2012-05-09 08:07:21

Hollande avvia i contatti con la Merkel


In Francia ha già preso il via l’era Hollande, neo presidente. Ieri, in occasione della festa nazionale per la vittoriosa conclusione della 2^ Guerra Mondiale, il capo dello Stato e quello uscente Sarkozy si sono stretti la mano in un’ideale passaggio di consegne all’insegna dell’unità del Paese. Imponente la folla all'Arco di Trionfo. Da Parigi, Francesca Pierantozzi: RealAudioMP3

Il Vecchio Continente reagisce alla crisi economica e modifica il quadro politico in diversi Paesi. In Francia, innanzitutto, ma anche in Grecia, e per diversi motivi anche in Italia. Preoccupante, in taluni casi, la vittoria di partiti estremisti, accompagnata dalla caduta di quelli tradizionali. Come definire, complessivamente, il cambiamento in atto? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Carlo Secchi, docente di Politica Economica Europea all’Università Bocconi di Milano: RealAudioMP3

R. - E’ un chiaro sintomo del fatto che le pur necessarie politiche di rigore e di risanamento dei conti pubblici, attraverso la disciplina fiscale, non sono state percepite nella loro giusta dimensione da parte dell’elettorato: sui piatti della bilancia non sono stati correttamente messi i sacrifici cui si va tutt’ora incontro e i gravissimi rischi che si andavano altrimenti correndo.

D. - Si può parlare in tutti questi casi di voto di protesta o c’è una richiesta di cambiamento reale, che va oltre?

R. - In buona parte è un voto di protesta, perché non mi pare siano emerse proposte alternative. Certamente un voto che sottolinea anche la domanda di crescita: da parte di tutti coloro che hanno responsabilità. Si cerca il più possibile di coniugare effettivamente il rigore con le esigenze della crescita. D’altro canto senza crescita, abbiamo un boomerang sui conti pubblici a prescindere da ogni altro considerazione, in quanto il gettito fiscale ne soffre e la spesa pubblica tende a dilatarsi. Quindi il classico cane che si morde la coda!

D. - Scendendo più nello specifico, la Germania - la "locomotiva di Europa" - cerca di ristabilire gli equilibri con la Francia: la Merkel insiste sul rigore mentre il socialista Hollande ha una visione differente. Su quali punti Parigi e Berlino potranno trovare un accordo?

R. - Diciamo che la domanda di rigore da parte della Germania è coerente con l’attuale situazione in cui, nonostante il recente Trattato sulla disciplina fiscale - noto come “fiscal compact” - quello di inizio marzo, di fatto gli Stati rimangono in larga misura autonomi e quindi occorrono delle garanzie formali, procedurali che attuino poi dei comportamenti corretti, dei comportamenti virtuosi. Il passo in avanti che si può compiere è dal punto di vista politico, e cioè di misure nella direzione di una maggiore unificazione europea: se si va nella direzione di più Europa è anche possibile insistere meno sulle regole e dedicarsi di più ai comportamenti, che diventano responsabilità di autorità comuni.

D. - In Grecia, altro Paese in cui si è votato, la situazione è differente: ovviamente qui la crisi ha avuto un forte impatto sui cittadini che hanno voluto punire i partiti tradizionali e ora vogliono un cambiamento reale. Si ascolteranno, secondo lei, le loro richieste?

R. - Anche lì siamo in una situazione in cui chiaramente l’elettorato dimostra, attraverso la sua radicale protesta, di non aver capito il rischio di fronte al quale si trova il Paese a fronte dei sacrifici imposti. Rispetto alle tradizionali ricette, basate sulla svalutazione e sull’inflazione, qui si è dovuto - per conseguire gli stessi risultati in una situazione di cambi fissi - perseguire la strada delle riduzione dei redditi reali, dei prezzi e così via… Tutto questo non è stato assolutamente capito: è stato visto come quasi fosse una ingiustizia e non come l’amara medicina indispensabile per poter cercare di guarire. Che cosa farà la Grecia? Questo è difficile dirlo, ma la sensazione che si ha è quella di un elevato rischio di ingovernabilità. C’è da auspicare che prevalga un po’ di saggezza e che si mettano veramente in conto gli interessi di lungo periodo del Paese: la paventata uscita dall’Euro, di cui qualcuno parla, sarebbe un disastro per la Grecia in primis, ma anche per il resto dell’Europa. Una situazione certamente molto difficile, che dimostra come politiche di austerità o sono condivise o diventano un boomerang.

D. - E veniamo all’Italia, dalle cui urne è uscito un voto di protesta: ma quanto questo risultato è stato determinato dalla crisi economica e quanto - secondo lei - dal vento dell’antipolitica che soffia nel Paese?

R. - E’ un po’ tutte e due le cose. Io credo che i tradizionali partiti politici abbiano fatto di tutto per aggravare la propria situazione. Non riesco a capire, ad esempio, perché misure richieste a gran voce, come i tagli al finanziamento pubblico ai partiti, siano state rinviate a dopo le elezioni! C’è anche un voto di protesta, non delle stesse dimensioni di quello che avviene in altri Paesi, Grecia in primis, ma dove non si capisce che i sacrifici richiesti - seppur importanti - sono di nuovo per evitare guai molto, molto maggiori.







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