2012-05-04 15:18:43

Serbia al voto domenica: sfida tra il presidente uscente Tadic e il progressista Nikolic


Elezioni in Serbia domenica prossima. Le urne saranno aperte per le amministrative, politiche e presidenziali. L’attenzione è tutta rivolta alla sfida per la presidenza. I due candidati principali sono il leader uscente, candidato del Partito democratico, Boris Tadic, e quello del Partito progressista, Tomislav Nikolic. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Chiara Longhi che sta seguendo le consultazioni per "Osservatorio Balcani":RealAudioMP3

R. – Tadic è filoeuropeista e questo è stato anche il modo in cui ha condotto la politica del suo governo; Nikolic, anche lui ha presentato posizioni europeiste, specialmente negli ultimi anni, specialmente in campagna elettorale, però diciamo che viene da un partito che originariamente aveva posizioni più di centrodestra-destra e, addirittura, in passato, radicali. Tadic è sicuramente un candidato che viene favorito dal fatto che ha già dato prova di cosa sappiano fare lui e il suo governo. Nikolic può contare sul fatto che di sicuro c'è un grosso scontento, in questo momento, in Serbia sia a causa dell’altissimo tasso di disoccupazione, della crisi economica e anche per la questione del Kosovo. Il Kosovo ha preso la via dell’indipendenza e si sta progressivamente e de facto distaccando dalla Serbia.

D. – La questione Kosovo è stata oggetto di campagna elettorale ed ha generato tensione tra Belgrado e Pristina …

R. – Sì, perché si è parlato della opportunità o meno di permettere anche ai serbi residenti in Kosovo di votare. Il problema nasce dal fatto che, appunto, il Kosovo si è dichiarato indipendente però ci sono alcuni comuni, a Nord del Kosovo, che non riconoscono le autorità di Pristina e che desidererebbero rinnovare le loro amministrazioni locali perché il 6 maggio si voterà anche per le amministrative. Questo non succederà, o meglio: il governo di Belgrado ha deciso che non organizzerà le elezioni amministrative, però tutto questo fermento elettorale e, appunto, il fatto che il Kosovo sia comunque una ferita aperta ha provocato ulteriori scontri e anche un braccio di ferro non indifferente tra Belgrado e Pristina durante la campagna elettorale.

D. – Qual è il segnale che viene da queste elezioni?

R. – C’è molta aspettativa, nel senso che le condizioni di vita in Serbia, al di fuori della capitale, non sono semplici per cui c’è molta attesa per un cambiamento.

D. – I tempi della guerra nei Balcani le sembrano archiviati?

R. – Per quanto riguarda la Serbia, sì. Con la politica portata avanti fino adesso è stato fatto un grande lavoro per cercare di allontanarsi dall’idea di quegli anni. Ricordiamo l’anno scorso anche la cattura di Mladic … Questi sono segnali che la Serbia ha voluto dare all’Europa per indicare che ha intenzione di operare una cesura con il suo passato.

D. – Tra le candidature si nota anche quella dell’estrema destra ultranazionalista …

R. – E’ la moglie di Vojislav Šešelj, che è un leader del partito radicale detenuto all’Aja per crimini di guerra. Appunto, la Serbia ci ha messo parecchio tempo a digerire il fatto che i propri cittadini, considerati criminali di guerra dalla comunità internazionale, siano stati mandati all’Aja per essere giudicati da un Tribunale internazionale. Questa candidata raccoglie un po’ la parte più nazionalista e radicale, appunto, dell’elettorato, dei cittadini serbi in generale. Si parla di una possibilità che questo candidato abbia un esito del voto tra il 5 e il 7 per cento, per cui – insomma – non è una percentuale proprio piccola.







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