Serbia al voto domenica: sfida tra il presidente uscente Tadic e il progressista Nikolic
Elezioni in Serbia domenica prossima. Le urne saranno aperte per le amministrative,
politiche e presidenziali. L’attenzione è tutta rivolta alla sfida per la presidenza.
I due candidati principali sono il leader uscente, candidato del Partito democratico,
Boris Tadic, e quello del Partito progressista, Tomislav Nikolic. Massimiliano
Menichetti ha raccolto il commento di Chiara Longhi che sta seguendole consultazioni per "Osservatorio Balcani":
R. – Tadic è
filoeuropeista e questo è stato anche il modo in cui ha condotto la politica del suo
governo; Nikolic, anche lui ha presentato posizioni europeiste, specialmente negli
ultimi anni, specialmente in campagna elettorale, però diciamo che viene da un partito
che originariamente aveva posizioni più di centrodestra-destra e, addirittura, in
passato, radicali. Tadic è sicuramente un candidato che viene favorito dal fatto che
ha già dato prova di cosa sappiano fare lui e il suo governo. Nikolic può contare
sul fatto che di sicuro c'è un grosso scontento, in questo momento, in Serbia sia
a causa dell’altissimo tasso di disoccupazione, della crisi economica e anche per
la questione del Kosovo. Il Kosovo ha preso la via dell’indipendenza e si sta progressivamente
e de facto distaccando dalla Serbia.
D. – La questione Kosovo è stata
oggetto di campagna elettorale ed ha generato tensione tra Belgrado e Pristina …
R.
– Sì, perché si è parlato della opportunità o meno di permettere anche ai serbi residenti
in Kosovo di votare. Il problema nasce dal fatto che, appunto, il Kosovo si è dichiarato
indipendente però ci sono alcuni comuni, a Nord del Kosovo, che non riconoscono le
autorità di Pristina e che desidererebbero rinnovare le loro amministrazioni locali
perché il 6 maggio si voterà anche per le amministrative. Questo non succederà, o
meglio: il governo di Belgrado ha deciso che non organizzerà le elezioni amministrative,
però tutto questo fermento elettorale e, appunto, il fatto che il Kosovo sia comunque
una ferita aperta ha provocato ulteriori scontri e anche un braccio di ferro non indifferente
tra Belgrado e Pristina durante la campagna elettorale.
D. – Qual è il segnale
che viene da queste elezioni?
R. – C’è molta aspettativa, nel senso che le
condizioni di vita in Serbia, al di fuori della capitale, non sono semplici per cui
c’è molta attesa per un cambiamento.
D. – I tempi della guerra nei Balcani
le sembrano archiviati?
R. – Per quanto riguarda la Serbia, sì. Con la politica
portata avanti fino adesso è stato fatto un grande lavoro per cercare di allontanarsi
dall’idea di quegli anni. Ricordiamo l’anno scorso anche la cattura di Mladic … Questi
sono segnali che la Serbia ha voluto dare all’Europa per indicare che ha intenzione
di operare una cesura con il suo passato.
D. – Tra le candidature si nota anche
quella dell’estrema destra ultranazionalista …
R. – E’ la moglie di Vojislav
Šešelj, che è un leader del partito radicale detenuto all’Aja per crimini di guerra.
Appunto, la Serbia ci ha messo parecchio tempo a digerire il fatto che i propri cittadini,
considerati criminali di guerra dalla comunità internazionale, siano stati mandati
all’Aja per essere giudicati da un Tribunale internazionale. Questa candidata raccoglie
un po’ la parte più nazionalista e radicale, appunto, dell’elettorato, dei cittadini
serbi in generale. Si parla di una possibilità che questo candidato abbia un esito
del voto tra il 5 e il 7 per cento, per cui – insomma – non è una percentuale proprio
piccola.