2012-05-23 12:07:09

Il Papa all'udienza generale: lo Spirito Santo c'insegna a rivolgerci a Dio come suoi figli


Il Papa, all’udienza generale in Piazza San Pietro, ha proseguito il ciclo delle sue catechesi sulla preghiera. Il grande maestro della preghiera che è lo Spirito Santo – ha detto – “ci insegna a rivolgerci a Dio con i termini affettuosi dei figli, chiamandolo «Abbà, Padre». Così ha fatto Gesù; anche nel momento più drammatico della sua vita terrena, Egli non ha mai perso la fiducia nel Padre e lo ha sempre invocato con l’intimità del Figlio amato. Al Getsemani, quando sente l’angoscia della morte, la sua preghiera è: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36)”.

Benedetto XVI ha sottolineato che “sin dai primi passi del suo cammino, la Chiesa ha accolto questa invocazione e l’ha fatta propria, soprattutto nella preghiera del Padre nostro, in cui diciamo quotidianamente: «Padre… sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» (Mt 6,9-10). Nelle Lettere di san Paolo la ritroviamo due volte. L’Apostolo si rivolge ai Galati con queste parole: «E che voi siete figli lo prova che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida in noi: Abbà! Padre!» (Gal 4,6). E al centro di quel canto allo Spirito Santo che è il capitolo ottavo della Lettera ai Romani, san Paolo riafferma: «E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”» (Rm 8,15). Il cristianesimo non è una religione della paura ma della fiducia e dell’amore al Padre che ci ama. Queste due dense affermazioni ci parlano dell’invio e dell’accoglienza dello Spirito Santo, il dono del Risorto, che ci rende figli in Cristo, il Figlio Unigenito, e ci colloca in una relazione filiale con Dio, relazione di profonda fiducia, come quella dei bambini; una relazione filiale analoga a quella di Gesù, anche se diversa è l’origine e diverso è lo spessore: Gesù è il Figlio eterno di Dio che si è fatto carne, invece noi diventiamo figli in Lui, nel tempo, mediante la fede e i Sacramenti del Battesimo e della Cresima, grazie ai quali siamo immersi nel Mistero pasquale di Cristo. Lo Spirito Santo è il dono prezioso e necessario che ci rende figli di Dio, che realizza quella adozione filiale a cui sono chiamati tutti gli esseri umani perché, come precisa la benedizione divina della Lettera agli Efesini, Dio, in Cristo, «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,4)”.

“Forse l’uomo d’oggi – ha proseguito - non percepisce la bellezza, la grandezza e la consolazione profonda contenute nella parola «padre» con cui possiamo rivolgerci a Dio nella preghiera, perché la figura paterna spesso oggi non è sufficientemente presente e spesso non è sufficientemente positiva nella vita quotidiana. L’assenza del Padre, il problema di un padre non presente nella vita di un bambino è un grande problema del nostro tempo, perciò ci diventa difficile capire nella sua profondità cosa vuol dire che Dio è padre per noi. Da Gesù stesso, dal suo rapporto filiale con Dio, possiamo imparare cosa significa propriamente «padre»”. Ed “è proprio l’amore di Gesù, il Figlio Unigenito - che giunge al dono di se stesso sulla croce - che ci rivela la vera natura del Padre: Egli è l’Amore, e anche noi, nella nostra preghiera di figli, entriamo in questo circuito di amore di Dio che purifica i nostri desideri, i nostri atteggiamenti segnati dalla chiusura, dall’autosufficienza, dall’egoismo tipici dell’uomo vecchio”.

Il Papa si è quindi fermato “sulla paternità di Dio che – afferma – “assume due dimensioni. Anzitutto, Dio è nostro Padre, essendo nostro Creatore. Ognuno di noi, ogni uomo e ogni donna è un miracolo di Dio, è voluto da Lui ed è conosciuto personalmente da Lui. Quando nel Libro della Genesi si dice che l’essere umano è creato a immagine di Dio (cfr 1,27), si vuole esprimere questa realtà: Dio è nostro padre, per Lui non siamo esseri anonimi, impersonali, ma abbiamo un nome”.

