La comunione con Cristo dà ai martiri la forza di affrontare i persecutori: così il
Papa all'udienza generale
Benedetto XI ha dedicato la catechesi di questo mercoledì alla testimonianza e alla
preghiera di Santo Stefano. Il primo martire della Chiesa - ha detto il Papa in Piazza
San Pietro durante l’udienza generale davanti ad oltre 40 mila fedeli - ha tratto
la forza di affrontare i suoi persecutori dal rapporto con Cristo. Il servizio di
Amedeo Lomonaco:
Santo Stefano,
condotto in tribunale davanti al Sinedrio con l’accusa di aver dichiarato che Gesù
avrebbe distrutto il tempio e sovvertito le usanze tramandate da Mosè, sottolinea
che “Dio non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo” (At 7, 48). “Gesù – ricorda
il Papa - è il luogo del vero culto”, il nuovo tempio che “sostituisce con l’offerta
di se stesso sulla croce, i sacrifici antichi”:
“Il nuovo tempio
in cui Dio abita è il suo Figlio, che ha assunto la carne umana, è l’umanità di Cristo,
il Risorto che raccoglie i popoli e li unisce nel Sacramento del suo Corpo e del suo
Sangue”.
Dio non si stanca di andare incontro all’uomo “nonostante
trovi spesso un’ostinata opposizione”. Il corpo di Gesù – aggiunge il Santo Padre
- è “il nuovo tempio di Dio”, “il luogo della presenza del Dio vivente”:
“In
Lui Dio e uomo, Dio e il mondo sono in contatto: Gesù prende su di sé tutto il peccato
dell’umanità per portarlo nell’amore di Dio e per ‘bruciarlo’ in questo amore. Accostarsi
alla Croce, entrare in comunione con Cristo, vuol dire entrare in questa trasformazione.
E questo è entrare in contatto con Dio, entrare nel vero tempio”.
Santo
Stefano ha tratto la forza per affrontare i suoi persecutori "dal suo rapporto con
Dio, dalla sua comunione con Cristo", “dalla meditazione sulla storia della salvezza”,
dal vedere l’agire del Padre. Anche la nostra preghiera – sottolinea il Papa – deve
essere nutrita dall’ascolto della Parola di Dio:
“Egli - il Figlio di Dio
– è il tempio 'non fatto da mano d’uomo' in cui la presenza di Dio Padre si è fatta
così vicina da entrare nella nostra carne umana per portarci a Dio, per aprirci le
porte del Cielo”.
La nostra preghiera – conclude Benedetto XVI – allora
deve essere “contemplazione di Gesù alla destra di Dio, di Gesù come Signore della
nostra esistenza quotidiana”.
Il Papa ha rivolto infine il proprio cordiale
saluto ai fedeli polacchi, giunti a Roma in occasione del primo anniversario della
beatificazione di Giovanni Paolo II: “La testimonianza della sua vita, l’insegnamento
e l’amore per la patria – ha detto il Pontefice - rimangano la vostra particolare
eredità”.