Il cardinale Betori: il Papa in Toscana ha invitato a ridare speranza ai giovani
L'entusiasmo visto per le strade e alle celebrazioni ci dice che "la gente ama questo
Papa". L'affermazione è dell'arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori,
che al termine della visita di Benedetto XVI ha tracciato un bilancio delle ore passate
dal Pontefice in Toscana, facendosi interprete dei sentimenti di gratitudine della
Chiesa locale. L'intervista è del nostro inviato, Paolo Ondarza:
R. - Come hanno
dimostrato le grandi folle che lo hanno circondato, la gente ama questo Papa, lo vuole
ascoltare, e quindi è doveroso da parte nostra una grande gratitudine nei suoi riguardi
per il dono che ci ha fatto nel venire tra di noi.
D. - Si è trattato della
prima visita di Benedetto XVI in Toscana. In effetti, i pellegrini provenienti anche
da altre città erano numerosi. Che valore può avere questa presenza di massa?
R.
- Innanzi tutto direi, da parte del Papa, un ritorno a una frequentazione che gli
è stata sempre abituale fin da giovane. Poi, la presenza del Papa tra noi significa
anche poter misurare il grado di capacità di dialogo della Chiesa di oggi con la gente
di Toscana. Certo, anche tra noi l’avanzata del secolarismo ha le sue manifestazioni.
Ma c’è un sottofondo di interesse, di amicizia tra la gente e la Chiesa, che quando
incontra figure autorevoli come il Papa emerge dal profondo delle coscienze e diventa
un fatto visibile.
D. - La visita ha avuto senz’altro un carattere locale,
ma il richiamo è stato nazionale...
R. - Direi che era inevitabile che uno
sguardo sulla situazione della Toscana portasse il Santo Padre a uno sguardo sulla
situazione dell’intero Paese. Peraltro, proprio la storia dell’Umanesimo, che trae
le suo origini in questi nostri posti, era un’occasione per dire che un tempo, da
radici di fede, è nata una civiltà che ha posto l’uomo al centro e che dunque, oggi,
le stesse radici di fede possono riportare un’attenzione alla persona umana, oltre
alle disfunzioni di un progresso che ha messo da parte l’uomo per ricercare altre
finalità. È interessante notare come, tra tutte le cose che il Papa ha detto a Sansepolcro,
quella che abbia raccolto un irrefrenabile applauso da parte della gente sia stato
l’accenno ai giovani: c’è una forte responsabilità nel momento in cui il Papa ci chiama
al fatto che la parola che pronunciamo e la testimonianza che diamo sia effettivamente
un messaggio di speranza per le nuove generazioni.
D. - Il ritratto che viene
fatto dell’Italia, come un ritratto di disaffezione a certi valori, non risponde completamente
alla verità: la speranza è molto viva e lo si vede da queste reazioni...
R.
- La presenza di così tanta gente, la reazione ai passaggi fondamentali del discorso
del Papa, l’affetto mostrato verso la sua figura, ci dicono che se noi come il Santo
Padre offriamo parole, gesti di speranza, noi siamo ancora in grado di far risorgere
questa società: che è una società ferita, ma non è una società abbattuta.
D.
- “Nonostante il brutto tempo, il nostro cuore è pieno di luce e di gioia”, ha detto
Benedetto XVI. Purtroppo però è saltato l’incontro a La Verna...
R. - Da qualche
battuta nel dialogo con lui, ho colto che questo era forse l’appuntamento che egli
aspettava di più e che quindi speriamo possa quanto prima rinnovare tra noi.