Nigeria. Mons. Kaigama: chiediamo aiuto e protezione. Il rabbino Laras: dolore e sdegno
per le violenze
“Angoscia, dolore e sdegno”. Dopo la ferma condanna vaticana, le stragi anticristiane
dell'altro ieri in Nigeria e Kenya hanno spinto anche il mondo ebraico a schierarsi
in segno di solidarietà, "vicinanza e partecipazione" con le comunità cristiane colpite
e contro episodi che testimoniano come la vita umana continui a essere considerata
“alla stregua di un non-valore”. Così scrive il rabbino Giuseppe Laras, presidente
del Tribunale Rabbinico del Centro-Nord Italia. In un Messaggio, il prof. Laras afferma
che questi e altri fatti simili di violenza che avvengono in altre parti del mondo
“ci debbono far riflettere e impegnare con sempre maggior consapevolezza a favore
dei diritti della persona e della unicità e preziosità della vita umana, qualunque
essa sia”. Eventuali argomentazioni di “ordine religioso per ‘spiegare’ tali violenze
– si afferma ancora nella nota – non possono che apparire blasfeme e profanatrici”.
Intanto, la paura cresce tra i cristiani delle zone colpite dalla ferocia integralista
islamica. È quanto l’arcivescovo di Jos, mons. Ignatius Kaigama, alla collega
della nostra redazione inglese, Lydia O’Kane:
“C’è stato
un attacco molto grave a Kano, contro gli studenti universitari di Bayero, durante
la liturgia, la Messa. Questo gruppo, credo Boko Haram, ha attaccato questi studenti,
uccidendo molti di loro. Per noi è stata una tragedia molto grave, che dà grande malessere,
grande timore, perché questi attacchi si ripetono ogni tanto. Hanno attaccato le chiese
a Maiduguri, ad Abuja, a Jos, e hanno attaccato la nostra chiesa, dove hanno ucciso
14 parrocchiani ed altre persone. E’ una situazione terribilmente grave: speriamo
che il governo e l’Agenzia di Sicurezza possano fare qualcosa, per calmare la situazione
e per darci un senso di pace profonda”.
Intanto, lo Stato nigeriano di
Taraba conta nuovi morti, per mano di due kamikaze che a bordo di una moto si sono
fatti esplodere ieri al passaggio di un convoglio di auto della polizia, nella città
di Jilingo. Almeno cinque le vittime. Un clima di forte instabilità, dunque, che Fabio
Colagrande ha chiesto di analizzare al prof. Marco Di Liddo, del Centro
Studi Internazionale:
R. – Quello
che può apparire a prima vista come uno scontro tra religioni ha un’origine etnica.
Gli scontri tra cristiani e musulmani in Nigeria nascondono al loro interno l’opposizione
tra etnie musulmane ed etnie cristiane, che lottano per tutta una serie di valori
e tutta una serie di conquiste: innanzitutto le risorse che in Nigeria, purtroppo,
scarseggiano e la rappresentatività politica.
D. – Il principale gruppo islamista
radicale attivo in Nigeria è Boko Haram. A cosa mira questo gruppo?
R. – Negli
ultimi mesi, si è molto ingrandito e al suo interno ha incominciato a includere tutta
una serie di gruppi e gruppetti più piccoli. Il nucleo pulsante del gruppo vuole imporre
una visione ultra ortodossa della sharia, della legge islamica, in tutto il
Paese.
D. – Mi sembra sia un’organizzazione che si ispira al jihadismo internazionale,
ma in realtà ha obiettivi interni...
R. – L’agenda di Boko Haram è sostanzialmente
rivolta verso la politica interna della Nigeria. La loro base etnica è una base Kanuri,
quindi di una popolazione locale che in questi anni è stata sempre estromessa dalla
legittima partecipazione alla vita istituzionale del Paese.
D. – Tornando invece
al fattore etnico, come nasce il conflitto tra musulmani e cristiani in Nigeria, visto
anche che i rapporti istituzionali tra queste due comunità sono buoni - lo ha ammesso
anche il cardinale Tauran che, recentemente, ha visitato proprio questo Paese?
R.
– All’interno del sistema nigeriano, c’è un patto non scritto di rotazione, tra musulmani
e cristiani, per quanto riguarda le massime cariche istituzionali. In realtà, una
rotazione tra un rappresentante dell’etnia Yoruba, per quanto riguarda i cristiani,
e un rappresentante dell’etnia Hausa Fulani, per i musulmani del Nord. Il contrasto
ha origine a livelli più bassi, dal punto di vista istituzionale, e spesso è una lotta
per le risorse. Quando parlo di risorse, parlo della terra da coltivare. Se poi vogliamo
andare a un livello istituzionale più alto e vogliamo parlare di grandi dinamiche
politiche, parte del mondo musulmano accusa i cristiani di aver rotto questo patto
di successione presidenziale in seguito alla nomina dell’attuale presidente.
D.
– Quindi, possiamo dire che Boko Haram stia in qualche modo sfruttando questi contrasti
che esistono già sul terreno, da un punto di vista etnico e sociale, per condurre
avanti questa sua battaglia per l’imposizione della sharia?
R. – Boko
Haram ha avuto la tragica abilità di inserirsi nei contesti più conflittuali della
Nigeria, andando a fomentare questi contrasti tra musulmani e cristiani e sfruttando
elementi come la disoccupazione, la fame, il disagio, riuscendo a radicalizzare parte
della gioventù musulmana e nigeriana e convincerla che il nemico fosse il regime cristiano
e che i cristiani sfruttassero il Nord musulmano.
D. – Che tipo di escalation
potrebbe esserci se continuassero questi episodi di violenza? Ed è un conflitto che
potrebbe estendersi a tutta la regione?
R. – Bisogna notare che da quando Boko
Haram è attiva, quindi dal 2009, le sue attività sono aumentate in modo esponenziale.
Quello che una volta era un conflitto estremamente limitato al nordest del Paese adesso
si è molto esteso.