Rom e Sinti in Italia, superare pregiudizi e discriminazioni
Rom, Sinti e Camminanti in Italia sono circa 200mila. Le condizioni in cui vivono
e il riconoscimento della loro identità e cultura sono molto problematiche. A sottolinearlo
è un’indagine conoscitiva svolta dall’Opera Nomadi, associazione di volontari volta
a promuovere la comprensione e all'accoglienza dei diversi, presentata a Roma insieme
a Migrantes e la Società italiana medicina migrazioni. Il servizio di Irene Pugliese:
Sono stati definiti
la minoranza più numerosa dell’Unione Europea, ma in Italia rappresentano solo lo
0,3 percento della popolazione. Sono meno di 200mila, ma non esiste alcuna norma che
preveda e disciplini l’inclusione e il riconoscimento delle popolazioni Rom nella
società civile. Il grido di allarme proviene dall'Opera Nomadi che ha svolto un’indagine
conoscitiva sulla situazione di queste popolazioni in Italia. Al centro della relazione,
la discriminazione razziale, l’habitat e la questione principale del lavoro. Suor
Etra Modica è la responsabile ufficio mobilità etnica dell’Usmi, l’Unione superiore
maggiori d’Italia:
"Bisogna partire proprio da quello che loro hanno come
stile di vita, che è poi quello dei piccoli raccoglitori o della raccolta del ferro.
Ci sono adesso dei buoni progetti che stanno iniziando – portati avanti anche da Migrantes
– perché diventino attività lavorative, quindi una forma di riscatto ed una forma
anche di integrazione".
Sono molte le informazioni sbagliate che circolano
su queste popolazioni. Sono pochi gli italiani a sapere che la maggior parte di loro
sono ormai diventati stanziali. Pochi a sapere che la metà dei Rom sono cittadini
italiani e che sono un popolo di giovanissimi: il 60 per cento ha meno di 18 anni
e il 47 per cento ha tra i 6 e i 14 anni, l’aspettativa di vita è bassa, l’età media
si aggira sui 40/50 anni. Ed è solo andando oltre al pregiudizio e lavorando a stretto
contatto con loro che si ottengono i risultati sperati. Ancora suor Modica:
"Molto
spesso le istituzioni si occupano dei Rom, ma non c’è questa partecipazione, questo
loro protagonismo. Invece le religiose, li hanno sempre resi attivi, protagonisti
della loro storia, delle scelte, nelle risoluzioni dei conflitti, questo essere proprio
'con' Rom e Sinti. Se c’è un trattamento di parità - dove noi siamo uguali, dove non
sei l’estraneo, pur portando una cultura che può rimanere 'estranea' se non la conosciamo
- la condivisione è paritaria ed il loro coinvolgimento è diretto. Poi naturalmente
l’integrazione passa per le strade che valgono anche per noi: la scuola, il rispetto
delle regole, il lavoro... soprattutto questo, trovare con loro soluzioni".
Ma
la risoluzione del problema dell’integrazione e di quello lavorativo non può che partire
dalla questione abitativa, come spiega Carlo Stassola, delegato della Fondazione
Migrantes:
"Il passaggio verso un lavoro può passare solamente attraverso
un superamento del campo, quindi le politiche lavorative possono essere fatte, se
accompagnate da politiche di superamento del campo. Se questo viene fatto – insieme
a politiche di inserimento scolastico, di superamento di quelli che sono i pregiudizi
e gli stereotipi dei Rom – si possono conseguire, come in altri Paesi – pensiamo alla
Spagna – dei successi".