2012-04-29 14:22:00

Paesi europei bloccati dalla crisi: le risposte della finanza etica. Intervista a Fabio Salviato


La crisi finanziaria blocca lo sviluppo dei Paesi europei, le istituzioni nazionali sembrano incapaci di gestire il fenomeno mentre cresce il consenso tra i cittadini per movimenti nazionalisti e antigovernativi, in contrasto alla volontà del potere finanziario di non erogare capitali alle piccole e medie aziende, ad artigiani e agricoltori. Un fenomeno che le banche etiche e di credito cooperativo possono invertire, grazie ad un processo di razionalizzazione delle risorse e alla conoscenza delle potenzialità del territorio, rispetto alla finanza tradizionale che fa del profitto il punto di riferimento. Luca Collodi ne ha parlato con Fabio Salviato, presidente di Febea, Società europea di finanza etica.RealAudioMP3

R. – E’ una situazione di crisi, rispetto alla quale si può uscire soltanto cambiando mentalità e definendo delle regole chiare e precise. Sono quattro o cinque anni che si parla di regole dei mercati, soprattutto di quelli finanziari, ma fino a quando non si definiscono delle regole chiare, non si recupera un rapporto di fiducia - non solo nei mercati ma anche nelle istituzioni finanziarie e non si inizia a dare credito. Ricordiamo che dare credito vuol dire dare fiducia alle imprese, agli artigiani e agli agricoltori.

D. – La finanza etica come può cambiare la situazione di crisi dell’Europa?

R. – La può cambiare iniziando un processo di razionalizzazione delle risorse. A parità di risorse economiche, pure scarse che siano, le iniziative che finanziano le banche etiche creano occupazione, occupazione stabile. In Germania, ad esempio, sulle rinnovabili, in 10 anni si è creato un milione di nuovi posti di lavoro. Immaginiamo l’Italia, con due terzi di solarizzazione in più rispetto alla Germania, quali potenzialità possa offrire. Sull’agricoltura biologica c’è la possibilità di creare, settore dove già lavorano il doppio degli occupati rispetto alla Fiat e con una possibilità di incremento occupazionale del settore consistente. Bacini occupazionali che sono finanziati soprattutto dalle banche etiche ma che dovrebbero essere ulteriormente sostenuti ed appoggiati sia dal cittadino - che diventerebbe così responsabile del proprio risparmio - sia dalle istituzioni, che cominciano a vedere in una finanza ‘socialmente responsabile’ una via d’uscita rispetto ad una finanza che oggi, purtroppo, vede sulla massimizzazione del profitto il suo punto di riferimento.

D. – Gli imprenditori fanno fatica a finanziare le proprie aziende. Le banche etiche possono invertire questa tendenza?

R. – Guardi, è possibile costruire l’economia rimettendo al centro la persona, per rispondere ai suoi bisogni, promuovendo un’economia reale che risponda a bisogni reali. Ma dobbiamo diminuire moltissimo la finanza del capitale e recuperare quello spirito di raccolta del risparmio per dare credito all’impresa e agli imprenditori. Recuperando questo tipo di attività si riuscirà ad uscire più rapidamente dalla crisi. Ed è proprio quello che la finanza etica sta facendo.

D. – Chi guida la finanza a livello europeo, però, sembra emarginare quest’esperienza di finanza popolare…

R. – Quello che dice, in parte, è vero. Bisogna farsi sentire un po’ di più a livello europeo ed internazionale: ci sono processi regolamentari che mettono anche in difficoltà le medie e piccole banche. Le mettono in difficoltà dal punto di vista normativo, penso a Basilea 3, nella concessione del credito. Le banche di credito cooperativo e quelle popolari devono fare uno sforzo comune e congiunto – soprattutto a livello europeo – per dimostrare che la buona pratica e l’esperienza di banche radicate nel territorio, che conoscono effettivamente le realtà territoriali, stanno dando, in questo momento, una risposta concreta – magari con limiti ma concreta – ai bisogni che stanno emergendo sempre più dalla società civile, dalla popolazione e dagli imprenditori.







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