2012-05-31 14:43:52

Allerta internazionale sulla crisi greca, Irlanda al voto sul fiscal compact


L’economia sempre al centro dell’attenzione internazionale. Ieri sera, colloquio telefonico tra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il premier italiano, Mario Monti, il presidente francese, Francois Hollande, e il cancelliere tedesco, Angela Merkel. In primo piano l’emergenza Grecia, la possibile uscita di Atene dall’euro e la tenuta del sistema bancario in Europa. Intanto, l’Irlanda oggi è alle urne per il referendum sul fiscal compact, il patto di stabilità; un voto decisivo per non mettere a rischio la ripresa economica. Ma quali le conseguenze in caso di aggravamento ulteriore della crisi greca? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Carlo Altomonte, docente di Economia dell’integrazione europea all’Università Bocconi di Milano:RealAudioMP3

R. - I Paesi del’Unione Europea hanno a disposizione degli strumenti per limitare il contagio che dalla Grecia dovesse propagarsi verso le altre economie, in particolare verso quelle periferiche. Questi strumenti sono quelli già utilizzati da novembre in poi: il finanziamento a lungo termine della Banca centrale, l’acquisto di titoli sul mercato secondario, in particolare italiani e spagnoli, e l’uso del Fondo salva Stati per ricapitalizzare il sistema bancario. Dobbiamo, però, dire che questa capacità di far fronte all’incendio, che dovesse arrivare dalla Grecia, è limitata, come a dire: “Se c’è un incendio, arrivano i pompieri e lo spengono finché hanno acqua”. Poi deve esserci un impegno successivo che è quello di lavorare strutturalmente alla casa europea.

D. - Far ripartire la casa europea vuol dire creare anche un’economia concorrenziale con le altre economie mondiali forti, prima di tutto quelle orientali?

R. - Ci sono tre soluzioni, che sono i tre vertici di un triangolo, perché in realtà sono tre problemi collegati tra di loro: la crescita economica, il sistema bancario e il debito. Questi aspetti, in questo momento, stanno andando nel senso sbagliato, perché le banche non prestano soldi all’economia, in quanto sono gravate da titoli di debito rischiosi. Per questo l’economia va male, ma il fatto che l’economia va male peggiora la rischiosità del debito e il cerchio si chiude in negativo. Dobbiamo interrompere questa spirale negativa e, per farlo, avendo tre problemi, dobbiamo usare evidentemente tre strumenti. Sulla crescita abbiamo già iniziato. Ci sarà un vertice europeo a fine giugno proprio su questi temi; in agenda innanzitutto le riforme, di cui il mercato del lavoro è una degli architravi. Ma evidentemente la crescita è solo una piccola parte. Non possiamo pensare di avere crescita domani, se facciamo delle riforme oggi. Ci vorranno dei mesi, se non degli anni, perché l’economia riparta da un punto di vista della crescita di lungo periodo. Quindi, dobbiamo fare in modo anche di trovare delle risposte di portata più breve. Dobbiamo dunque lavorare anche sul fronte delle banche, su meccanismi di vigilanza europea del settore bancario. Quindi direi che i temi sono tre: la crescita, sulla quale stiamo lavorando, le banche, sulle quali dobbiamo iniziare a lavorare subito, perché costituiscono un tema che ci darà delle risposte molto velocemente, e sullo sfondo, tutta la questione degli Eurobond, le obbligazioni europee, e quindi della messa in comune del debito pubblico. Francamente penso che questo sia un problema più di medio periodo.

D. - Oggi l’Irlanda vota con un referendum sul fiscal compact. È un trattato sostenibile dai Paesi europei, soprattutto quelli più in difficoltà?

R. - Il fiscal compact è un primo passo nella direzione degli Eurobond. E’ come se la Germania dicesse: “Vi do la mia carta di credito, ma vi impongo dei limiti su quello che volete spendere”. Senza fiscal compact, senza quindi un impegno, anche forte ed eventualmente anche costituzionale degli Stati, a frenare la spesa, mancano i presupposti politici per iniziare a parlare di Eurobond. Con il fiscal compact approvato, integrato poi necessariamente dalla crescita, che ormai tutti abbiamo capito essere necessaria, si apre poi la strada per discutere seriamente di Eurobond. Il fiscal compact da solo non basta, perché la sola austerità ha degli effetti talmente negativi sulla crescita in questa fase, da compromettere poi tutta la stabilità complessiva del sistema.







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