2012-05-04 13:31:43

Lettera del cardinale Piacenza: il mondo ha bisogno di sacerdoti santi


“I sacerdoti, per servire la Chiesa e il mondo, hanno bisogno di essere santi”: così si legge nella Lettera che la Congregazione per il Clero ha indirizzato ai sacerdoti, a firma del cardinale prefetto Mauro Piacenza, e pubblicata in questi giorni. Forte il richiamo al mondo che vive “lacerazioni sempre più dolorose e preoccupanti” e che ha bisogno di “una Chiesa indissolubilmente abbracciata a Cristo”. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

“Le colpe di alcuni, a volte, hanno umiliato il sacerdozio agli occhi del mondo”. Lo scrive il cardinale Piacenza che ricorda le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel 2002 di fronte ad alcuni scandali di pedofilia: “noi sacerdoti – diceva – siamo scossi nel profondo dai peccati di alcuni fratelli che hanno tradito la grazia ricevuta con l’ordinazione” e che “hanno gettato un’ombra di sospetto su tutti gli altri benemeriti”. Il cardinale Piacenza raccomanda di considerare “gli ulteriori aggravamenti delle notizie diffuse” e dunque di “far risuonare ancora nel cuore con più forza e urgenza le parole di Giovanni Paolo II”. Il prefetto della Congregazione per il Clero parla di “pentimento e perdono” dai quali “si può sempre ricominciare”. Parla di un mondo che vive quello che definisce “il dramma più grave dei nostri tempi”: “quel particolare ateismo – spiega - che viene dall’aver dimenticato la bellezza e il calore della Rivelazione Trinitaria”. E afferma: “sono soprattutto i sacerdoti, nella loro quotidiana adorazione e nel loro quotidiano ministero che devono ricondurre tutto alla Comunione Trinitaria: solo a partire da essa e immergendosi in essa, i fedeli possono scoprire davvero il volto del Figlio di Dio e la sua contemporaneità, e possono davvero raggiungere il cuore di ogni uomo e la patria a cui tutti sono chiamati”. E il cardinale Piacenza aggiunge in prima persona: “Solo così noi sacerdoti possiamo offrire di nuovo agli uomini di oggi la dignità dell’essere persona, il senso delle umane relazioni e della vita sociale, e lo scopo dell’intera creazione.” Per poi affermare che “nessuna nuova evangelizzazione sarà davvero possibile se noi cristiani non saremo in grado di stupire e commuovere nuovamente il mondo con l’annuncio della Natura d’Amore del Nostro Dio.” Un annuncio che riassume così: “Credere in un solo Dio che è Amore”. “La Chiesa, per poter adempiere questo compito, - afferma - deve restare indissolubilmente abbracciata a Cristo e non lasciarsene mai separare: ha bisogno di Santi che abitino ‘nel cuore di Gesù’ e siano testimoni felici dell’Amore Trinitario di Dio. E i Sacerdoti, - aggiunge - per servire la Chiesa e il Mondo, hanno bisogno di essere Santi!”. “Noi sacerdoti non possiamo santificarci senza lavorare alla santità dei nostri fratelli, - sottolinea il cardinale Piacenza - e non possiamo lavorare alla santità dei nostri fratelli senza che abbiamo prima lavorato e lavoriamo alla nostra santità.”

Cosa dunque il mondo di oggi, con le sue “lacerazioni sempre più preoccupanti”, deve vedere nel sacerdote? Roberto Piermarini lo ha chiesto allo stesso cardinale Mauro Piacenza:RealAudioMP3

R. – Subito le direi: non un punto interrogativo, ma un punto esclamativo. Evidentemente, si capisce in che senso. Cioè, un uomo di Dio che abita nel cuore di Gesù Buon Pastore e che sia un testimone felice, direi – che lo si veda, che lo si colga – dell’amore trinitario di Dio. Un uomo che crede in un solo Dio che è amore, ma per quale motivo fondamentale? Nessuna nuova evangelizzazione – e siamo nel contesto della nuova evangelizzazione – potrebbe mai essere possibile se noi sacerdoti non fossimo in grado anche di “stupire”, nel senso profetico della parola, e di commuovere il mondo con l’annuncio della natura d’amore del nostro Dio, del fatto che Dio è Carità, è Amore, nelle tre Persone divine che si esprimono e ci coinvolgono nella loro stessa vita.

D. – Pensando a quei casi dolorosi “che hanno umiliato il sacerdozio agli occhi del mondo”, come si legge nella sua Lettera, da dove deve ricominciare la ricerca della santità sacerdotale?

