2012-05-13 09:33:15

Nucleare: nuova tornata di colloqui Aiea-Iran


Riprendono a Vienna i colloqui tra l’Aiea, l’agenzia dell’Onu per l’energia nucleare, e l’Iran. Al centro dell’incontro, che precede i negoziati del 23 maggio a Baghdad, il programma atomico iraniano di arricchimento dell’uranio. Le posizioni appaiono ancora distanti: alle accuse di utilizzo militare del nucleare, Teheran risponde di non avere alcuna intenzione di fermare la propria attività, che - afferma - ha essenzialmente scopi civili. Sui possibili sviluppi di questa nuova fase di colloqui, Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali:RealAudioMP3

R. - Sul fronte positivo c’è da dire che ormai sono finite le elezioni interne iraniane, e quindi gli equilibri di forza nel Paese dovrebbero essere stabilizzati. Se la leadership che ha la nuova maggioranza, che, è quella degli ayatollah e non più quella del presidente Ahmadinejad, ha effettivamente intenzione di arrivare ad un accordo, lo può fare senza temere contraccolpi politici importanti, che avrebbe avuto nella fase elettorale. Il momento, da questo punto di vista, è favorevole, però non sappiamo ancora quanto l’Iran sia effettivamente disposto a concedere, quanto voglia andare avanti o quanto, invece, non preferisca mantenere questa sua ambiguità di fondo - che finora ha sempre caratterizzato il suo atteggiamento - per quanto riguarda il suo programma nucleare. Mi auguro che le discussioni portino a qualcosa di concreto e tangibile, perché altrimenti la situazione rischia di peggiorare rapidamente.

D. - L’Iran è un Paese che si sente minacciato e se sì, da chi?

R. - Più che minacciato, l’Iran si sente isolato, anche se gli eventi in Iraq hanno, in qualche maniera, diminuito i suoi timori e, tutto sommato, anche gli sviluppi in corso nella regione, come anche in Afghanistan. Malgrado il timore di un ritorno dei talebani, che non sono certo amici dell’Iran, dovrebbe esser diminuita la percezione di rischio di un dominio degli Stati Uniti. L’Iran, però, ha forti ambizioni regionali, e quello che sta accadendo in Siria rischia di indebolirlo in maniera notevole. I leader iraniani dovrebbero calcolare che affermare questo ruolo attraverso la minaccia nucleare rischia, al contrario, di accrescere la loro vulnerabilità invece di diminuirla, sia ad attacchi eventuali da parte di Israele o di altri e sia perché alimenta il desiderio, degli altri Paesi del Golfo, di allearsi con potenze nemiche o, comunque, avversarie dell’Iran per garantire la loro sicurezza e per bilanciare un’eventuale crescita di potenza dell’Iran stesso. Questo è un calcolo che va fatto sul fronte della politica reale che, in qualche modo, gli iraniani dovranno fare. Non sappiamo bene come percepiscano questo calcolo: l’impressione, finora, è che siano stati abbastanza avventuristi, nel senso che hanno pensato che, attraverso un misto di minacce e di attività non controllate, potessero aumentare il numero di carte nelle proprie mani. Secondo me l’Iran è giunto alla fine di questo gioco, per cui dovrebbe proprio cambiare tattica, ma non so se ne abbia la capacità e la volontà.

D. - Alla base di tutto c’è, comunque, una legittima pretesa, da parte dell’Iran, di sviluppare il nucleare a scopi civili…

R. - Quello sicuramente. E’ la garanzia che si esplicita nel trattato di non proliferazione, di cui l’Iran fa parte. Teheran ha questo diritto. Diciamo però che dovrebbe esercitarlo sotto ispezione internazionale, giustificando e motivando perché avrebbe bisogno di certe quantità di uranio arricchito per un programma scientifico o anche industriale di sviluppo del nucleare, dal momento che non ha centrali nucleari - eccetto una - e non ha un’industria di costruzione delle centrali. Per cui, l’Iran dovrebbe chiarire questa ambiguità. Per il momento, l’importanza di questo programma o è militare o politica, più che di sviluppo dell’energia nucleare vera e propria.







All the contents on this site are copyrighted ©.