Concerto offerto al Papa dal presidente Napolitano, nel segno di una “profonda condivisione
di ansie e di intenti"
Un clima di grande cordialità ha caratterizzato il concerto offerto ieri sera, in
Aula Paolo VI, dal presidente della Repubblica Napolitano a Benedetto XVI, nel settimo
anniversario di Pontificato. Prima un incontro privato tra i due, poi lo scambio di
doni, un violino e una partitura dell’800, offerti dal Quirinale. Il Papa a sua volta,
ha conferito al direttore d’orchestra Riccardo Muti una speciale onorificenza per
la diffusione della musica sacra. In programma il Magnificat in sol minore di Antonio
Vivaldi; Stabat Mater e Te Deum, dai Quattro pezzi sacri, di Giuseppe Verdi. Protagonisti
Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma. Il servizio di Gabriella Ceraso:
"Un concerto
tutto italiano" quello che il presidente ha offerto al Papa: direttori, esecutori,
autori e strumenti, gli eccezionali archi d’epoca provenienti da Cremona. Un modo,
così Napolitano introducendo la serata, per ringraziare Benedetto XVI per la sollecitudine
e la fiducia che mostra per le sorti dell’Italia. D’altra parte “una profonda condivisione
di ansie e di intenti” per i travagli del mondo - che progredisce, ma che porta anche
con sé il peso di regressioni e antichi flagelli - dice il Capo dello Stato, segna
sempre più il rapporto con la Santa Sede. Napolitano cita le allarmanti persecuzioni
contro i cristiani in Medio Oriente e la crisi economica:
“In un momento
difficile come questo, aggiunge Napolitano conforta l’attenzione del Papa all’unità
europea e alla lettura etica della crisi che chiede di perseguire nuovi parametri
di benessere”.
Temi affrontati anche nel cordiale colloquio prima del concerto,
in cui il Papa ha assicurato il suo affetto per l'Italia e la sua vicinanza in questo
"momento arduo e impegnativo". Poi la musica e il Papa va al cuore delle opere ascoltate
a partire dalla fede del prete rosso, Vivaldi, espressa nel suo Magnificat:
“Il
Magnificat che abbiamo ascoltato è il canto di lode di Maria e di tutti gli umili
di cuore, che riconoscono e celebrano con gioia e gratitudine l’azione di Dio nella
propria vita e nella storia; di Dio che ha uno «stile» diverso da quello dell’uomo,
perché si schiera dalla parte degli ultimi per dare speranza”.
Se lode,
ringraziamento e meraviglia di fronte all’opera di Dio segnano la musica di Vivaldi,
osserva Benedetto XVI, il registro cambia nei due pezzi sacri di Verdi:
“Stabat
Mater dolorosa. Il grande Operista italiano, come aveva indagato ed espresso il dramma
di tanti personaggi nelle sue opere, qui tratteggia quello della Vergine che guarda
al Figlio sulla Croce. La musica si fa essenziale, quasi si «afferra» alle parole
per esprimerne nel modo più intenso possibile il contenuto, in una grande gamma di
sentimenti”.
Pietà, supplica, anelito di gloria si alternano nello Stabat
Mater; “un susseguirsi di contrasti poi nel Te Deum, letto così da Verdi, spiega il
Papa, e non tanto come il canto delle vittorie o delle incoronazioni:
“...
l’esultanza iniziale - «Te Deum», «Sanctus» -, la contemplazione del Cristo incarnato,
che libera e apre il Regno dei Cieli, l’invocazione all’«Judex venturus», perché abbia
misericordia, e infine il grido ripetuto dal soprano e dal coro «In te, Domine speravi»
con cui si chiude il brano, quasi una richiesta dello stesso Verdi di avere speranza
e luce nell’ultimo tratto della vita”.
Sulla scia di questi sentimenti
la preghiera di congedo del Papa ai presenti:
“Cari amici, mi auguro che
questa sera possiamo ripetere a Dio, con fede: In te, Signore, ripongo, con gioia,
la mia speranza, fa’ che ti ami come la tua Santa Madre, perché alla mia anima, al
termine del cammino, sia data la gloria del Paradiso”.