Roma: disagio mentale dietro l'aggressione a Trastevere, durante il pranzo per i poveri
E’ affetto da problemi psichici l’immigrato marocchino che ieri durante l’abituale
pranzo domenicale per i poveri, organizzato dal parroco della Basilica romana di Santa
Maria in Trastevere, ha ferito con un coltello due persone. I poveri non sono causa
del degrado, le parrocchie di Roma rispondono con grande generosità ai sempre più
gravi problemi legati alla crisi e alla povertà. E’ quanto sottolinea, al microfono
di Amedeo Lomonaco, il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti:
R. – E’ un dramma
del disagio mentale, inaspettato, ma di una persona conosciuta dai servizi di salute
mentale, che ha dei problemi. Un episodio che poteva accadere in qualunque altra circostanza
- in metropolitana, per strada – oppure poteva non accadere. Episodi come questo,
sono infinitesimali rispetto alla violenza normale che c’è un sabato sera in qualunque
piazza di Roma. In realtà i poveri non sono pericolosi.
D. – La Basilica di
Santa Maria in Trastevere - come tante altre parrocchie romane – è in prima linea
proprio per aiutare i poveri, le persone in difficoltà…
R. – Senz’altro deve
essere notato come la Basilica di Santa Maria in Trastevere, la parrocchia, le persone
che frequentano la Messa la domenica, abbiano sentito il bisogno di aprire un servizio
semplice, per dare da mangiare in maniera dignitosa a chi gravita attorno alla parrocchia.
D. – Un servizio semplice al quale si sono rivolte, nelle ultime settimane,
sempre più persone …
R. – Da 20-30 persone, sono diventate 100-120. Quando
si crea uno spazio di umanità, chi ne ha bisogno accorre. Di fronte a pochissime risposte
dei servizi pubblici, Roma rimane umana grazie alla solidarietà di tanti cristiani.
D.
– E tra quanti si rivolgono ai servizi di solidarietà, sparsi nella città di Roma,
ci sono anche molti italiani …
R. – C’è una crescita di disagio anche degli
italiani: c’è maggiore crisi del lavoro, si perde la casa, sono aumentati gli sfratti
per morosità. Siicuramente non sono solo gli immigrati, ma ci sono anche gli italiani
e quegli italiani che definiremmo “normali”. C’è una separazione: uno perde la casa,
uno dorme in macchina. Ci sono tante persone che non ce la fanno. Questo è vero ma
questa situazione non ha nulla a che vedere né con la violenza, né con le esplosioni
di violenza.
D. – Come sarebbe Roma senza la solidarietà delle parrocchie romane?
R.
– Io non riesco ad immaginare Roma senza questa solidarietà. A Trastevere, un rione
dove in questi anni sono passate più di 150 mila persone diverse in stato di bisogno
anche importante tra cui immigrati, italiani, povertà estreme, tutto questo è stato
vissuto con normalità nel quartiere. Questo perché c’è stata una grande mediazione
di umanità, di solidarietà, con una fonte sicuramente legata al Vangelo. Questo alla
fine è anche contagioso: tantissimi, per esempio, hanno chiesto di aiutare e non solo
a Trastevere, ma in decine di quartieri di Roma. Quindi senza questo, se un solo giorno
scioperasse la carità e la solidarietà delle parrocchie romane e dei cristiani a Roma,
io non riesco neanche ad immaginare cosa accadrebbe. In realtà, invece, in questo
modo, è ancora una delle città più vivibili del mondo.