocati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità vuole esortare le nazioni a fare prevalere invece le motivazioni che riguardano la salute dei cittadini.

D. – Proprio per tutelare la salute, anche l’Italia ha varato nel tempo diverse leggi per contrastare il fumo, ma c’è chi oggi lancia un allarme dicendo che i risultati sono scarsi, che ad esempio è in crescita il numero dei giovani che fumano. Nonostante i divieti, appunto, i fumatori non la smettono con questa cattiva abitudine. E’ così?

R. – La legislazione antifumo è stata una delle migliori cose che l’Italia abbia potuto approntare nel campo del controllo del tabagismo. Il punto è che le norme da sole non bastano, ci vuole dell’altro: ci vuole proprio attuare delle misure di prevenzione rivolte ai giovani, quindi nelle scuole; occorre creare un fondo nazionale per la lotta al tabagismo. C’è una proposta di legge, ormai da tre anni, che è quella di estendere il divieto di fumo in tutte le aree scolastiche, comprese quelle esterne. Bisognerebbe abolire i distributori automatici di sigarette, bisogna elevare fortemente il costo delle sigarette. L’obiettivo è quello di scoraggiare l’accesso ai prodotti del tabacco ai giovani. Quindi, altro che tesserina magnetica da infilare nel distributore automatico di sigarette: bisogna abolire i distributori automatici! Ma sembra che questo non possa essere fatto, perché esiste un’interferenza dell’industria del tabacco. 12 milioni di consumatori danno al tabaccaio, ipotizziamo, 3 euro al giorno, moltiplicando 3 euro per 12 milioni, per 365 giorni, fanno quasi 20 miliardi di euro. Ecco, questo è quanto gli italiani spendono per il tabacco. Ed è per questo motivo che noi da anni, come Università “La Sapienza”, Unità di Tabaccologia, lanciamo un progetto, oltre a promuovere la buona musica, non contaminata dal tabacco. Abbiamo organizzato una serata “no smoking jazz”. Abbiamo inserito anche un progetto che si chiama “Spegni il fumo e accendi la vita”, dove noi diciamo che con i soldi di uno, due, tre, quattro, cinque pacchetti di sigarette si possono sostenere, per esempio, dei progetti nei Paesi più poveri del mondo.

D. – C’è anche il problema della dipendenza da fumo, che è la più difficile da sconfiggere. Su questo fronte si potrebbe fare di più?

R. – Forse, questo è il fronte su cui si è fatto di più, nel senso che sono stati creati dei centri di terapia per il tabagismo, dove abbiamo formato gli operatori, cioè persone in grado di curare la dipendenza tabagica. Non ci sono più, quindi, i metodi antifumo, esiste la terapia del tabagismo. Consideriamo il tabagismo come una qualsiasi patologia, come l’ipertensione o il diabete.

D. – E’ considerato quindi una malattia sociale…

R. – Esatto, è una malattia sociale di larga diffusione ed è una patologia da dipendenza. Quindi va curata con personale specializzato. Esistono anche dei farmaci. L’unica cosa da fare oggi, per uscire dal fumo, è rivolgersi ad una lista di centri per il tabagismo certificati, che sono nel sito del Ministero della Salute.

D. – Nel suo messaggio, Ban Ki-moon ricorda che sono i poveri a fumare di più e che l’uso del tabacco sta aumentando più velocemente nei Paesi a basso reddito...

R. – Perché è lì che stanno investendo le compagnie del tabacco: laddove la gente non può mangiare, può almeno sognare. Quindi, si vendono sogni. Molte volte in Paesi poverissimi il tabacco è più reperibile rispetto all’acqua. Questo è un problema che si aggiunge, però, ad altri ancora più importanti, che sono le deforestazioni per fare posto alle piantagioni del tabacco. Quindi non solo il danno alla salute, ma anche il danno all’ambiente: deforestazioni e poi impoverimento dei terreni, perché dove coltivi tabacco per uno o due anni non puoi coltivare altro. Questo significa che con il miraggio del benessere le popolazioni povere, in realtà, si impoveriscono ancora di più.







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