La Giornata della Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa
In tutto il mondo si è celebrata ieri la Giornata mondiale della Croce Rossa e della
Mezzaluna Rossa. 98 milioni i volontari in tutto il mondo che operano a favore di
chi ha più bisogno, impegnati sui fronti di crisi e di guerra, dai conflitti più mediatizzati,
come quello in Siria, alle crisi umanitarie più dimenticate come quella che vivono
le popolazioni di Haiti, del Mali o del Niger. Francesca Sabatinelli ha intervistato
Bijan Farnoudi, del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) a Ginevra:
R. – We started
last 12 months… Abbiamo iniziato gli ultimi 12 mesi affrontando le massicce crisi
umanitarie in Libia e in Costa d’Avorio, allo stesso tempo abbiamo avuto una riduzione
di bilancio che ci ha reso impossibile, a noi come ad altre organizzazioni umanitarie,
di essere pienamente operativi ovunque, come avremmo voluto. In questo momento siamo
molto attivi in Siria: proprio oggi (ieri - ndr) il presidente del Comitato internazionale
della Croce Rossa, Jakob Kellenberger, ha lanciato un appello chiedendo circa 20 milioni
di euro per finanziare l’aumento delle nostre operazioni umanitarie in Siria.
D.
- In Siria, nel gennaio scorso, è stato ucciso il segretario generale della Mezzaluna
Rossa locale. Qual è la situazione che vi trovate ad affrontare in questo Paese?
R.
– Well, the current situation… Attualmente, in Siria la popolazione civile è intrappolata
tra le varie parti che portano avanti la violenza. E’ molto difficile per le famiglie
siriane riuscire a raggiungere l’ospedale locale senza correre il rischio, almeno
in alcune zone, di finire in mezzo al fuoco incrociato. Il risultato di questo sono
le vittime: chi rimane ferito dai proiettili, chi salta su una mina. La vera tragedia
umanitaria comunque riguarda le donne in gravidanza, i bambini malati, chi deve essere
operato di appendicite, chiunque debba recarsi da un medico o in ospedale per ricevere
cure e assistenza, come chiunque al mondo. Queste persone, spesso, aspettano fino
all’ultimo secondo prima di lasciare la loro casa per cercare aiuto, perché in alcune
zone delle città è molto pericoloso circolare, guidare, nelle strade.
D. –
Quali sono le zone a maggior rischio per gli operatori della Croce Rossa?
R.
– There are several dangerous areas… Ci sono diverse zone pericolose nel mondo.
Ovunque ci sia violenza armata, c’è pericolo. La strategia che il Cicr mette in atto
per garantire la sicurezza dei suoi operatori è il “farsi accettare”. Noi non viaggiamo
con guardie armate al seguito o a bordo di auto blindate: noi ci muoviamo con i nostri
vecchi fuoristrada indifesi, protetti soltanto dall’“approvazione” che le popolazioni
ci riservano. Questa “approvazione” significa che noi riusciamo ad avere accesso in
luoghi come Afghanistan, Sudan, laddove molte altre organizzazioni non riescono ad
arrivare. Anche noi, comunque, non siamo al riparo dai problemi legati alla sicurezza.
Purtroppo, molto di recente, un nostro collega, un medico, è stato ucciso in Pakistan
(Khalil Rasjed Dale, 60 anni, medico del Cicr rapito in gennaio, il suo corpo è stato
ritrovato il 29 aprile a Quetta, nel sud-ovest del Pakistan - ndr). Questo dimostra
come oggi alcune zone di conflitto siano estremamente pericolose, persino per la Croce
Rossa.
D. – E’ importante ricordare anche le zone del mondo in cui voi operate,
ma che sembrano del tutto dimenticate dall’opinione pubblica internazionale …
R.
– Especially Mali… Il Cicr in questo periodo guarda con grande preoccupazione
soprattutto alla situazione in Mali. A partire dallo scorso gennaio, la crisi nel
nord del Paese impedisce alla popolazione l’accesso alle cure, al cibo, all’acqua
potabile. In aprile, ci sono stati violenze e saccheggi, il Cicr e la Croce Rossa
del Mali cercano di andare incontro ai bisogni più urgenti delle persone. Bisogna
però dire che si tratta di una zona che non riceve l’attenzione internazionale così
come altri luoghi del mondo, nonostante i bisogni negli ultimi mesi siano aumentati
drammaticamente.