2012-04-27 14:14:44

La plenaria delle Scienze Sociali dedicata alla "Pacem in terris". Intervista con Mary Ann Glendon


È la celebre Enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris a ispirare i lavori della 18.ma plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che si apre oggi e terminerà il primo maggio prossimo. Alla presidente dell’Accademia, la prof.ssa Mary Ann Glendon che stamani ha aperto la plenaria, Stefano Leszczynski ha chiesto di illustrare le finalità dell'assise di quest0anno e l’attualità di pensiero della Pacem in terris:RealAudioMP3

R. – As the Pope has often said, peace is something that has to be built …
Come il Papa ha ripetuto spesso, la pace è una cosa che deve essere costruita e conquistata in ogni generazione. In questa Conferenza, abbiamo riunito persone del mondo finanziario, come Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, che parleranno dei gravi problemi in ambito economico. Speriamo, alla fine di questa Conferenza, di poterci fare un’idea dei segni di speranza che queste persone possono darci, o cosa sapranno dirci delle nuove forze e delle nuove idee, soprattutto di quello che può riguardare noi. O ancora, quale possa essere il ruolo della religione nella ricerca di quella tranquillità dell’ordine che è la pace.

D. – Uno dei principali problemi che abbiamo rilevato in questi ultimi anni, negli ambiti finanziaio e politico, è il collasso della moralità globale. Come la Pacem in terris può aiutare i leader a trovare una nuova interpretazione della moralità da applicare ai loro campi specifici?

R. – It seems to me that just before Vatican II, John XXIII was telling us …
Mi pare di ricordare che poco prima del Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII dicesse cose che solo oggi riusciamo a comprendere meglio di quanto non sia stato possibile allora. Una di esse afferma che sono soprattutto “tutte le persone di buona volontà” che hanno il compito di costruire la pace – oggi diremmo, sostanzialmente i laici, per quanto riguarda la Chiesa. E’ da notare che già allora egli ci diceva che la Chiesa non indica politiche o programmi specifici: la Chiesa, piuttosto, indica alcuni principi generali e ci chiede di farli rivivere in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi ambito della società ci troviamo a vivere. Penso, quindi, che il messaggio della Pacem in terris si riveli per essere non una nuova teoria delle relazioni internazionali di stampo cattolico, o una nuova teoria di moralità internazionale, quanto piuttosto un messaggio per tutti gli uomini e le donne di buona volontà, in tutto il mondo, affinché cerchino in loro stessi e all’interno delle loro tradizioni le risorse per costruire la pace.

D. – Seguendo questo percorso sarà possibile ottenere una governance globale, o si tratta semplicemente di un ideale che non possiamo realizzare nel mondo reale?

R. – I think the great contribution of Catholic social thought …
Credo che il grande contributo del pensiero sociale cattolico in questo campo, che noi definiamo “sussidiarietà”, e che ci sono determinate cose che riescono al meglio quando sono messe in pratica stando il più vicino possibile alle persone interessate da queste decisioni. Bisogna quindi essere molto cauti quando si parla di governance globale e tenere ben presente che è necessario sviluppare approcci internazionali o transnazionali a quei problemi che non possono essere trattati a livelli di responsabilità più bassi. Nel pensiero sociale cattolico, non c’è nulla che comprenda il governo mondiale.

D. – Una domanda sulla libertà di religione: lei ha affrontato questo tema nella 16.ma sessione plenaria. Quali sono le minacce alla libertà di religione, oggi? Lei pensa che in questo momento negli Stati Uniti, uno dei Paesi che maggiormente tutela le libertà fondamentali ed i diritti umani, la libertà religiosa sia minacciata?

R. – The threats are different. Last year, in our plenary session…
Le minacce sono di tipo diverso. L’anno scorso, nella nostra sessione plenaria sui diritti umani, abbiamo investito molto tempo analizzando eccellenti indagini di scienze sociali sullo stato della libertà religiosa nel mondo. Tra ciò che è emerso, c’è che il 70% delle persone nel mondo vivono in condizioni di restrizioni, da moderate a gravi, della libertà religiosa. Gran parte di queste restrizioni si verifica in Paesi con popolazioni molto numerose, come la Cina e l’India. Si potrebbe dire, quindi, che in alcune parti del mondo le minacce alla libertà religiosa sono spesso vere e proprie persecuzioni dirette e violente, mentre in altre parti del mondo – come in molte nazioni occidentali – sono più sottili e si manifestano in una graduale emarginazione della voce religiosa dal dibattito pubblico, e in alcuni casi nell’inizio di una vera e propria discriminazione.







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