La crisi economica e la ripresa: analisi del presidente del Cnel, Marzano
La situazione economica è al centro in questo periodo di dibattiti e incontri. “Dalla
crisi alla ripresa” è il titolo della Conferenza, organizzata dall’Accademia Angelica
Costantiniana, che si è tenuta nei giorni scorsi a Roma. A intervenire anche Antonio
Marzano, presidente del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
Debora Donnini lo ha intervistato:
R. – Propongo
di distinguere una crisi di natura congiunturale, che è destinata a essere superata,
da un altro tipo di crisi che non è congiunturale ma strutturale e che riguarda il
futuro di lungo periodo nel nostro Paese. Credo ci siano delle riforme da fare perché
l’economia italiana possa crescere a un tasso potenziale più alto. Però, alcune di
queste riforme non sono soltanto riforme economiche in senso stretto, ma riguardano
proprio i meccanismi con cui funziona la società.
D. – Per esempio?
R.
– Per esempio, io non credo che funzioni bene la meritocrazia in questo Paese. Se
non si riconosce il valore delle persone, quali sono allora le forze che dominano
la società? Di altro tipo, diverse dal merito. E una delle conseguenze è anche la
crisi dei valori, perché se si va avanti a prescindere dal proprio merito vuol dire
che la società entra in crisi sul piano dei valori condivisi e senza valori condivisi
non si va da nessuna parte.
D. - Quanto pesa nella crisi economica che sta
vivendo l’Occidente la disgregazione della famiglia e la bassa natalità?
R.
– Sono fondamentali. La disgregazione della famiglia significa la disgregazione della
cellula fondamentale di una società. Per esempio, il fatto che crescano continuamente
i numeri dei single, il fatto che ci sono tanti abusi sui minori, la violenza
sulle donne, la crisi fra le generazioni: tutti questi sono segnali di crisi grave
che si ripercuotono sicuramente sull’economia. Io credo che in questo senso i centri
fondamentali della formazione che sono la Chiesa, la scuola, la famiglia abbiano un
compito molto importante da svolgere.
D. - Per esempio, Germania e Francia
hanno politiche famigliari migliori di quelle dell’Italia?
R. – Sì, molto più
attente alle esigenze della famiglia. Questo tipo di politiche che sono politiche
del Welfare, servono anche per dare più coesione alla società. Chi si sente abbandonato
si sente escluso e chi si sente escluso non è coeso con il resto della società.
D.
– Il governo ha riprogrammato la destinazione dei fondi europei, già a bilancio, per
2-3 miliardi, alle aree di fragilità del Paese, le regioni del Sud. Secondo lei, servirà
questa misura del governo?
R. – Non so se sia sufficiente ma va nella direzione
giusta, perché se questo Paese è diviso anche sul piano del dualismo territoriale.
Cioè, una parte del Paese corre e un’altra va più piano e questo significa mancanza
di coesione. Nel Sud, poi, ci sono tante opportunità che andrebbero valorizzate. Ne
segnalo una: la sua posizione geografica proietta il Sud verso i Paesi del Mediterraneo
anche della Costa africana e in questo senso, forse, il Meridione ha un ruolo che
finora non è stato pienamente adempiuto.
D. – In Italia, in questo momento
si parla molto dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione verso
le imprese. L’Italia è fatta di piccole e medie imprese: quanto pesa questo ritardo
nei pagamenti?
R. – Pesa nel senso dei bilanci di queste imprese che registrano
un credito verso la Pubblica amministrazione, che non possono esigere. Quindi, dovendo
continuare a lavorare e a pagare i propri fornitori questo è un punto grave nell’equilibrio
economico delle imprese. Ma c’è un aspetto più generale: la gente ha bisogno di uno
Stato amico. Ancora una volta, torniamo al problema della coesione. Uno Stato amico
è uno Stato che suscita attorno a sé l’appoggio, la speranza, la certezza che in caso
di difficoltà si farà qualcosa per quelli che entrano in difficoltà. Se lo Stato non
appare amico ma, come alcuni episodi di questi giorni fanno temere, uno Stato "contro"
– anche senza volerlo, ma per il modo in cui si è concepita l’attività, la procedura
dei vari organi dello Stato – è un fatto che frena l’economia. Uno Stato amico aiuta
a crescere.
D. – La Grecia dovrà riandare alle elezioni. In Europa il Welfare
è sempre più minacciato. Secondo lei, l’Europa per tornare a decollare deve riscoprire
profondamente le sue radici giudaico-cristiane e quindi ha un messaggio in questo
senso da portare al mondo?
R. - Certamente sì, è stato un errore non far entrare
nella Costituzione europea queste radici che non sono soltanto radici storiche, ma
proprio di valori importanti e comuni. Questo chiede un impegno ulteriore in questa
direzione. Credo che se non si fanno queste cose, non strettamente economiche – stiamo
parlando di cose che sono extra-economiche, sociologiche, culturali – anche l’economia
ne risentirà.
D. - Ritrovare la propria anima dà uno slancio forte...
R.
– Sì, se ci sono valori condivisi, le leggi vengono rispettate. Se invece questi non
ci sono, le leggi vengono considerate qualcosa che si può osservare o no. Il rispetto
delle leggi rientra nella morale: date a Cesare quello che è di Cesare.
D.
– Anche la questione del Welfare, della solidarietà, è importante...
R. – E’
fondamentale. Però, se lo Stato non ci arriva e ha difficoltà finanziarie a fare quello
che si dovrebbe, bisognerebbe riconoscere un ruolo crescente al Terzo settore, al
volontariato, che è un modo di supplire ai limiti anche finanziari dello Stato. Si
sta sviluppando in Italia, c’è molto volontariato e credo che si dovrebbe fare di
più.