Dalla "Ecclesia in Africa" alla "Africae Munus", simposio alla Lateranense: intervista
con mons. Adoukonou
Dall’EcclesiainAfrica di Giovanni Paolo II all’AfricaeMunus di Benedetto XVI. Questo il titolo del seminario interdisciplinare che
si è svolto all’Università Lateranense. Tra gli intervenuti al simposio, il segretario
del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Barthélemy Adoukonou. Davide
Maggiore gli ha chiesto quale sia stato il percorso della Chiesa africana tra
i due Sinodi del 1994 e del 2009, che hanno portato alla promulgazione delle due Esortazioni
apostoliche:
R. – Nel primo
Sinodo la Chiesa si è sforzata di capire se stessa e di vivere come famiglia di Dio.
Questo è stato un atto di inculturazione molto profonda. Nel frattempo, però, abbiamo
visto che l’etnicità, il razzismo e tutte queste divisioni tra religioni vanno sempre
avanti. Come facciamo oggi a meritarci il nome di famiglia di Dio? Il secondo Sinodo,
con "Africae Munus", ha cercato di spingerci ad essere sale e luce del mondo. Questo
significa che la forza di trasformazione della realtà, della società, che è la Chiesa,
dobbiamo metterla in gioco. La Chiesa è stata detta “Sacramento di salvezza per il
mondo”. Con il Battesimo siamo diventati, ciascuno di noi, uomini nuovi, e dobbiamo
cambiare la cultura, la società. I due Sinodi si completano in qualche modo: si può
dire che il primo Sinodo si è svolto all'insegna della cultura, mentre l’attuale Sinodo,
che abbiamo finito e che cerchiamo di mettere in pratica, mette l’accento sulla storicità
dell’uomo, sulla trasformazione e la forza che spinge verso il futuro.
D. –
L’attualità internazionale, purtroppo, ci richiama spesso alle tante ferite sofferte
dalla terra d’Africa. In che modo le Chiese del continente possono, attraverso l’annuncio
della buona notizia del Vangelo, dare speranza ai popoli africani?
R. – Il
problema non è impegnarsi a fare questa o quella cosa, ma essere quello che Cristo
ci ha chiamati ad essere, cioè Chiesa, forza di trasformazione e di solidarietà. La
Chiesa si è impegnata tanto, anche nel passato, e continuerà ad impegnarsi nel campo
della salute, della formazione, dell’educazione, in tutti i campi sociali. La Chiesa
è da sempre presente e continuerà ad esserlo ancora di più, perché prende coscienza
di ciò che è, e quindi, vuole, partendo da lì, trasformare la realtà.
D. –
Come la Chiesa può contribuire a far superare ai popoli d’Africa le divisioni di molte
nature - culturali, etniche e politiche - che spesso li attraversano?
R. –
Se la Chiesa è fedele a se stessa, ad essere quello che deve essere, cioè questa società
umana riconciliata, questa famiglia umana riconciliata, la famiglia delle nazioni,
il corpo di Cristo, se siamo veramente questo abbiamo la risposta a tali questioni.