2012-05-12 15:11:26

Nelle Mauritius, cattolici e anglicani uniti contro l’aborto


L’aborto non è una soluzione. Essenziale, invece, sostenere le donne incinte in difficoltà: così, in sintesi, cattolici e anglicani delle Isole Mauritius scrivono in una lettera aperta ai parlamentari del Paese. Il 4 maggio scorso, infatti, il governo locale ha annunciato la decisione di presentare un progetto di legge che autorizzerebbe l’aborto in alcuni casi specifici: quando la gravidanza comporta, per la donna, il rischio della vita o di conseguenze gravi e permanenti sulla sua salute fisica e mentale; in caso di malformazioni del feto; se la donna resta incinta dopo un’aggressione sessuale, oppure ad un’età inferiore ai 16 anni o, ancora, in caso di incesto. Nella missiva congiunta, il vescovo cattolico di Port-Louis, Maurice Piat, e il suo omologo anglicano, Ian Ernest, affermano di “non voler in alcun modo imporre una dottrina religiosa, ma piuttosto contribuire al progresso della società”. Quindi, punto per punto, cattolici ed anglicani ribattono alle clausole poste dal progetto di legge: in caso di rischio della vita della donna, scrivono, “il ricorso al parto cesareo è la soluzione più indicata”, mentre le possibili conseguenze sulla salute della donna sono “rischi e non certezze” ed “è molto difficile legiferare sui rischi”. Quanto alle possibili malformazioni del feto, la lettera ribadisce che permettere l’aborto in questi casi significherebbe “rifiutare di lasciar vivere una persona con un handicap fisico o mentale”. Al contrario, “un bambino disabile ha diritto ad una tutela maggiore da parte della società, poiché anche lui ha un contributo di saggezza da apportare” nel mondo. Riguardo, poi, alle donne che rimangono incinte in circostanze difficili, cattolici e anglicani sottolineano che “la vita umana resta una vita umana, innocente, fragile, della quale tutti siamo responsabili”. Di qui, “il dovere di sostenere le donne che si trovano in tali situazioni, così da dare loro la possibilità di assumersi le loro responsabilità di madri con dignità”. Con particolare riferimento alla clausola riservata alle minori di 16 anni, mons. Piat ed il Rev. Ernest affermano che “permettere l’aborto in questi casi equivarrebbe a fare dell’interruzione volontaria di gravidanza un metodo di contraccezione e ciò significherebbe banalizzare la soppressione della vita e disumanizzare i giovani”. La missiva prosegue ricordando che “la vita comincia e deve essere rispettata sin dal concepimento”, il che implica massima severità nei confronti di chi “fa pressione sulle donne perché abortiscano” e nei confronti dei “medici che cercano, attraverso la pratica dell’aborto, un modo facile per arricchirsi”. In alternativa a tale progetto di legge, cattolici ed anglicani propongono, invece, una normativa “che abbia a cuore lo sviluppo umano dei cittadini”, promuovendo quindi “una maggiore educazione alla vita affettiva e alla sessualità, intesa come linguaggio dell’amore vissuto nell’impegno del matrimonio”. Necessarie anche “delle reti di solidarietà per le donne e le giovani in difficoltà” e per questo lo Stato viene invitato a “sostenere finanziariamente gli organismi che offrono sostegno ed ascolto alle ragazze incinte in situazioni complicate”. Dal canto loro, le Chiese si dicono “felici di poter lavorare insieme al governo e alle organizzazioni non governative in questo settore”. E ancora: cattolici e anglicani chiedono di “semplificare le procedure di adozione nel Paese per facilitare l’accoglienza dei bambini da parte di coppie disposte ad impegnarsi in quest’ambito”. Infine, la lettera si conclude con un richiamo forte: “Nessuno ha alcun diritto sulla vita umana, ma soltanto una responsabilità nei confronti di essa”. Perciò, al di là delle divisioni politiche, maggioranza e opposizione vengono esortate a votare il progetto di legge “secondo coscienza, una coscienza illuminata dalla saggezza umana” (I.P.)







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