2012-05-06 10:56:37

Nord Kivu. La guerra per le risorse mette a rischio la vita di 2 milioni di persone


E’ un conflitto sempre più dimenticato quello in corso da anni nel nord del Kivu, regione ricca di risorse naturali della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), a ridosso dei confini di Rwanda e Uganda. Nonostante gli accordi del 2009 per l’assorbimento dei movimenti di guerriglia nelle fila dell’esercito, nel nord del Kivu si continua a combattere per il controllo delle risorse. E a farne le spese sono ancora una volta gli abitanti civili, costretti a fuggire dalla guerra e dai soprusi. Lo spiega padre Loris Cattani, missionario saveriano della Rete Pace per il Congo, intervistato da Stefano Leszczynski:RealAudioMP3

R. – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) parla di un aumento degli sfollati nel numero di 241 mila in questi primi tre mesi dell’anno, per cui adesso gli sfollati nel Nord Kivu ammontano ad oltre due milioni.

D. – Qual è la situazione nella regione?

R. – Questa situazione si deve soprattutto alle operazioni militari che l’esercito congolese sta conducendo contro i gruppi armati nazionali, che non sono stati integrati nell’esercito regolare, e gruppi stranieri: in particolar modo, la Formazione democratica di liberazione del Rwanda e l’Esercito del signore ugandese.

D. – Perché questa è una regione così strategica da un punto di vista militare?

R. – Questa crisi che il Kivu sta vivendo – e che si cerca di far passare come la conseguenza di una diserzione di massa degli ex appartenenti al Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp) – in realtà nasconde la questione del controllo della parte orientale della Repubblica Democratica del Congo da parte del regime rwandese. Fin quando non si risolve questo problema, sarà difficile che migliorino le condizioni. L’est del Kivu è molto ricco di minerali e gli stessi esperti dell’Onu incaricati per il Congo continuano a denunciare il commercio illegale dei minerali, che passa proprio attraverso il Rwanda e l’Uganda.

D. – Quindi, in sostanza, è una situazione che può essere risolta soltanto con il contributo della comunità internazionale...

R. – Io non so. La comunità internazionale, a dire il vero, è molto ambigua sulla questione. Sono anni che si parla di un “piano Cohen” e del “piano Sarkozy”, che teorizzano una condivisione delle ricchezze minerali e la creazione di un mercato comune. Un’ipotesi che ritengo corretta, certo, ma che deve rispettare i diritti del popolo congolese. Non si tratta di liberalizzare il commercio a favore di Paesi stranieri, a favore delle multinazionali. Si tratta di regolarizzare questo mercato e quindi renderlo trasparente.







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