2012-05-10 14:41:15

Nei cinema "Isole": storie di solitudini guarite sullo sfondo delle Tremiti


Stefano Chiantini porta sugli schermi "Isole", un film di grande spessore narrativo e morale: tre storie che acquistano senso e importanza nel momento in cui entrano in rapporto tra loro per trovare una collocazione in un mondo difficile e chiuso. Anteprima questa sera al Nuovo Sacher di Roma, domani uscita in poche città, mentre dal 16 al 25 maggio potrà essere scaricato in modo legale dal sito Repubblica.it. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3

La storia di "Isole" ha un suo fascino rude, come le pietre delle isole Tremiti dove il film è stato girato e sulle quali pochi personaggi svelano le loro paure, debolezze e virtù. Sono un vasto spettro di umanità e di solitudine che si riflette in quel mare, mentre sulla terra rocciosa nascono nuove accoglienze e dignità rispettate. Stefano Chiantini ci ha davvero messo l’anima per scriverlo e girarlo, intersecando le vite dei tre protagonisti, tra i quali un anziano sacerdote interpretato da un intenso Giorgio Colangeli. Tre isole umane, dunque, nelle isole del mare per un racconto intenso di vita, come spiega il regista:

R. – Diciamo che lo sviluppo delle tre storie personali prendono senso, acquistano importanza, nel momento in cui entrano in rapporto tra di loro. Ci piaceva proprio raccontare come poi, nei rapporti interpersonali, possa rinascere l’unità, la speranza, per trovare la collocazione in quello che è un mondo disorientato e disorientante come quello attuale. Lì nasce la storia di questi tre personaggi, di queste tre isole, tre personaggi soli per motivi diversi: uno perché straniero, e quindi rifiutato dalla società con la quale si trova a contatto, l’altro considerato borderline per vicende personali, e il terzo solamente perché reso un po’ ruvido dal tempo che è passato e dalla vita.

D. – Don Enzo, anziano, rude, malato, accoglie nella sua casa Martina e Ivan, riuscendo a infondere loro una speranza e il gusto per la vita. Il suo carattere nasconde cuore e carità...

R. – Assolutamente sì. Perché è una ruvidezza solo apparente, una ruvidezza che invece, dietro, nasconde una grandissima sensibilità. A me piaceva pensare mentre scrivevo il personaggio di don Enzo, a un parroco del mio paese di provincia: un parroco molto spigoloso, apparentemente molto duro, ma invece pronto a dare consigli a stare vicino. Mi piaceva pensare ad un tipo di prete così: molto umano, molto vero, e anche un po’ anticonvenzionale.

D. – Non c’è dubbio che il suo film richiami problemi attuali con i quali si confronta la nostra società...

R. – Il film parla di amore, parla di rapporti personali e di come questi riportino dignità alle cose. Penso che questi siano aspetti sempre attuali e che in questo momento siano l’unico modo per superare tutti i problemi che la nostra società si trova ad affrontare: problemi sociali, di accettazione dell’altro... Penso che mostrando amore, come elemento che muove le cose e che le unisce, si possano svelare certe cose. In questo, sono un’attualità importante. Spero soprattutto che tutto questo succeda, che si pensi ai rapporti interpersonali, al dialogo e all’amore come a elementi determinanti.







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