A Vicenza, aperta l'ottava edizione del Festival Biblico
“Perché avete paura (Mc 4,40) - La speranza dalle Scritture” è il tema scelto per
l'ottava edizione del Festiva Biblico in programma a Vicenza da oggi fino al 27 maggio.
E se "la crisi economica e spirituale che stiamo vivendo ha messo in luce la mancanza
di fede e speranza", ecco che il dialogo e il Libro dei Libri, ci vengono in aiuto.
Ce lo ricorda il presidente del Festival, don Ampelio Crema, nell'intervista
di Emanuela Campanile:
R. - Il Festival
Biblico nasce proprio in questo contesto: dal desiderio di portare la Parola di Dio
nelle piazze, nelle strade, nei palazzi della città di Vicenza per incontrare la gente,
per aiutarla un po’ a riflettere sui grandi temi della vita e confrontarci con questo
fondamento della nostra vita, che è la Bibbia. Quest’anno, cerchiamo di soffermarci
soprattutto sul grande tema delle paure e delle speranze oggi. Un tema più che mai
attuale.
D. - Per quanto riguarda il Nordest d'Italia, come si è manifestata
la crisi, al di là dei problemi economici?
R. - C’è sicuramente una crisi economica,
una crisi anche del modello organizzativo, sociale, imprenditoriale. Ma c’è anche
una crisi di valori: la gente ha perso un po’ quei riferimenti che una volta erano
un po’ il pilastro delle scelte. Il lavoro per il lavoro ha svuotato la quotidianità
della gente e quindi si tratta - secondo me - di una crisi un po’ generale. C’è bisogno
proprio di riannunciare valori e di riannunciare che il lavoro è, sì, fondamentale
- e chi non ce l’ha in questo momento sta sicuramente soffrendo - ma è fondamentale
anche ritrovare quei valori di base del nostro vivere insieme e del nostro credere
in Dio. La società veneta ha bisogno veramente di rigenerarsi e in questo credo che
la Chiesa del Triveneto si sta muovendo: il Festival Biblico è un piccolo aiuto a
questa rinascita, a questo rilancio dell’annuncio di valori sui quali costruire una
convivenza e una solidarietà, che si è un po’ incrinata ultimamente.
D. - Ottava
edizione e quindi otto anni di esperienza. Finora, qual è l’insegnamento più importante
che avete ricevuto da questo progetto?
R. - L’insegnamento più importante che
ho ricevuto io è che è possibile dialogare: è possibile dialogare con tutti ed è possibile
incontrarsi con tutti, anche con i non credenti nel rispetto reciproco e senza perdere
- ovviamente - la propria identità. Di pari passo, l’altro aspetto molto bello è che
sulla Parola di Dio ci si può incontrare: abbiamo veramente tanti volontari, tanti
collaboratori, tante persone che si sono unite a noi - anche non credenti - per darci
una mano a costruire questo progetto. E poi è un’esperienza molto bella di Chiesa,
perché oltre a noi Paolini e alla diocesi, che ne siamo i promotori, si sono aggregate
tantissime realtà locali e anche nazionali, quest’anno anche internazionali. Quindi,
è veramente un’esperienza di Chiesa, un’esperienza di comunità, un’esperienza - per
usare un termine moderno - di "rete" che stiamo costruendo.
D. - Quindi, non
un Festival autoreferenziale: che cosa vi chiedono i non credenti e cosa vi chiedono,
invece, coloro che già credono?
R. - I non credenti ci chiedono di rendere
ragione della nostra fede e credo che qui partiamo dalla Parola di Dio e da San Pietro.
Ci chiedono il coraggio del dialogo, senza preconcetti, cercando quindi veramente
di confrontarci e cercando dei punti di incontro, con l’attenzione alla gente. I credenti
si stanno entusiasmando alla Parola di Dio: sono cresciuti sempre più, anche all’interno
della nostra proposta del Festival, momenti biblici. Abbiamo organizzato anche dei
corsi, dei mini-corsi biblici su alcuni testi, svolti anche a livello ecumenico, in
dialogo con le altre confessioni cristiane. Ci chiedono poi anche di entrare sempre
più in questo scrigno, che è la Parola di Dio, per poter aiutarli a scoprire la ricchezza
di questo nostro Libro dei Libri.