2012-05-22 13:54:54

Bambino Gesù: impiantato il più piccolo cuore artificiale del mondo in un bambino di 16 mesi


Ha fatto il giro di tutti i continenti la notizia che all'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma è stato impiantato il più piccolo cuore artificiale del mondo in un bambino di appena 16 mesi: si tratta di un dispositivo di appena 11 grammi. Sull'intervento, unico nel suo genere, ci parla Antonio Amodeo, responsabile dell’Unità di progetto Assistenza Meccanica del Bambino Gesù. L’intervista è di Alessandra D’Angelo:RealAudioMP3

R. - E’ la prima volta che viene impiantato su un essere umano il più piccolo cuore artificiale esistente al mondo. Si tratta di un prototipo - che ovviamente non è ancora in commercio, proprio perché prototipo - sperimentato soltanto su banco e su sperimentazione animale. E’ stato impianto in un bambino che, purtroppo, non aveva altre alternative, perché questo bambino aveva un cuore artificiale che aveva avuto un problema di tipo infettivo e non avevamo quindi alternativa: o il bambino andava verso un esito infausto, come purtroppo avviene a questi bambini, o - cosa che abbiamo fatto - abbiamo chiesto di ottenere in maniera del tutto eccezionale, con l’autorizzazione della Fda (Food and Drug Administration) degli Stati Uniti, il cuore artificiale. Lo abbiamo impiantato e questo ci ha permesso di traghettare verso il trapianto cardiaco, che è avvenuto a distanza di due mesi.

D. - Quali sono i vantaggi della donazione da vivente?

R. - Il vantaggio ovviamente è che si abbatte la lista di attesa. Questa è la cosa più importante, perché in questo modo una lista di attesa, che normalmente ha una potenzialità più lunga, con i donatori viventi si accelerano molto i tempi dei bambini che sono in attesa.

D. - Quali sono le prospettive future che possiamo prevedere nel campo dei trapianti?

R. - Io penso che le prospettive future dovranno orientarsi principalmente sulla ricerca delle staminali, sulla terapia rigenerativa miocardica, parlo per quanto riguarda proprio i trapianti di cuore. Il futuro si sta quindi indirizzando in quella direzione e nella direzione dei device, ossia dei cuori artificiali. Questo permetterebbe di dare una grossa mano alla problematica enorme che c’è, perché le donazioni sono sempre le stesse negli ultimi 10 anni, mentre la popolazione di pazienti che hanno bisogno della terapia sostitutiva sono sempre di più. Quindi la ricerca si andrà a organizzare verso questi due grandi obiettivi.

D. - A questo proposito vuole lanciare un appello a favore e a sostegno della donazione d’organi?

R. - Questa è la normalità ed è da anni che noi lo diciamo: è fondamentale - ovviamente - la filosofia della donazione d’organi, perché altrimenti - e questo particolarmente nella popolazione pediatrica - la lista di attesa per un trapianto di cuore di un bambino al di sotto di un anno è di diversi mesi. Potete solo immaginare cosa accade in questi “diversi mesi”.

La notizia dell’impianto del cuore artificiale è stata data nella Settimana nazionale dedicata alle donazioni e ai trapianti d’organo. Ascoltiamo in proposito Giuseppe Profiti, presidente dell’Ospedale Bambino Gesù, al microfono di Alessandra D’Angelo:RealAudioMP3

R. - Nella settimana dei trapianti ci sembrava logico presentare un po’ quello che è l’ospedale nel suo insieme, il modello che rappresenta e poi fare questo ulteriore passo avanti con l’adozione e la sperimentazione di questo cuore artificiale ancora più piccolo di quello che utilizzammo circa due anni fa per la prima volta al mondo. L’ospedale ormai è un modello di riferimento unico in Europa perché assicura tutta la gamma di trapianti, sia di cellule che di tessuti, e all’interno di un ospedale pediatrico, quindi consentendo al bambino, all’adolescente, di fare l’intero percorso molto delicato del pre-trapianto, quindi l’assistenza pre-trapianto, ma soprattutto del post-trapianto, all’interno di una realtà che ha tutte le specialità che supportano pazienti che hanno sempre patologie molto complesse legate a quella del trapianto. Si tratta di una scoperta che ci consente di sopperire a un problema che andiamo generando noi stessi nel senso che più bravi diventiamo più siamo in grado di far sopravvivere bambini che per dimensioni e per età non hanno facilmente un donatore. Quindi – ci chiediamo - è una necessità che la tecnologia si abbini alla capacità clinica per offrire in via permanente oppure soltanto per il tempo necessario a raggiungere l’età e le dimensioni del trapianto? Questo non lo sappiamo, ce lo diranno il futuro e i nostri sforzi, però per consentirci di arrivare a un traguardo dove poi o il traguardo definitivo o l’innovazione tecnologica ci consentirà di avere una vita sempre più simile a quella delle persone normali. Il tutto - e questo mi piace dirlo - all’interno di un ospedale in cui questi processi tecnologici, e della medicina più in generale, non sono fini a se stessi ma sono strumenti all’interno di un quadro etico ben chiaro e ben preciso, strumenti dei quali ci piace pensare di essere “padroni” e quindi sottometterli alla nostra dimensione etica.







All the contents on this site are copyrighted ©.