2012-05-30 15:29:14

Milano. Il cardinale Ravasi apre l'Incontro mondiale delle famiglie: fate entrare Dio nelle vostre case


La famiglia può avere le stanze della propria casa piene di gioia o afflitte dal dolore, ma è solo con Dio che può avere la speranza. E’ il messaggio che il cardinale Gianfranco Ravasi ha affidato alle migliaia di persone che ieri mattina, a Milano, hanno ascoltato la sua relazione in apertura del settimo Incontro mondiale delle famiglie. I lavori della Conferenza introduttiva – incentrata sul rapporto della famiglia con il tempo del lavoro e della festa – proseguiranno fino a venerdì prossimo, quando a Milano giungerà Benedetto XVI per gli eventi conclusivi del raduno. Da Milano, la cronaca della mattina nel servizio dell’inviato, Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

La prima scena che cattura lo sguardo come una sorta di titolo d’inizio sono i bambini. Ospiti di norma inesistenti – se non in parti “invisibili” – dei convegni che vedono ospiti relatori di grande prestigio accademico, qui, nella grande struttura di Fieramilanocity, sono centinaia e vivacissimi già dal primo mattino e pronti a vivere a modo loro questi giorni del raduno mondiale delle famiglie. Colori della pelle e taglio d’occhi sono diversi, gli schiamazzi dei giochi e delle risate invece universali e sono il segno che la Conferenza inaugurata a Milano ha qualcosa di diverso. Diverso il colpo d’occhio al piano di sopra, nella grande sala da 4 mila posti – gremita per due terzi e più - dove siedono i genitori e dove verso le 10 il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola e il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, aprono ufficialmente il settimo Incontro mondiale.

Primo tra i 111 relatori di 27 Paesi che fino a venerdì affronteranno le cento e più facce che compongono il prisma della famiglia è il cardinale Gianfranco Ravasi, il quale esplora – con la consueta profondità di pensiero e cultura, spaziando dalla Genesi al Talmud, dal Vangelo ai pensatori protestanti – il “simbolo” per eccellenza di una famiglia: la casa. Le sue fondamenta – dice in avvio - sono rappresentate dalla coppia, con la sua spinta dei coniugi a fondere le proprie vite, con amore e passione, fino a essere una sola carne: “sola” come meravigliosamente lo è la carne di un figlio. Quindi il porporato passa a osservare le “pareti”della casa, cioè i figli, la fecondità di una famiglia, dove i genitori, con la capacità di dare vita, più si avvicinano a Dio, il Creatore di ogni vita. Dalla visione della casa a quella delle sue “stanze”, il cardinale Ravasi individua la “stanza del dolore” – ovvero dei drammi che talvolta investono una famiglia - la stanza del “lavoro”, che oggi – ha osservato – “è adiacente” a quella del dolore per via della crisi, per approdare infine alla terza stanza, anch’essa oggetto di riflessione della Conferenza, quella della “festa”. “L’uomo è la donna – considera – sono creati il sesto giorno”, giorno dell’imperfezione nella Bibbia, che però è seguito dal settimo, il giorno del “riposo di Dio”, dove l’uomo celebra la festa, il culto. Il suo auspicio conclusivo è questo: rimanere affacciati alla finestra che dà sulla casa di Dio per entrare in quella dimensione divina che permette all’uomo di non restare “incapsulato nel sesto giorno”.

Nella seconda parte della mattina, il microfono passa al prof. Luigi Bruni, docente di economia politica all’Università di Milano-Bicocca, che indaga sul rapporto tra lavoro e festa nel mondo contemporaneo. Uno degli aspetti maggiormente approfonditi è quello della “gratuità”, che stride – ha asserito – nelle società fondate sul consumo. Gratuità – sostenuto con toni pacati ma critici – che il mondo del business confonde con una propensione all’indigenza, o peggio considera una sorta di debolezza da sfruttare. Viceversa, scandisce, la gratuità è quel valore che esprime il senso nel dono nel mondo del lavor: mondo pieno di sperequazioni e ingiustizie che, ha affermato, “remunera con stipendi milionari” manager del settore privato e pubblico, lasciando compensi minimi a chi si occupa del massimo, l’educazione e la formazione dei bambini, famiglie e scuole. Due secoli di capitalismo, insiste il prof. Bruni, hanno costruito un “sistema di ricompense” incapace di riconoscere il valore del dono nel lavoro: quello ad esempio che si traduce in passione e creatività da parte del dipendente e di cui l’azienda si giova, se c’è, ma che l’azienda non può comprare per contratto e della cui mancanza, oggi frequente, paga le conseguenze.

In questo scenario, la cultura capitalistica finisce per non capire nemmeno il senso della festa, che per natura nasce dalla gratuità dei rapporti umani. “Grave errore”, opina il prof. Bruni, si configura allora la volontà manifestata da alcuni governi di voler “tagliare i tempi della festa” in tempi di crisi del lavoro. Il mondo, dice ancora, patisce anzi una “indigenza di festa”: rinunciare a essa vuol dire in sostanza “rinunciare ai tempi della famiglia e della vita”. Molti applausi accompagnano le conclusioni del prof. Bruni, quando esorta a tutelare i figli dagli eccessi dell’avere tutto e subito: sono “troppo preziosi – ricorda – per lasciarli in mano ai mercanti del consumo”. O quando invita a non confondere i tempi sani della festa della famiglia con quelli malsani del gioco d’azzardo, delle scommesse, pessima imitazione di una possibile festa. Senza sobrietà – senza cioè quell’essere “un po’ poveri” di qualcosa in modo equilibrato – da un lato – ribadisce il prof. Bruni – si ruba l’infanzia ai bambini pasciuti di tutto e incapaci di sorprendersi, dall’altro la dimensione interiore dell’uomo finisce per essere riempita da “merci” e non da idealità. Le uniche, termina, dalle quali nasce invece la forza dell’individuo per continuare a vivere e della coesione sociale che migliora la società, a partire dalle famiglie.

Ultimo aggiornamento: 31/5/2012







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