R. – Anzitutto, direi dal pentimento e dal perdono e naturalmente, non penso soltanto a determinati crimini orribili, quanto anche – oltre a quello che è scontato: il pentimento e il perdono, naturalmente, da richiedersi a Dio, prima di tutto, e poi anche a tutte le persone che sono danneggiate e alla stessa immagine di Chiesa che viene deturpata – a tutte quelle omissioni, a tutti quegli intiepidimenti rispetto a quella che invece dovrebbe essere la vivacità del ministero apostolico, e del cogliere l’invito ad oltrepassare la porta fidei – uso la parola della Lettera apostolica con la quale il Santo Padre ha indetto l’Anno della fede – accompagnando i nostri fedeli. Ecco, noi dobbiamo riscoprire la fede del mistero che è dentro di noi: cioè, saperci meravigliare di quello che noi siamo e quindi riscoprire, alla luce della fede, il rito della nostra stessa ordinazione e tutto ciò che contiene anche nella sua gestualità; riscoprire quindi con occhio di fede la nostra ontologia, la nostra identità, e ricordare che noi non possiamo santificarci senza lavorare alla santificazione dei nostri fratelli, e non possiamo lavorare alla santificazione dei nostri fratelli senza lavorare alla nostra santificazione.

D. – Per potere attuare la nuova evangelizzazione, quale impegno si richiede ai sacerdoti?

R. – E’ l’amore di Cristo che riempie i nostri cuori e ci spinge ad evangelizzare. Quindi, prima di tutto è essere “cisterne” di questo amore; stare con il Signore, ricevere i raggi del suo amore: come si ricevono i raggi del sole astronomico sulla spiaggia, che fanno abbronzare; qui si tratta di stare con il Signore e ricevere i raggi del suo amore e della sua verità. Dobbiamo essere quindi sempre più motivati in modo, direi, “comunionale”, quindi essere sempre più Chiesa, essere sempre più presbiterio unito con il proprio vescovo; presbiterio unito con il proprio vescovo a sua volta unito con il Sommo Pontefice … Cioè, riscoprire veramente il mistero della comunione. Dobbiamo rivolgere un appello alla grande obbedienza della fede per ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede.

D. – Perché nella Lettera lei invita i sacerdoti a lavorare in profondità sul Concilio Vaticano II e a rileggere e riflettere sul Catechismo della Chiesa Cattolica?

R. – Anzitutto, sul Vaticano II perché è stato un evento grandioso – il più grandioso, ecclesialmente parlando, del secolo scorso – e che ovviamente non è finito, perché i Concilii vanno sull’onda dei secoli, non sull’onda degli anni: è chiaro. Sono eventi ecclesiali di portata immensa, dove è coinvolta l’azione in prima persona dello Spirito Santo. Ma direi anche perché questo Concilio ha avuto molte persone che se ne sono riempite la bocca ma poche persone che lo hanno studiato per come è e non lo hanno tirato per i capelli per fargli dire quello che loro volevano che dicesse; quindi, bisogna riscoprire i testi del Concilio, bisogna riscoprire le parole stesse del Concilio, perché quelle sono da leggersi in ginocchio!.... perché è un evento di Spirito Santo. Quindi dico: il Vaticano II sia nuovamente accolto come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel XX secolo e di cui deve ancora beneficiare. Poi, deve diventare per noi una bussola sicura per orientarci nel cammino, per rispondere alle domande della nostra gente e per organizzarci sulla nuova evangelizzazione. Ed è una forza per il sempre necessario rinnovamento, perché non dobbiamo dimenticare che la Chiesa, fatta di uomini peccatori, deve continuamente rinnovarsi nello Spirito Santo, continuamente tendere l’orecchio per ascoltare cosa lo Spirito le dice, e cercare di tenere abbassata la radio dello spirito di questo mondo, delle trasmissioni dello spirito mondano e alzare il volume della radio che ci viene, invece, dal silenzio, e cioè quella che ci viene dallo Spirito Santo. Io credo che si dovrebbe dire basta ai tradimenti del Concilio Vaticano II e spalancare la porta alla obbedienza ai testi del Concilio Vaticano II e a tutto quello che i Papi e il Magistero autentico della Chiesa hanno detto nell’interpretare, nel leggere, nel porgere il Concilio Vaticano II.

D. – Per quanto riguarda invece il Catechismo della Chiesa Cattolica?

R. – Penso che il bisogno attuale sia quello di avere una norma sicura per l’insegnamento della fede nel contesto contemporaneo. Non dimentichiamo che il Catechismo della Chiesa Cattolica, che compie 20 anni, è il Catechismo del Concilio Vaticano II: come c’è stato il Catechismo di Trento che ha fatto un bene immenso, noi ci aspettiamo che possa fare altrettanto un bene immenso il Catechismo della Chiesa Cattolica che è proprio il precipitato – potremmo dire – di tutto l’insegnamento del Vaticano II. Quindi, direi che è strettamente connessa la valorizzazione del Concilio Vaticano II con la valorizzazione del Catechismo della Chiesa cattolica.







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