Algeria. L’opposizione si divide e pensa alla formazione di un parlamento alternativo
Sale la tensione in Algeria. Quattordici dei venti partiti usciti sconfitti dalle
elezioni legislative del 10 maggio, hanno deciso di boicottare il nuovo parlamento
e hanno dichiarato l’intenzione di crearne uno alternativo. Sul fronte dell’opposizione
L'Alleanza verde (che riunisce tre formazioni politiche confessionali) e il Fronte
delle forze socialiste si sono, comunque, dissociate. Intanto si attende in giornata
il pronunciamento del Consiglio costituzionale sui 167 ricorsi, contro l'esito delle
consultazioni che hanno visto la netta conferma del partito Fln del presidente Abdelaziz
Bouteflika. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Giampaolo
Calchi Novati, docente di storia moderna e contemporanea dell'Africa all'Università
di Pavia:
R. – In effetti,
ci si aspettava che le elezioni non fossero necessariamente confermative della situazione
parlamentare e quindi politica dell’Algeria. Sembrava un po’ scontato che anche l’Algeria
si avviasse ad avere un sistema politico in cui gli islamisti avrebbero avuto un ruolo
centrale. Non è stato così: gli islamisti hanno avuto molti meno voti, quindi molti
meno deputati, di quanto non ci si aspettasse. Però, non sempre il risultato inatteso
è risultato frutto di brogli. L’Algeria sta attraversando una fase di transizione;
Bouteflika è probabilmente sulla via del tramonto, abbandonerà – probabilmente alla
fine dell’ultimo mandato – e ci sarà un po’ di riassetto, dentro il Fln (Front de
Libération Nationale) e fuori del Fln, tra gli arabi, i berberi, gli islamici e i
non islamici.
D. – Ma l’Algeria è stata coinvolta dalla Primavera araba?
R.
– Ci sono stati, effettivamente, anche in Algeria dei movimenti politici che però
sono stati contenuti e soprattutto sono stati incanalati verso questa istituzionalizzazione
del mondo della politica che da parecchi anni è in corso, in Algeria.
D. –
In che contesto, dunque, si sono svolte queste elezioni?
R. – Queste elezioni
sono accadute, forse, in un momento un po’ infelice, nel senso che sono state un po’
condizionate dal contesto generale del Maghreb. L’Algeria ha, come governo, come Paese,
come nazione dei contesti di stretta difesa della propria autonomia. Fra tutti i Paesi
arabi – sicuramente di tutti i Paesi del Maghreb – è quello che più ha risentito di
ciò che è successo in Libia. Per l’Algeria sarebbe un vero problema una Libia troppo
filo-francese e quindi l’opinione pubblica potrebbe anche aver dimostrato, in questo
voto, questa fase di attesa per segnare, in un certo senso, una certa continuità con
il Fln che rappresenta pur sempre il baluardo dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Algeria.
D.
– Sabato prossimo ci sarà la prima seduta del Parlamento. I cosiddetti partiti
ribelli hanno ottenuto 21 seggi su 462 e minacciano la creazione di un’altra Assemblea
…
R. – Che una pletora di partitini si trovi scontento, mi sembra che non possa
costituire veramente una causa di una crisi costituzionale. Se così fosse, sarebbe
il segno che le istituzioni dell’Algeria sono molto più deboli di quanto non ci si
aspettasse o non ci si aspetti. Il fatto che sia i partiti islamisti, sia il Ffs (Front
des Forces Socialistes) non seguono questa deriva di contestazione delle elezioni,
mi lascia qualche speranza che l’Algeria resti dentro questi canali politici legittimi
che sono in grado di risolvere i problemi.