Giornata per l'Africa. Una missionaria: insegna al Nord del Mondo pazienza e solidarietà
L’Africa ha bisogno di “pace durevole”, democrazia e “rispetto dei diritti umani fondamentali”
specie per le donne e i bambini: è quanto scrive il segretario generale dell’Onu,
Ban Ki-moon, nel messaggio per l’odierna Giornata per l’Africa. Dalle Nazioni Unite
anche l’appello ai leader del continente a impegnarsi affinché tutti gli africani
possano avere un futuro migliore. Per una testimonianza su cosa l’Africa può dare
al resto del mondo, Alessandro Gisotti, ha intervistato suor Petra Urietti,
consigliere della Congregazione delle Suore di San Giuseppe, da 20 anni missionaria
in Africa:
R. – Personalmente,
penso che l'Africa mi abbia dato un "mazzetto" di punti esclamativi ed un grande mazzo
di punti interrogativi. Di fronte a tante cose belle, belle come natura, come sentimenti
e come feste, ci sono chiaramente dei punti esclamativi, uno stupore. Secondo me l’Africa
è una gigantografia di tante cose e di tanti sentimenti. Bisognerebbe avere un cuore
un po’ come una fisarmonica per infilarci dentro tutte queste cose. Quest’esperienza
dello stare, del veder ad esempio germinare un bambino nella pancia di una mamma,
vederlo nascere e poi crescere! Quando ti trovi in un Paese da tanti anni vedi proprio
questo. Per me l’impressione è sempre quella di raccogliere punti esclamativi e molti
punti interrogativi.
D. – Tra i punti interrogativi c’è sicuramente la sua
forte esperienza con i bambini e con le madri, in cui purtroppo la morte si mescola
con la vita...
R. – Sì, di sicuro. Probabilmente quella di "consegnare", "riconsegnare"
un figlio morto ad una madre è una delle esperienze più dure. Credo sia veramente
la cosa più lacerante in assoluto. Una volta, era arrivato un bambino, anche in buona
salute e poi, per pratiche tradizionali, questo bambino si è ritrovato, di punto in
bianco, in fin di vita... Allora, tu arrivi lì impacciato e non sai bene come comportarti
anche di fronte a certe cose. Puoi intervenire nella misura in cui ti è possibile
farlo. Spesso ci si trova di fronte anche ad una mancanza di mezzi quali medicine
o strumenti e quindi sì, sono state esperienze molto dure. Allo stesso tempo, però,
questa lotta, così naturale, tra la vita e la morte - che non trovo più nella nostra
società – mi ha anche dato molto.
D. – Il Nord del mondo si sente e si autodefinisce
in crisi ormai da lungo tempo. Quale lezione arriva dall’Africa e dal Sud del mondo?
R.
– Per tanti aspetti l’Africa ci insegna che con la crisi si può vivere. Penso che
noi siamo presi dal panico: molta energia la sprechiamo in panico ed in affanno, cosa
che ci fa disperdere energie. L’Africa è abituata tutti i giorni a fare chilometri
e chilometri per recuperare l’acqua, le persone sono abituate ad alzarsi al mattino
e a chiedersi che cosa mangeranno quel giorno, ad andare a procurarsi dei mezzi di
sussistenza, a piegare la testa dinanzi a certi soprusi, a provare a rialzarla e a
rimetterci la vita per altri soprusi. Secondo me, l'Africa è maestra di pazienza,
con le sue spalle grandi, e di solidarietà. A mio avviso in una crisi, piccola o grande
che sia, dalla crisi personale e famigliare a quella comunitaria e mondiale, penso
che la lezione che ci viene data dall’Africa è che è la solidarietà che ci darà una
via per superare quella situazione. Mettere tutti la spalla sotto questo cesto pesante
e provare ad alzarlo insieme!