Allerta internazionale sulla crisi greca, Irlanda al voto sul fiscal compact
L’economia sempre al centro dell’attenzione internazionale. Ieri sera, colloquio telefonico
tra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il premier italiano, Mario Monti,
il presidente francese, Francois Hollande, e il cancelliere tedesco, Angela Merkel.
In primo piano l’emergenza Grecia, la possibile uscita di Atene dall’euro e la tenuta
del sistema bancario in Europa. Intanto, l’Irlanda oggi è alle urne per il referendum
sul fiscal compact, il patto di stabilità; un voto decisivo per non mettere a rischio
la ripresa economica. Ma quali le conseguenze in caso di aggravamento ulteriore della
crisi greca? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Carlo Altomonte, docente
di Economia dell’integrazione europea all’Università Bocconi di Milano:
R. - I Paesi
del’Unione Europea hanno a disposizione degli strumenti per limitare il contagio che
dalla Grecia dovesse propagarsi verso le altre economie, in particolare verso quelle
periferiche. Questi strumenti sono quelli già utilizzati da novembre in poi: il finanziamento
a lungo termine della Banca centrale, l’acquisto di titoli sul mercato secondario,
in particolare italiani e spagnoli, e l’uso del Fondo salva Stati per ricapitalizzare
il sistema bancario. Dobbiamo, però, dire che questa capacità di far fronte all’incendio,
che dovesse arrivare dalla Grecia, è limitata, come a dire: “Se c’è un incendio, arrivano
i pompieri e lo spengono finché hanno acqua”. Poi deve esserci un impegno successivo
che è quello di lavorare strutturalmente alla casa europea.
D. - Far ripartire
la casa europea vuol dire creare anche un’economia concorrenziale con le altre economie
mondiali forti, prima di tutto quelle orientali?
R. - Ci sono tre soluzioni,
che sono i tre vertici di un triangolo, perché in realtà sono tre problemi collegati
tra di loro: la crescita economica, il sistema bancario e il debito. Questi aspetti,
in questo momento, stanno andando nel senso sbagliato, perché le banche non prestano
soldi all’economia, in quanto sono gravate da titoli di debito rischiosi. Per questo
l’economia va male, ma il fatto che l’economia va male peggiora la rischiosità del
debito e il cerchio si chiude in negativo. Dobbiamo interrompere questa spirale negativa
e, per farlo, avendo tre problemi, dobbiamo usare evidentemente tre strumenti. Sulla
crescita abbiamo già iniziato. Ci sarà un vertice europeo a fine giugno proprio su
questi temi; in agenda innanzitutto le riforme, di cui il mercato del lavoro è una
degli architravi. Ma evidentemente la crescita è solo una piccola parte. Non possiamo
pensare di avere crescita domani, se facciamo delle riforme oggi. Ci vorranno dei
mesi, se non degli anni, perché l’economia riparta da un punto di vista della crescita
di lungo periodo. Quindi, dobbiamo fare in modo anche di trovare delle risposte di
portata più breve. Dobbiamo dunque lavorare anche sul fronte delle banche, su meccanismi
di vigilanza europea del settore bancario. Quindi direi che i temi sono tre: la crescita,
sulla quale stiamo lavorando, le banche, sulle quali dobbiamo iniziare a lavorare
subito, perché costituiscono un tema che ci darà delle risposte molto velocemente,
e sullo sfondo, tutta la questione degli Eurobond, le obbligazioni europee, e quindi
della messa in comune del debito pubblico. Francamente penso che questo sia un problema
più di medio periodo.
D. - Oggi l’Irlanda vota con un referendum sul fiscal
compact. È un trattato sostenibile dai Paesi europei, soprattutto quelli più in difficoltà?
R.
- Il fiscal compact è un primo passo nella direzione degli Eurobond. E’ come se la
Germania dicesse: “Vi do la mia carta di credito, ma vi impongo dei limiti su quello
che volete spendere”. Senza fiscal compact, senza quindi un impegno, anche forte ed
eventualmente anche costituzionale degli Stati, a frenare la spesa, mancano i presupposti
politici per iniziare a parlare di Eurobond. Con il fiscal compact approvato, integrato
poi necessariamente dalla crescita, che ormai tutti abbiamo capito essere necessaria,
si apre poi la strada per discutere seriamente di Eurobond. Il fiscal compact da solo
non basta, perché la sola austerità ha degli effetti talmente negativi sulla crescita
in questa fase, da compromettere poi tutta la stabilità complessiva del sistema.