L'Africa sempre più nell'orbita d'interesse della Turchia
L’Africa è ormai da anni al centro dell’interesse economico e politico delle potenze
globali e regionali. Tra i protagonisti di investimenti e di iniziative politiche
nel continente c’è anche la Turchia, particolarmente impegnata sul fronte della crisi
somala. Davide Maggiore ha chiesto a Federico De Renzi, esperto di Turchia
e collaboratore della rivista "Limes", quali sono le motivazioni dell’attenzione di
Ankara per il continente africano:
R. – Sono ascrivibili
essenzialmente al nuovo dinamismo che la politica estera turca ha iniziato ad avere
dal 2003-2005, ispirata più o meno direttamente dal lavoro dell’attuale ministro degli
esteri Ahmet Davutoglu, il quale già allora delineava la posizione internazionale
della Turchia che essendo appunto il centro dell’Eurasia ed uno degli snodi principali
tra Africa, Asia ed Europa era vista come naturale guida nuova nell’area: a Oriente,
da un lato, e a Sud dall’altro.
D. – Quali sono gli obiettivi di questo accresciuto
protagonismo turco nel continente africano?
R. – Soprattutto quello di presentarsi
come modello politico. E’ innanzitutto ben vista da molti Paesi dell’Africa subsahariana
non solo in quanto Paese islamico moderato o comunque Paese islamico moderno e modernizzatore,
ma soprattutto come Paese non colonizzatore. Quindi, l’obiettivo è di proporsi come
competitor nei riguardi di altre potenze che sono viste come neocolonizzatrici
o neoimperialiste – su tutte, la Cina. La Turchia in Africa, non solo nella ex dimensione
ottomana come può essere, appunto, il Corno d’Africa, ma nell’Africa in generale e
particolarmente nell’Africa islamica, potrà giocare un ruolo quantomeno di esempio
di crescita economica, quindi di politiche economiche per rimodellare o comunque assestare
le potenzialità dei Paesi dell’Africa subsahariana.
D. – Quanto pesa l’elemento
culturale e religioso islamico in questo processo, e che ruolo può giocare l’islam
turco nel continente africano?
R. – L’islam turco nel continente africano,
e particolarmente nel Corno d’Africa, gioca un ruolo fondamentale, come modello conciliatore
di modernità, crescita economica, stabilità politica e tradizione. Questo anche, appunto,
alla luce dell’appartenenza ad un islam non estremista, un islam molto sincretico
perché nella stessa Africa subsahariana le varie forme di islam presenti sono molto
legate – come del resto in Turchia o in Iran o nella stessa Asia centrale – a forme
mistiche. E’ un islam per certi versi molto pragmatico, non è un islam dottrinale.
Questo aspetto è fondamentale soprattutto per la creazione di strutture statali più
stabili, particolarmente nel Corno d’Africa.
D. – Non dobbiamo dimenticare
che Istanbul ospiterà anche la prossima Conferenza internazionale sul futuro della
Somalia. Qual è l’agenda della Turchia per quanto riguarda la Somalia?
R. –
Quella, il primo giugno prossimo, di dare voce al più grande numero possibile di interlocutori,
cosa che non è successa a Londra, il 23 febbraio. La Turchia dà un segnale, con questa
Conferenza. Da un punto di vista politico, certamente è un’iniziativa autocefala,
potremmo dire, quindi non legata a decisioni di Paesi terzi; in particolar modo, può
essere vista quasi come un’azione complementare, forse, a quella degli Stati Uniti
e della comunità internazionale. La volontà della Turchia è quella di fare una sua
politica. La Turchia in questo senso sta facendo da un lato il suo interesse nazionale
proponendosi come un attore privilegiato e sciolto da legami terzi, e dall’altro –
appunto – quello di sollecitare indirettamente la comunità internazionale per avere
una soluzione sul tavolo.