Sudan: tregua tra nord e sud proposta dall'Onu. Timori per la situazione umanitaria
Spiragli di distensione tra Sudan e Sud Sudan. Karthoum si è impegnato a cessare le
ostilità contro Juba in accordo con la risoluzione, approvata ieri dal Consiglio di
sicurezza dell’Onu, che impone la fine degli scontri armati tra i due Paesi entro
48 ore. Non sono però escluse reazioni armate ad eventuali nuove aggressioni. Intanto,
dal punto di vista umanitario, c’è preoccupazione per l’imminente espulsione dalla
città di Kosti, a sud di Karthoum, di circa 15 mila sud-sudanesi. La decisione dell’Onu
rappresenta comunque un primo passo verso la pacificazione? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto a padre Franco Moretti, direttore del periodico dei Comboniani
“Nigrizia”:
R. - Potrebbe
essere una base di partenza, ma questa base appare un po’ traballante. Non mi sembra
di poter dire che ci sarà pace tra i due Paesi entro breve tempo. Il problema è che
noi - quando sentiamo parlare di accordi, trattati di pace o altro - pensiamo che
tutto sia risolto. Ma questo diviene possibile solo se le due parti che siedono intorno
a un tavolo hanno la stessa volontà di smettere di combattere. Sono troppe le questioni
lasciate irrisolte dall’accordo di pace del 2005. Sono anni che il Consiglio di sicurezza
dice a Karthoum e a Juba: “Deponete le armi”, senza riuscire ad ottenere nulla di
positivo. Sia a Nord che a Sud, ci sono migliaia di caschi blu dell’Onu: ma che cosa
fanno? Certo, la situazione è molto difficile. La possibilità di guerra è sempre dietro
l’angolo. Ovviamente, apprezziamo la decisione dell’Onu di intervenire, ma il Palazzo
di vetro dovrebbe intervenire in maniera più decisa.
D. - A questa situazione,
si aggiunge quella umanitaria, altrettanto grave: tra pochi giorni, circa 15 mila
sud-sudanesi potrebbero essere espulsi dal Nord. Un fatto che provocherebbe altre
tensioni..
R. - Ieri, ho incontrato un mio confratello che lavora ormai da
anni a Kosti: lì c’è un porto dove la gente aspetta di prendere un battello per tornare
in patria. Alcuni di questi sud-sudanesi aspettano da oltre un anno. Si parla di 700
mila persone ancora in Nord Sudan, che vorrebbero e dovrebbero tornarsene al Sud.
L’anno scorso, in 350 mila sono già tornati, però molti hanno trovato una nazione
senza strutture, senza scuole, senza ospedali. E allora preferiscono tornare indietro,
anche se oggi la situazione in Nord Sudan per i sud-sudanesi diventa sempre più critica.