2012-05-25 11:55:46

Al Teatro dell'Opera di Roma, l'Attila di Giuseppe Verdi


Va in scena questa sera al Teatro dell’Opera di Roma, con repliche fino al 5 giugno, un nuovo allestimento di “Attila”, opera giovanile di Verdi diretta da Riccardo Muti, che da sempre ama e molte volte ha affrontato questo sanguigno e risorgimentale titolo verdiano. Regia, scene e costumi sono affidati a Pier Luigi Pizzi che rilegge l’opera allontanandosi dalla tradizione storica e rivalutando il re degli Unni nella sua dimensione lirica, drammatica ed eroica. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3

Un coro di vergini e fanciulli accompagna Papa Leone, che gli è apparso in sogno come un “immane veglio” mentre gli afferra la chioma imponendogli di arretrare perché “or chiuso è il varco: questo de’ numi è il suol”: è il famosissimo incontro tra il re degli Unni dalla pessima fama, Attila, e l’anziano vescovo di Roma che, secondo tradizione, salvò la città eterna dal saccheggio. Lo spirito dello scontro di civiltà, della tutela dalla sacralità dell’Urbe, al pari, come vuole ogni melodramma, di affetti non corrisposti, animano tutta l’opera giovanile di Verdi. Che Pier Luigi Pizzi disegna e allestisce con la sua eleganza notissima, ma anche qualche aggiornamento nella visione usuale e risorgimentale della storia. Perché tra Unni e Romani, sembra rivalutare certamente i primi:

R. - E’ assolutamente così e tutto questo passa più che attraverso gli Unni, attraverso il personaggio di Attila, che io non dico che voglio riabilitare, perché ci ha già pensato Verdi e anche Solera che ha lavorato con lui. Basta leggere attentamente il libretto, basta sentire la musica per capire che è tutto tranne che un barbaro: è un uomo di grandi sentimenti, di grande nobiltà, è l’unico tra gli altri vari personaggi dell’opera che mantenga coerentemente dal principio alla fine un senso della fedeltà, della lealtà, è un vero guerriero, è un vero politico ed è perfino in grado di avere una crisi spirituale quando il sant’uomo che è Leone lo ferma alle porte di Roma e lui che ha anche un momento naturale di sfida di fronte a questo avvertimento divino, però poi cede, sente che c’è una forza più grande di lui e a questa si inchina. Ce n’è abbastanza per fare di questo personaggio un personaggio di grande statura.

D. - E come ha immaginato l’arrivo misticheggiante e arcano di Papa Leone che intima ad Attila di fermarsi e desistere dai suoi bellicosi propositi?

R. – Anni fa, quando lo feci al Maggio Musicale Fiorentino, Leone arrivava in un campo di grano. Era un’immagine molto bella di grande serenità, piena di luce, in questo caso, data una lettura più concettuale che io do a quest’opera, è un uomo alonato di luce ed è solo sulla scena insieme con Attila: cioè, si può credere che Attila sta dentro la sua visione e non è in una situazione realistica. Quindi è proprio uno scontro tra questi due personaggi: Attila, il re, e quest’uomo che rappresenta la divinità in qualche modo.







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