2012-05-18 09:28:55

Il Papa per i 40 anni dell'Opam: rinnovare l'impegno per l'istruzione nei Paesi poveri


Da 40 anni, l’Opera di promozione dell’alfabetizzazione nel mondo (Opam) sostiene progetti in molte aree povere del pianeta e per celebrare il quarto decennale di fondazione, Benedetto XVI ha indirizzato un Messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, al presidente dell’Opam, don Aldo Martini. Incoraggio, si legge nel testo, “a proseguire con rinnovato slancio l’impegno per favorire l’istruzione e l’educazione nei Paesi più svantaggiati”, in uno stile di reciproco arricchimento tra le diverse culture e fraternità tra le comunità ecclesiali”.

Nel Messaggio, il Papa estende la sua benedizione anche ai partecipanti al Convegno internazionale promosso per l’occasione dell’Opam e in programma a Roma oggi e domani sul tema “Umanesimo della fragilità: lezioni dal Sud del mondo”. I dati più recenti indicano in 790 milioni gli adulti a tutt’oggi in condizioni di analfabetismo, dei quali circa 2/3 sono donne. In molti Paesi, addirittura, i picchi di analfabetismo femminile superano l'85%. Inoltre, alle cifre riguardanti gli analfabeti adulti, vanno aggiunti i 67 milioni di bambini in età di scuola primaria e 72 milioni di adolescenti in età di scuola secondaria di primo grado che non ricevono un'istruzione.

Questa piaga ha sempre spinto la Chiesa ad adoperarsi per sanarla. Nella sua Esortazione Apostolica Africae Munus, pubblicata lo scorso anno, Benedetto XVI afferma che “l’analfabetismo rappresenta uno dei maggiori freni allo sviluppo. È un flagello – scrive – simile a quello delle pandemie. Certo – osserva – non uccide direttamente, ma contribuisce attivamente alla marginalizzazione della persona – che è una forma di morte sociale – e le rende impossibile accedere alla conoscenza”. Alfabetizzare l’individuo, sottolinea ancora il Papa, “significa farne un membro a pieno diritto della res publica, alla costruzione della quale potrà contribuire, e permettere al cristiano di accedere al tesoro inestimabile delle Sacre Scritture che alimentano la sua vita di fede”.

Sull'importanza dell'alfabetizzazione, don Aldo Martini, si è soffermato al microfono di Davide Maggiore:RealAudioMP3

R. – L’alfabetizzazione è la prima condizione per lo sviluppo umano: non c’è sviluppo se non c’è presa di coscienza dei propri diritti e dei propri doveri come persone umane. E’ stato un Messaggio che mi ha lasciato il cardinale Gantin, il quale mi ha detto: “Tutto ciò che la gente può perdere o può non avere in beni materiali, se ha istruzione lo può ricuperare in altro modo”. Cioè, l’uomo viene realizzato nei suoi diritti e nei suoi doveri proprio dall’istruzione.

D. – Il sottotitolo del Convegno è: “Lezioni dal Sud del mondo”. Perché è così importante anche la reciprocità?

R. – Questo mondo che noi consideriamo povero, beneficiario dei nostri aiuti, in realtà è un mondo molto ricco: mentre noi stiamo perdendo in umanità, loro hanno conservato molti valori che a noi vengono a mancare, perché abbiamo un umanesimo fondato soprattutto sull’avere piuttosto che sull’essere, fondato sul pensiero tecnologico, sul pensiero economico. Questi Paesi, al contrario, hanno mantenuto un rapporto con la vita, un rapporto con il prossimo molto più umano, direi molto più ricco del nostro. La fraternità è quel rapporto che permette di vedere nell’altro non soltanto un essere umano bisognoso, ma un fratello ricco di valori. Per questo ci mettiamo in ascolto volentieri di quelli che chiamiamo “i poveri del Terzo mondo”, perché abbiamo scoperto che hanno una grande saggezza, una grande sapienza. Se noi possiamo dare aiuti materiali, loro sono depositari di valori spirituali che bisogna far circolare tra le due parti del mondo: il Nord e il Sud. E questo spiega anche un po’ il senso del taglio che abbiamo voluto dare al Convegno: coloro che noi alfabetizzavamo e pensavamo che fossero recipienti in cui versare il nostro sapere, la nostra cultura, i nostri aiuti, in realtà sono quelli che ci stanno “rievangelizzando”, portandoci a quella riscoperta dei valori umani che la nostra cultura, la nostra civiltà occidentale sta perdendo.

D. – Se dovesse tracciare un bilancio di questi 40 anni dell’Opam, su quali esperienze si soffermerebbe?

R. – Quello che secondo me è il valore principale è che abbiamo creato ponti e relazioni con queste persone. Le esperienze più importanti dell’Opam sono essenzialmente queste: abbiamo scoperto che non è necessario costruire cattedrali nel deserto e che la carta vincente è insistere sull’alfabetizzazione delle donne, perché abbiamo visto che cercando di alfabetizzare la donna si porta cultura, si porta sviluppo. Infatti, specialmente in Africa, la donna è il motore del progresso. Abbiamo visto come l’alfabetizzazione dei bambini permetta di salvaguardarli dallo sfruttamento, perché un bambino che va a scuola è un bambino protetto: istruendo un bambino si salva il suo futuro, lo si prepara per essere, un domani, un cittadino in grado non soltanto di conoscere i suoi diritti e difenderli, ma anche di essere un leader nel proprio Paese. Un altro aspetto che abbiamo cercato di sviluppare, specialmente in questi ultimi anni, sono le scuole professionali. Non sempre la nostra cultura occidentale, che è piuttosto astratta, serve realmente allo sviluppo di un Paese che incomincia a fare i primi passi. Occorre che assieme all’istruzione di base, quindi all’istruzione primaria e secondaria, ci siano anche degli sbocchi lavorativi soprattutto in quegli ambienti nei quali i governi non arrivano: quindi nei villaggi, nelle zone più lontane da ogni progresso. Dove si crea una scuola, lì la vita del villaggio rifiorisce.







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