I cristiani mediatori di pace in Medio Oriente. Il cardinale Tauran: guerra, sconfitta
per l'umanità
Il ruolo dei cristiani mediorientali nel dialogo tra Oriente e Occidente. Questo il
tema della giornata culturale della comunità maronita romana, che si è svolta al Pontificio
Collegio Maronita di Roma. L’incontro è stata un’occasione per parlare del ruolo dei
cristiani nell’attuale crisi mediorientale e dell’attesa per il viaggio del Papa in
Libano il prossimo settembre. Il servizio di Michele Raviart:
Discendenti
della prima Chiesa di Gerusalemme e abituati a vivere insieme alle altre grandi confessioni
monoteiste, i cristiani d’Oriente sono eredi di un patrimonio culturale indispensabile
per un dialogo fecondo tra Occidente e Medio Oriente. Un’area in cui la libertà di
culto è formalmente garantita ovunque, tranne che in Arabia Saudita, ma in cui è virtualmente
impossibile convertirsi al cristianesimo e accedere alla vita politica. Fa eccezione,
in questo contesto, il caso del Libano, Paese finora estraneo alle rivoluzioni del
mondo arabo, e in cui il presidente della repubblica è tradizionalmente un membro
della comunità cristiana maronita, Chiesa Orientale da sempre in comunione con Roma.
Una divisione di poteri tra le varie confessioni, che può servire da modello per la
risoluzione delle crisi nell’area, come ci spiega mons. Paul Matar, arcivescovo
di Beirut:
"Il Libano rappresenta un’esperienza molto importante di apertura
e di coesistenza islamo-cristiana. Di conseguenza se i siriani vogliono trovare una
soluzione ai loro problemi, bisogna che accettino di vivere insieme. Se gli egiziani
si vogliono aprire alla modernità, devono convivere, così come gli iracheni. In Libano
abbiamo già vissuto la guerra civile e per fermarla abbiamo parlato insieme, cristiani
e musulmani. Perché i siriani non parlano tra di loro e sunniti, alawiti e cristiani
non progettano insieme un avvenire per la Siria?".
Il confronto tra monoteismi
favorisce una “pedagogia dell’incontro” e allontana la xenofobia, perché l’amore indiviso
per l’unico Dio accomuna la “famiglia umana” in una cultura di dignità e sicurezza,
ha spiegato il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per
il dialogo interreligioso. Un confronto che non vuol dire tuttavia annullamento delle
differenze, ma che parte da un’affermazione della propria identità, per poi condividere
la propria esperienza con gli altri in vista del bene comune. Il porporato ha quindi
ribadito che "mai si può combattere in nome della religione", sottolineando anche
che "la Chiesa predica sempre il dialogo e la pace, perché la guerra è una sconfitta
per tutta l'umanità. Mai si risolve un problema con la guerra, perché la violenza
genera violenza". Ai nostri microfoni ha parlato quindi dell'attesa per l’arrivo di
Papa Benedetto XVI in Libano il prossimo settembre, quando sarà presentata l’Esortazione
apostolica seguita al Sinodo per il Medio Oriente del 2010. Il cardinaleJean-Louis
Tauran:
“Il Papa consegnerà questo documento, che rappresenterà una
speranza per i cristiani, che devono sentirsi parte di questa terra del Medio Oriente:
sono nati lì; lì hanno le loro radici spirituali; lì sono stati piantati e lì devono
fiorire”.
La storia e la geografia hanno fatto sì che cristiani, musulmani
ed ebrei condividano lo stesso spazio comune in Medio Oriente, che malgrado le difficoltà,
rimane lo scenario decisivo per elaborare un progetto universale di pace.