“Ma questo – ha proseguito - non basta ancora. Lo Spirito di Cristo ci apre ad una seconda dimensione della paternità di Dio, poiché Gesù è il «Figlio» in senso pieno, «della stessa sostanza del Padre», come professiamo nel Credo. Diventando un essere umano come noi, con l’Incarnazione, la Morte e la Risurrezione, Gesù a sua volta ci accoglie nella sua umanità e nel suo stesso essere Figlio, così anche noi possiamo entrare” nella stessa appartenenza a Dio. “Certo il nostro essere figli di Dio non ha la pienezza di Gesù: noi dobbiamo diventarlo sempre di più, lungo il cammino di tutta la nostra esistenza cristiana, crescendo nella sequela di Cristo, nella comunione con Lui per entrare sempre più intimamente nella relazione di amore con Dio Padre, che sostiene la nostra vita. E’ questa realtà fondamentale che ci viene dischiusa quando ci apriamo allo Spirito Santo ed Egli ci fa rivolgere a Dio dicendogli «Abbà! Padre!»”.

Tornando sui due brani di san Paolo circa questa azione dello Spirito Santo nella nostra preghiera, il Papa ha affermato che “sono due passi che si corrispondono, ma contengono anche una diversa sfumatura. Nella Lettera ai Galati, infatti, l’Apostolo afferma che lo Spirito grida in noi «Abbà! Padre!», mentre nella Lettera ai Romani dice che siamo noi a gridare «Abbà! Padre!». San Paolo vuole farci comprendere che la preghiera cristiana non avviene mai in senso unico da noi a Dio, non è solo un “nostro agire”, ma è espressione di una relazione reciproca in cui Dio agisce per primo: è lo Spirito Santo che grida in noi, e noi possiamo gridare perché l’impulso viene dallo Spirito Santo”. Quindi “questa presenza apre la nostra preghiera e la nostra vita agli orizzonti della Trinità e della Chiesa”.

Inoltre – ha affermato il Papa – “comprendiamo che la preghiera dello Spirito di Cristo in noi e la nostra in Lui, non è solo un atto individuale, ma un atto dell’intera Chiesa. Quando ci rivolgiamo al Padre nella nostra stanza interiore, nel silenzio e nel raccoglimento, non siamo mai soli. Chi parla con Dio non è solo. Siamo nella grande preghiera della Chiesa, siamo parte di una grande sinfonia che la comunità cristiana sparsa in ogni parte della terra e in ogni tempo eleva a Dio; certo i musicisti e gli strumenti sono diversi - e questo è un elemento di ricchezza -, ma la melodia di lode è unica e in armonia. Ogni volta, allora, che gridiamo e diciamo «Abbà! Padre!» è la Chiesa, tutta la comunità degli uomini in preghiera, che sostiene la nostra invocazione e la nostra invocazione è invocazione della Chiesa. Questo si riflette anche nella ricchezza dei carismi, dei ministeri, dei compiti che svolgiamo nella comunità. San Paolo scrive ai cristiani di Corinto: «Ci sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; ci sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; ci sono diverse attività, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti» (1Cor 12,4-6). La preghiera guidata dallo Spirito, che ci fa gridare «Abbà! Padre!» con Cristo e in Cristo, ci inserisce nell’unico grande mosaico della famiglia di Dio in cui ognuno ha un posto e un ruolo importante, in profonda unità con il tutto”.

Il Papa ha poi fatto un’ultima annotazione: “noi impariamo a gridare «Abba!, Padre!» anche con Maria, la Madre del Figlio di Dio”. “Il compimento della pienezza del tempo avviene al momento del «sì» di Maria, della sua adesione piena alla volontà di Dio: «ecco, sono la serva del Signore» (Lc 1,38)”.

Infine, Benedetto XVI ha lanciato questa esortazione: “impariamo a gustare nella nostra preghiera la bellezza di essere amici, anzi figli di Dio, di poterlo invocare con la confidenza e la fiducia che ha un bambino verso i genitori che lo amano. Apriamo la nostra preghiera all’azione dello Spirito Santo perché in noi gridi a Dio «Abbà! Padre!» e perché la nostra preghiera cambi, converta costantemente il nostro pensare, il nostro agire per renderlo sempre più conforme a quello del Figlio Unigenito, Gesù Cristo”.








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