Rileggere il Concilio: alla Lateranense, incontro sulla "Dignitatis Humanae" e la
libertà religiosa
La dichiarazione “Dignitatis Humanae” è stata al centro del quinto incontro del ciclo
“Rileggere il Concilio”, che si è svolto all’Università Lateranense. Sulla portata
del passo compiuto grazie a questo documento, che ha come oggetto la libertà religiosa,
Davide Maggiore ha intervistato mons.Roland Minnerath, arcivescovo
di Digione, intervenuto al convegno:
R. - E’ un passo
che non è ancora stato compiuto del tutto, perché è un messaggio al mondo intero:
ogni persona umana dovrebbe essere lasciata libera di esercitare il proprio atto di
fede, ossia la ricerca del vero Dio, e non essere invece costretta a dover adottare
altri criteri ed altri modi di vivere. La fede trascende tutte le frontiere: è questo
il messaggio della Chiesa, ossia far capire che gli uomini possono essere uniti, nella
loro diversità, in un atto di fede che trascende le appartenenze etniche - e così
via - con cui si oppongono. La libertà religiosa, quindi, nel modo in cui viene intesa
dalla Chiesa, non ha nulla a che vedere con il relativismo, con una visione delle
religioni come fenomeni puramente passeggeri, perché le religioni hanno una rilevanza
straordinaria per la vita di ogni società.
D. - Qual è il rapporto della “Dignitatis
Humanae” con le dichiarazioni dei diritti dell’uomo da un lato e le costituzioni degli
Stati moderni dall’altro?
R. - La differenza sta nella concezione che uno ha
della religione. Per le dichiarazioni, la libertà religiosa è un fatto individuale.
Per noi, invece, la libertà religiosa - come dice il Concilio - consiste nel ricercare
la verità che è Dio, aprire cioè il cuore e l’orizzonte della mente al Dio che si
rivela. Ed è tutt’altra cosa: la prima visione chiude l’uomo su se stesso, mentre
l’altra lo apre al Dio che si fa conoscere. La libertà ci è stata donata perché possiamo
raggiungere la verità, ed è questa la dignità della persona umana.
Dell’importanza
storica della “Dignitatis Humanae”, ha parlato, ancora al microfono di Davide Maggiore,
anche il prof.Philippe Chenaux, docente di storia della Chiesa alla
Lateranense, e direttore del Centro studi sul Concilio Vaticano II della stessa Università:
R. - La “Dignitatis
Humanae” è uno dei testi più brevi, ma direi anche che è uno dei testi più importanti
del Concilio Vaticano II. La Chiesa, per la prima volta, riconosce il diritto alla
libertà religiosa di ogni persona, e questo diritto viene fondato sul principio della
dignità della persona umana. Questo diritto viene definito rispetto allo Stato, ossia
come diritto all’immunità di fronte allo Stato. La persona non può essere né costretta,
né impedita, in qualche modo, nel credere e praticare la sua religione. Questo non
vuol dire che la persona non ha un dovere di ricerca della verità, ma deve farlo liberamente,
senza nessun tipo di costrizione.
D. - Dal punto di vista del Magistero successivo,
quali sono stati i frutti della “Dignitatis Humanae”?
R. - Si pensa, evidentemente,
al Pontificato di Giovanni Paolo II, che ha fatto del rispetto della libertà religiosa
e dei diritti fondamentali della persona umana uno dei punti centrali del suo insegnamento.
Penso che senza questa dichiarazione e senza l’insegnamento del Concilio sulla libertà
religiosa, non sarebbe stato pensabile un Papa Wojtyla ed il ruolo che egli ha giocato
nella liberazione dei popoli dal comunismo.