Presentati due volumi sulla raccolta fotografica della Biblioteca Apostolica Vaticana
Sono stati presentati in questi giorni in Vaticano due volumi che rappresentano un
assaggio della raccolta fotografica della Biblioteca Apostolica Vaticana, uno dei
suoi più preziosi tesori, praticamente sconosciuto agli studiosi. Si tratta di ‘The
Papal Collection of Photographs in the Vatican library’, di Sandra Phillips e ‘Cento
Immagini del XIX secolo dalla raccolta fotografica della Biblioteca Apostolica Vaticana’,
di Anna Maria Voltan. Sull’importanza della raccolta fotografica Fabio Colagrande
ha sentito Barbara Jatta, responsabile del Gabinetto delle Stampe e Disegni
della Biblioteca del Papa:
R. – E’ una collezione straordinaria, molto poco
conosciuta e, soprattutto, di grande utilità proprio per la storia dello studio del
Papato e della Chiesa cattolica, dalla metà del 1800 fino a tutto il 20.mo secolo.
D.
– Qual è stato il rapporto dei Papi con la scienza fotografica?
R. – Non c’è
dubbio che è stato un rapporto più che privilegiato: se pensiamo che già Gregorio
XVI fu il primo Papa ad essere ritratto, con la corte, in una fotografia addirittura
nel lontanissimo 1845, a cinque anni dall’introduzione di questa scienza. Lo stesso
Pio IX fu un grande promotore di quest’arte: incentivò i fotografi, promosse campagne
fotografiche. Leone XIII, il Papa successivo, fu talmente estimatore che dedicò un
carme latino alla scienza ed all’arte fotografica. Nel 1883, commissionò per la Galleria
dei candelabri – oggi dei Musei Vaticani – un affresco al pittore Domenico Torti,
che raffigura proprio le belle arti benedette dalla religione, tra le quali arti c’è
anche quella della scienza fotografica e c’è, quindi, la prima rappresentazione conosciuta
della fotografia in un affresco di fine ‘800.
D. – Cerchiamo di capire, allora,
come le fotografie entrarono a far parte delle collezioni della Biblioteca Apostolica...
R.
– Entrarono in un modo anche spontaneo: fino ad un po’ di tempo fa, facevano parte
di un fondo particolare della Vaticana, che si chiama Indirizzi papali. Si trattava
di doni o di atti di devozione che i fedeli di tutto il mondo inviavano, e quindi
c’erano anche delle fotografie. Molte di queste sono proprio atti di devozione di
diocesi sparse in tutto il mondo, dall’India agli Stati Uniti, all’America Latina,
al Canada e a diverse nazioni d’Europa che inviavano, ai diversi Pontefici – da Pio
IX a Pio XII, quindi in un arco di oltre 100 anni – queste fotografie a documentazione
dell’attività della loro diocesi, della costruzione di nuove Chiese. C’è una straordinaria
varietà di opere che una persona non pensa di poter trovare in una sede come quella
della Vaticana.
D. – Ha detto che state ancora ordinando quest’immensa raccolta.
Di quanti pezzi si può parlare, all’incirca?
R. – E’ difficile dirlo. I nuclei,
gli album, sono oltre sei mila, però il numero esatto supererà certamente i 150 mila,
per arrivare, forse, ai 200 mila pezzi.
D. – Non ci sono, però, soltanto immagini
donate ai Pontefici ma anche documentazioni raccolte dai fotografi pontifici. Qual
è la loro importanza storica?
R. – Bisogna pensare che si parla di tutta un’attività
pre-Conciliazione, e quindi precedente al 1929. Si tratta, perciò, di dati molto importanti
che riguardano celebrazioni interne alle Basiliche oppure di cardinali al di fuori
della Città del Vaticano – perché il Papa, chiaramente, non poteva uscire -, e quindi
c’è tutta una serie di documentazioni riguardanti l’attività della Curia, ma non soltanto:
anche di Roma e degli Stati pontifici. Non è solo la storia della Curia pontificia
e del Papato, ma soprattutto della Chiesa cattolica.