Come cambia il modo di amare nel tempo delle nuove tecnologie: convegno al Vicariato
di Roma
Domani mattina, il Vicariato di Roma ospiterà il convegno “Clikk@more”, un insieme
di riflessioni sui sentimenti al tempo della rete. Ad aprire i lavori sarà il professor
Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici
e dell’Istituto di terapia cognitivo interpersonale, organizzatore dell’evento. Obiettivo
degli interventi in programma, tra cui quello di don Maurizio Mirilli, direttore del
Servizio diocesano per la pastorale giovanile, che ha promosso il convegno, è di offrire
spunti sull’impatto che le nuove tecnologie hanno sul modo di concepire l’amore e
i rapporti fra persone. Sarà presente anche la dott.ssa Maria Beatrice Toro, che parlerà
di legami familiari liquidi e loro effetti sull’infanzia. Sul tema dell’appuntamento,
Gina Maradei ha intervistato la dott.ssa Michela Pensavalli, psicologa
e psicoterapeuta:
R. – Il convegno
nasce come un momento di riflessione. E’ una sfida a capire se oggi è possibile potersi
rilanciare in relazioni affettive stabili e durature e non in relazioni che durino
poco tempo e che siano prevalentemente tecno-mediate.
D. - “Scusa se non ti
chiamo più amore” è, oltre al tema del suo intervento, il titolo del libro che lei
ha scritto insieme al prof. Cantelmi. Cosa significa?
R. – E’ un libro che
rappresenta una sorta di piccolo vademecum alla comprensione del nostro modo di amare.
Noi abbiamo uno specifico stile affettivo, così li abbiamo chiamati; stile affettivo
fobico, stile affettivo depressivo o abbandonico, stile affettivo perfezionistico,
che può essere anche di tipo ossessivo. Quindi, riconoscendo il nostro modo di amare,
a partire dalle nostre prime relazioni con i genitori e con le figure significative,
possiamo capire i nostri intralci per amare qualcuno autenticamente, dove è possibile
migliorarci e verso quale direzione possiamo andare per far funzionare meglio le relazioni
di coppia.
D. – Al tempo di Internet chi è, principalmente, che si rifugia
negli amori virtuali?
R. – Sono persone che prevalentemente hanno difficoltà
nella "vita off line" ad avere relazioni paritarie e soddisfacenti. Il "retomane"
può esserlo "per azione" e, quindi, le classiche persone che adescano attraverso la
Rete qualcuno e quindi sono spesso malintenzionati, o intenzionati per fini commerciali,
ad esempio; oppure le persone retomani per fuga, quelle persone che vivono una dimensione
affettiva insoddisfacente e che quindi compensano all’interno del mondo tecno-mediato
quello che manca nella loro vita reale e queste sono le persone verso cui prevalentemente
noi rivolgiamo l’attenzione nei nostri studi psicoterapeutici.
D. – Oggi perché
non ci si sofferma più sulle proprie emozioni, è solo questione di ritmi frenetici
che la vita ci impone?
R. - Abbiamo difficoltà ad emozionarci perché le emozioni
sono troppo a portata di mano e paradossalmente c'è questo viverle senza mediazioni,
senza sforzo, senza mediazioni dovute alla nostra intenzionalità, cioè il mettere
la testa, il cuore, il rischio, il pericolo di sporcarsi le mani in una relazione
dove l’altro ci stia ad osservare. Questo non è così semplice oggigiorno; c’è molta
confusione e la tecno-mediazione, cioè il computer, la digitalità, il cellulare sono
tutti mezzi per agevolare la relazione ma in realtà creano anche parecchi equivoci
e non è così facile poi sentire l’autenticità dall’altra parte dello schermo.
D.
- Cosa c’è bisogno di riscoprire, allora?
R. – Sicuramente c’è bisogno di avere
coraggio, avere coraggio di entrare e di stare nel conflitto, avere coraggio di rinunciare
agli schemi di perfezione che viviamo oggi, avere coraggio di essere testimoni autentici
per i nostri figli e quindi abbandonare anche gli schemi troppo lontani da noi di
una perfezione che non riusciamo poi a portare avanti giorno dopo giorno; quindi essere
ogni giorno un po’ più vicini alla verità di ciò che noi siamo davvero dentro, anche
mostrando i nostri difetti, che sono perlopiù le cose che spesso invece mettiamo a
tacere in una forma di narcisismo sfrenato che esalta solo e soprattutto gli aspetti
positivi che ognuno di noi ha.