Il Papa per i 40 anni dell'Opam: rinnovare l'impegno per l'istruzione nei Paesi poveri
Da 40 anni, l’Opera di promozione dell’alfabetizzazione nel mondo (Opam) sostiene
progetti in molte aree povere del pianeta e per celebrare il quarto decennale di fondazione,
Benedetto XVI ha indirizzato un Messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato,
Tarcisio Bertone, al presidente dell’Opam, don Aldo Martini. Incoraggio, si legge
nel testo, “a proseguire con rinnovato slancio l’impegno per favorire l’istruzione
e l’educazione nei Paesi più svantaggiati”, in uno stile di reciproco arricchimento
tra le diverse culture e fraternità tra le comunità ecclesiali”.
Nel Messaggio,
il Papa estende la sua benedizione anche ai partecipanti al Convegno internazionale
promosso per l’occasione dell’Opam e in programma a Roma oggi e domani sul tema “Umanesimo
della fragilità: lezioni dal Sud del mondo”. I dati più recenti indicano in 790 milioni
gli adulti a tutt’oggi in condizioni di analfabetismo, dei quali circa 2/3 sono donne.
In molti Paesi, addirittura, i picchi di analfabetismo femminile superano l'85%. Inoltre,
alle cifre riguardanti gli analfabeti adulti, vanno aggiunti i 67 milioni di bambini
in età di scuola primaria e 72 milioni di adolescenti in età di scuola secondaria
di primo grado che non ricevono un'istruzione.
Questa piaga ha sempre spinto
la Chiesa ad adoperarsi per sanarla. Nella sua Esortazione Apostolica Africae Munus,
pubblicata lo scorso anno, Benedetto XVI afferma che “l’analfabetismo rappresenta
uno dei maggiori freni allo sviluppo. È un flagello – scrive – simile a quello delle
pandemie. Certo – osserva – non uccide direttamente, ma contribuisce attivamente alla
marginalizzazione della persona – che è una forma di morte sociale – e le rende impossibile
accedere alla conoscenza”. Alfabetizzare l’individuo, sottolinea ancora il Papa, “significa
farne un membro a pieno diritto della res publica, alla costruzione della quale potrà
contribuire, e permettere al cristiano di accedere al tesoro inestimabile delle Sacre
Scritture che alimentano la sua vita di fede”.
Sull'importanza dell'alfabetizzazione,
don Aldo Martini, si è soffermato al microfono di Davide Maggiore:
R. – L’alfabetizzazione
è la prima condizione per lo sviluppo umano: non c’è sviluppo se non c’è presa di
coscienza dei propri diritti e dei propri doveri come persone umane. E’ stato un Messaggio
che mi ha lasciato il cardinale Gantin, il quale mi ha detto: “Tutto ciò che la gente
può perdere o può non avere in beni materiali, se ha istruzione lo può ricuperare
in altro modo”. Cioè, l’uomo viene realizzato nei suoi diritti e nei suoi doveri proprio
dall’istruzione.
D. – Il sottotitolo del Convegno è: “Lezioni dal Sud del mondo”.
Perché è così importante anche la reciprocità?
R. – Questo mondo che noi consideriamo
povero, beneficiario dei nostri aiuti, in realtà è un mondo molto ricco: mentre noi
stiamo perdendo in umanità, loro hanno conservato molti valori che a noi vengono a
mancare, perché abbiamo un umanesimo fondato soprattutto sull’avere piuttosto che
sull’essere, fondato sul pensiero tecnologico, sul pensiero economico. Questi Paesi,
al contrario, hanno mantenuto un rapporto con la vita, un rapporto con il prossimo
molto più umano, direi molto più ricco del nostro. La fraternità è quel rapporto che
permette di vedere nell’altro non soltanto un essere umano bisognoso, ma un fratello
ricco di valori. Per questo ci mettiamo in ascolto volentieri di quelli che chiamiamo
“i poveri del Terzo mondo”, perché abbiamo scoperto che hanno una grande saggezza,
una grande sapienza. Se noi possiamo dare aiuti materiali, loro sono depositari di
valori spirituali che bisogna far circolare tra le due parti del mondo: il Nord e
il Sud. E questo spiega anche un po’ il senso del taglio che abbiamo voluto dare al
Convegno: coloro che noi alfabetizzavamo e pensavamo che fossero recipienti in cui
versare il nostro sapere, la nostra cultura, i nostri aiuti, in realtà sono quelli
che ci stanno “rievangelizzando”, portandoci a quella riscoperta dei valori umani
che la nostra cultura, la nostra civiltà occidentale sta perdendo.
D. – Se
dovesse tracciare un bilancio di questi 40 anni dell’Opam, su quali esperienze si
soffermerebbe?
R. – Quello che secondo me è il valore principale è che abbiamo
creato ponti e relazioni con queste persone. Le esperienze più importanti dell’Opam
sono essenzialmente queste: abbiamo scoperto che non è necessario costruire cattedrali
nel deserto e che la carta vincente è insistere sull’alfabetizzazione delle donne,
perché abbiamo visto che cercando di alfabetizzare la donna si porta cultura, si porta
sviluppo. Infatti, specialmente in Africa, la donna è il motore del progresso. Abbiamo
visto come l’alfabetizzazione dei bambini permetta di salvaguardarli dallo sfruttamento,
perché un bambino che va a scuola è un bambino protetto: istruendo un bambino si salva
il suo futuro, lo si prepara per essere, un domani, un cittadino in grado non soltanto
di conoscere i suoi diritti e difenderli, ma anche di essere un leader nel proprio
Paese. Un altro aspetto che abbiamo cercato di sviluppare, specialmente in questi
ultimi anni, sono le scuole professionali. Non sempre la nostra cultura occidentale,
che è piuttosto astratta, serve realmente allo sviluppo di un Paese che incomincia
a fare i primi passi. Occorre che assieme all’istruzione di base, quindi all’istruzione
primaria e secondaria, ci siano anche degli sbocchi lavorativi soprattutto in quegli
ambienti nei quali i governi non arrivano: quindi nei villaggi, nelle zone più lontane
da ogni progresso. Dove si crea una scuola, lì la vita del villaggio rifiorisce.