Il cardinale Koch all’Angelicum: l'antisemitismo, tradimento della fede cristiana
“Building on Nostra Aetate: 50 Years of Christian-Jewish Dialogue”. È il titolo della
"Lecture" tenuta a Roma, alla Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, dal cardinale
Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani
e della Commissione della Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo. L’appuntamento
ha rappresentato l’edizione 2012 dell'Annuale "Berrie Lecture", promossa dal Centro
Giovanni Paolo II per il Dialogo interreligioso. Il servizio di Giada Aquilino:
“La fraternità
spirituale fra ebrei e cristiani ha il suo fermo ed eterno fondamento nella Sacra
Scrittura”. Da questa certezza è partita la riflessione del cardinale Kurt Koch sui
50 anni del dialogo tra cristiani ed ebrei in base alla Dichiarazione conciliare sulle
relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane. La Nostra Aetate – ha
detto il porporato – “è ancora considerata il documento fondante del dialogo tra la
Chiesa cattolica e l’ebraismo”. Passando in rassegna i terribili fatti della Seconda
Guerra Mondiale e le atrocità senza precedenti della Shoah, i cristiani – ha aggiunto
– sono stati “sia autori dei crimini sia vittime” e grandi masse certamente “furono
spettatori passivi” che “tenevano gli occhi chiusi” dinanzi alle brutalità. Il cardinale
Koch ha quindi osservato che la Shoah divenne “una domanda e un’accusa al cristianesimo”.
Dopo il conflitto, si rese dunque necessario “uno sforzo concertato per una ridefinizione
teologicamente ponderata della relazione tra Chiesa ed ebraismo”: la Nostra Aetate,
appunto.
Ma il nuovo corso inaugurato dal Concilio Vaticano II viene “messo
costantemente alla prova”: “il flagello dell’antisemitismo – ha spiegato il cardinale
Koch – sembra essere non estirpabile nel mondo di oggi” e “anche nella teologia cristiana
l’antichissimo marcionismo e l’antiebraismo riemergono con spirito di rivalsa”. Per
questo, “la Chiesa cattolica è costretta a denunciare che l’antiebraismo e il marcionismo
sono un tradimento della sua stessa fede cristiana”. Di qui va ricordato, ha proseguito
il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani,
che “la domanda del Concilio Vaticano II di diffondere la mutua comprensione e il
mutuo rispetto fra ebrei e cristiani deve continuare a ricevere la dovuta attenzione”.
Ciò, ha aggiunto, “è il prerequisito indispensabile per garantire che non ci sia un
ritorno del pericoloso allontanamento fra cristiani ed ebrei, ma che essi rimangano
coscienti della loro affinità spirituale”, per rendere “testimonianza di pace e riconciliazione
nel mondo non conciliato di oggi” ed “essere una benedizione non solo gli uni per
gli altri ma insieme per l’umanità intera”. Quindi, il presidente della Commissione
della Santa Sede per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo ha ricordato le tappe del
dialogo tra ebrei e cattolici, soffermandosi sull’impegno e il contributo di Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI. Le parole del cardinale Kurt Koch al microfono di
Mario Galgano:
R. – Er hat als erster eine jüdische Synagoge besucht… Giovanni
Paolo II è stato il primo Papa a visitare una sinagoga, ha visitato Auschwitz, è stato
al Muro del Pianto a Gerusalemme, ha incontrato i rabbini capo. Lo stesso ha fatto
Benedetto XVI, che in questi sette anni in realtà ha ripercorso le tappe del lungo
Pontificato di Giovanni Paolo II. Benedetto XVI infatti ha compiuto la prima visita
a una sinagoga pochissimo tempo dopo l’inizio del suo Pontificato, in Germania nel
2005. Poi è stato nelle sinagoghe degli Stati Uniti. E’ lui il Pontefice che ha visitato
il maggior numero di sinagoghe e questo, naturalmente, dimostra come egli abbia molto
a cuore la riconciliazione tra ebrei e cristiani.
All’Angelicum, a ripercorrere
storicamente i rapporti tra le due comunità – riallacciandosi alle dichiarazioni del
cardinale Koch – è stato il rabbino Jack Bemporad, direttore del Centro Giovanni
Paolo II per il Dialogo Interreligioso. La sua riflessione, raccolta da Philippa
Hitchen, sulla preghiera del Venerdì Santo, la cui formulazione ha suscitato reazioni
sia da parte ebraica, sia da parte di alcuni cattolici:
R. – The cardinal,
I think made it very clear... Credo che il cardinale sia stato molto chiaro, specialmente
su cosa dovrebbe uscire durante la preghiera del Venerdì Santo. Penso che la questione
si potrebbe sollevare se essa venisse intesa come un maggiore sforzo nel cercare di
convertire gli ebrei: il cardinale è stato molto chiaro al riguardo, specificando
che non è affatto intenzione della Chiesa cattolica.