2012-05-10 08:06:09

Siria: due nuovi attentati a Damasco. Decine le vittime


Due potenti esplosioni, probabilmente autobombe, hanno scosso stamani la capitale siriana. Due alte colonne di fumo, stando a quanto riferito dai giornalisti presenti a Damasco si levano dal centro della città, già colpita nei giorni scorsi da una serie di attentati. Almeno 40 i morti e 170 i feriti. Gravi danni anche alla vicina cattedrale melkita e ad altri edifici. Intanto, cresce la protesta internazionale per l’attacco dinamitardo contro gli osservatori Onu diretti a Daraa nel sud del paese. Il servizio di Marina Calculli: RealAudioMP3

Ma sentiamo subito la testimonianza dal luogo degli attentati di stamani a Damasco la testimonianza del collega Cristian Tinazzi, free lance che si trova in Siria, intervistato da Giancarlo La Vella: RealAudioMP3

R. - E’ uno scenario terrificante, che ricorda gli attentati dinamitardi in Iraq. C’è un’arteria di grande traffico che è stata colpita, di fronte ad una caserma: l’esplosione, che deve essere stata di notevoli proporzioni, anzi, le molteplici esplosioni che si sono sentite fortissimo questa mattina, verso le 7.30, 7.45 - hanno provocato decine di morti. Su questa strada, che è molto trafficata ed è una delle arterie che porta dentro e fuori Damasco, c’erano decine di mezzi che stavano passando, tra cui camion e autobus che trasportavano civili. Per quanto riguarda le vittime, si parla anche di molti bambini: l’esplosione ha colpito anche un palazzo, sventrandolo.

D. - Si sta cercando di capire chi possa esserci dietro questi attentati, che stanno mutando non poco lo scenario politico in Siria…

R. - Sì, certo. Il governo accusa l’esercito di liberazione siriano e quest’ultimo rimpalla la responsabilità al governo, ma è evidente che c’è sotto qualcos’altro, in questa situazione. C’è stato un salto di livello nella violenza e si è passati da 48 ore alle bombe e agli attacchi ai militari. Qui è pieno di folla che sta scandendo slogan pro-governativi. Comunque si suppone possano esserci infiltrazioni di jihadisti, o comunque di gruppi terroristici, che compiono attentati di questo tipo. L’attentato di oggi è davvero incredibile, non era mai accaduto, prima, un attentato del genere qui in Siria. Forse si tratta di una risposta alle parole dette ieri dal generale Mood, il quale, dopo l’attacco al convoglio Onu, aveva appunto affermato che chiunque pensa di risolvere la situazione portando più bombe, più violenza e più caos, ha sbagliato strada. L’unica via è il piano in sei punti delle Nazioni Unite e quello devono seguire i siriani, perché solo a loro tocca decidere la sorte del Paese.

D. - Possiamo dire che, dopo le ultime 48 ore, in Siria, è ufficialmente iniziata la guerra civile?

R. - Gran parte del Paese è ormai militarizzata e anche gli attentati che vengono commessi - come quello avvenuti ieri - sono fatti da persone esperte e non più da civili che si organizzano in maniera approssimativa, armandosi, per poter resistere alla repressione del regime. Questo segnale, purtroppo, è molto inquietante e quello che tutti non sperano - l’inizio di una vera e propria guerra civile in tutto il Paese - potrebbe invece avverarsi.


In questo scenario, il Paese aspetta i risultati ufficiali delle elezioni parlamentari di lunedì. Consultazioni salutate con favore da Damasco e giudicate una farsa dall’opposizione. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Alberto Ventura, docente di Storia dei Paesi Islamici all'Università di Cosenza:RealAudioMP3

R. – E’ chiaro che, in questo clima, le elezioni hanno dei significati che non possono essere considerati come nelle situazioni di normale democrazia. I dati sull’affluenza sono incerti: da una parte abbiamo visto la rappresentazione tipica del regime, che ci ha mostrato file e code piuttosto sostenute davanti ai seggi elettorali; dall’altra l’opposizione ribadisce che - soprattutto nelle città ribelli e martoriate dalla repressione del governo – i seggi sono andati praticamente deserti. Naturalmente non lo sapremo ancora per qualche giorno e poi dovremo verificare se i dati elettorali che ci verranno forniti saranno effettivi, credibili o meno. Questo per quanto riguarda la situazione interna del Paese. Direi però che, ancor di più, le elezioni siriane si presentano in realtà come un puzzle internazionale: al di là dell’esito di questi seggi, di chi sarà eletto con queste elezioni, la situazione è sempre più in mano a forze internazionali.

D. – Sulla situazione incideranno anche le elezioni russe e quelle francesi?

R. – Le elezioni presidenziali in Francia o la riconferma di Putin in Russia possono influire notevolmente sulla situazione e sembrerebbero rafforzare, in un certo senso, anche il regime che aveva – da una parte – in Putin un amico e – dall’altra – in Sarkozy un nemico e che quindi potrebbe giovarsi di questa situazione.

D. – Poi c’è il ruolo che hanno Iran e Turchia?

R. – Sono i due nuovi attori emergenti nell’ambito del Medio Oriente, che stanno sostituendo ormai un mondo arabo completamente in crisi, una Lega Araba che non ha più nessun potere. La Siria, in questo scacchiere, è uno degli elementi più importanti per il futuro Medio Oriente.

D. – Kofi Annan ribadisce: i trecento osservatori arriveranno entro fine mese. Secondo lei è verosimile un intervento armato nella regione? Quali saranno gli scenari che si apriranno?

R. – Io credo che si confermi un po’ la situazione attuale. La Siria, come sappiamo, non dispone di risorse petrolifere o di altro tipo di risorse tali che possano spingere la Comunità internazionale a interventi decisi. Rimane in una situazione di stallo, in cui si fa un gioco diplomatico abbastanza logorante e nel quale sembra che nessun attore – finora – abbia voluto prendere una posizione decisa. E’ vero che si dice – anche se credo non sia reale – che la Turchia si preparerebbe addirittura ad un intervento militare… Non credo che la questione possa essere risolta in questa maniera. Io credo sostanzialmente che un dato sia acquisito e cioè l’uscita del mondo arabo propriamente detto dallo scacchiere del Medio Oriente. Non che naturalmente gli arabi siano scomparsi, ma certamente hanno perduto talmente tanta della loro possibile influenza; le divisioni interne hanno dimostrato grande debolezza e ormai le decisioni che riguarderanno i futuri assetti del Medio Oriente – almeno a medio termine – sono nelle mani di nazioni, di potenze che sono completamente al di fuori dell’area.

D. – Poi rimane il problema dei profughi e delle vittime: molte le denunce, ma non sembra che si prenda in considerazione la creazione di un corridoio umanitario…

R. – Un fatto gravissimo! Qui siamo attorno ai 10 mila morti e nessuno si muove, nessuno si scandalizza: non c’è una presa di coscienza veramente forte, come è avvenuta invece in altri casi. Mi ricorda un po’ la situazione dell’Algeria, dove siamo dovuti arrivare a 100 mila morti prima che si muovesse qualcosa e anche lì non in maniera particolarmente decisa. Insomma ai nostri confini praticamente, al di là del mare, abbiamo situazioni di vere e proprie tragedie umanitarie, alcune delle quali - se non passano del tutto sotto silenzio - sono minimizzate!







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