“Scollocarsi” per vivere meglio: in un libro, un’idea alternativa per uscire dalla
crisi
“Ufficio di scollocamento”: questo il titolo del libro scritto da Simone Perotti e
Paolo Ermani. Una proposta alternativa per cercare di uscire dalla crisi – economica,
finanziaria ma anche di valori – che segna l’epoca contemporanea, guardando ad uno
stile di vita più sobrio, meno consumistico e soprattutto più umano. Ma cos’è, in
termini pratici, un “ufficio di scollocamento”? Isabella Piro lo ha chiesto
ad uno degli autori del libro, Simone Perotti:
R. - In termini
pratici è una sorta di servizio territoriale, che è già partito poi fisicamente in
alcune parti d’Italia: un servizio di informazione, orientamento prima e poi un percorso
reale di formazione, partendo da tutte le cose che è necessario fare per "scollocarsi".
Perché la prima cosa che uno pensa quando sente la parola scollocamento è quella di
smettere di lavorare e cambiare vita. Ma naturalmente non si può fare. Lo smettere
di partecipare tradizionalmente all’attività lavorativa, così come configurata, producendo
denaro, che serve per comprare cose inutili, è l’ultimo passo di un percorso che parte
da dentro: dalla rivoluzione morale, etica, dei consumi, dell’ambiente, dei comportamenti,
della mobilità. Ma per fare questo occorre diventare uomini più saldi, quindi occorre
riparlare di spiritualità o di esistenza nel senso più classico del termine. Quindi,
un percorso fatto di tappe di formazione, parlando con teologi, con filosofi, parlando
con esperti di antropologia, di psicologia, economia, artigianato, perché una delle
cose fondamentali è il recupero della nostra manualità per aggiustare, per costruire.
Insomma quelle scienze, quelle sensibilizzazioni che noi da troppo tempo stiamo tralasciando
e, infatti, ci troviamo in crisi.
D. – Un ufficio di scollocamento, si legge
nel libro, deve avere un avvocato, un economista, uno psicologo e anche un teologo.
C’è quindi un’attenzione alla sfera spirituale dell’uomo...
R. – L’ufficio
di scollocamento si pone proprio l’obiettivo di tirarci fuori da questa società in
cui conta più un indicatore finanziario di quanto non conti la realtà della nostra
vita come persone e quindi dobbiamo staccarci il prima possibile da questo. Ecco l’obiettivo
dell’ufficio di scollocamento. Ma per staccarci da questo dobbiamo recuperare il contatto
con la nostra umanità di individui e l’umanità di un individuo è fatta di tantissimi
aspetti, tra cui la spiritualità. Se io vado tre volte a settimana in palestra per
occuparmi del mio fisico, ma non faccio mai lo stesso per la mia spiritualità, io
rimango un uomo sottosviluppato dal punto di vista della mia tensione morale, dell’etica
di riferimento, dei valori che io ho a disposizione. Quindi, non c’è corrispondenza
tra il mio spirito e la mia azione. Uomini non omogenei dal punto di vista della relazione
tra spirito e azione sono uomini fragili.
D. – Simone Perotti, tu stesso sei
uno "scollocato", hai lasciato diversi anni fa un lavoro avviato nel mondo della comunicazione
ed ora come vivi?
R. – Intanto io mi sono scollocato molto prima della crisi.
Quindi, quando ho lasciato, tutti mi dicevano “Ma sei matto? Butti via queste grandi
opportunità, il tuo futuro...” Io non ho buttato via proprio niente, direi che ho
evitato di perdere l’opportunità di cambiare. Quindi, dato che non potevo vivere di
rendita, mi sono fatto un piccolo piano per capire se era possibile, ed è assolutamente
possibile, perché la vita non è vero che costi cara. Costa cara se buttiamo sistematicamente
i soldi in cose inutili. Da quando io ho cambiato vita, non spendo in cose inutili,
costruisco tutto quello che posso, cerco di auto-produrre del cibo per essere libero.
D.
– Come rispondere a chi dice che lo scollocamento è soltanto un’utopia e non servirà
ad uscire dalla crisi?
R. – Intanto, qualunque idea alternativa ad una nave
che affonda è una buona idea, direi così. Poi, migliaia di persone hanno già cambiato
vita e vivono in modo diverso, in eco-villaggi, in comunità di eco-vicinato, barattando,
auto-producendo e dando molto più spazio alla propria vita, dando molto più tempo
alle proprie relazioni e a se stessi, come prima delle relazioni fondamentali.