2012-05-05 14:29:57

I cristiani mediatori di pace in Medio Oriente. Il cardinale Tauran: guerra, sconfitta per l'umanità


Il ruolo dei cristiani mediorientali nel dialogo tra Oriente e Occidente. Questo il tema della giornata culturale della comunità maronita romana, che si è svolta al Pontificio Collegio Maronita di Roma. L’incontro è stata un’occasione per parlare del ruolo dei cristiani nell’attuale crisi mediorientale e dell’attesa per il viaggio del Papa in Libano il prossimo settembre. Il servizio di Michele Raviart:RealAudioMP3

Discendenti della prima Chiesa di Gerusalemme e abituati a vivere insieme alle altre grandi confessioni monoteiste, i cristiani d’Oriente sono eredi di un patrimonio culturale indispensabile per un dialogo fecondo tra Occidente e Medio Oriente. Un’area in cui la libertà di culto è formalmente garantita ovunque, tranne che in Arabia Saudita, ma in cui è virtualmente impossibile convertirsi al cristianesimo e accedere alla vita politica. Fa eccezione, in questo contesto, il caso del Libano, Paese finora estraneo alle rivoluzioni del mondo arabo, e in cui il presidente della repubblica è tradizionalmente un membro della comunità cristiana maronita, Chiesa Orientale da sempre in comunione con Roma. Una divisione di poteri tra le varie confessioni, che può servire da modello per la risoluzione delle crisi nell’area, come ci spiega mons. Paul Matar, arcivescovo di Beirut:

"Il Libano rappresenta un’esperienza molto importante di apertura e di coesistenza islamo-cristiana. Di conseguenza se i siriani vogliono trovare una soluzione ai loro problemi, bisogna che accettino di vivere insieme. Se gli egiziani si vogliono aprire alla modernità, devono convivere, così come gli iracheni. In Libano abbiamo già vissuto la guerra civile e per fermarla abbiamo parlato insieme, cristiani e musulmani. Perché i siriani non parlano tra di loro e sunniti, alawiti e cristiani non progettano insieme un avvenire per la Siria?".

Il confronto tra monoteismi favorisce una “pedagogia dell’incontro” e allontana la xenofobia, perché l’amore indiviso per l’unico Dio accomuna la “famiglia umana” in una cultura di dignità e sicurezza, ha spiegato il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Un confronto che non vuol dire tuttavia annullamento delle differenze, ma che parte da un’affermazione della propria identità, per poi condividere la propria esperienza con gli altri in vista del bene comune. Il porporato ha quindi ribadito che "mai si può combattere in nome della religione", sottolineando anche che "la Chiesa predica sempre il dialogo e la pace, perché la guerra è una sconfitta per tutta l'umanità. Mai si risolve un problema con la guerra, perché la violenza genera violenza". Ai nostri microfoni ha parlato quindi dell'attesa per l’arrivo di Papa Benedetto XVI in Libano il prossimo settembre, quando sarà presentata l’Esortazione apostolica seguita al Sinodo per il Medio Oriente del 2010. Il cardinale Jean-Louis Tauran:

“Il Papa consegnerà questo documento, che rappresenterà una speranza per i cristiani, che devono sentirsi parte di questa terra del Medio Oriente: sono nati lì; lì hanno le loro radici spirituali; lì sono stati piantati e lì devono fiorire”.

La storia e la geografia hanno fatto sì che cristiani, musulmani ed ebrei condividano lo stesso spazio comune in Medio Oriente, che malgrado le difficoltà, rimane lo scenario decisivo per elaborare un progetto universale di pace.







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