2012-04-27 17:06:39

Cento anni fa nasceva Renato Rascel: un progetto di musica, teatro, cinema e immagini lo ricorda a Torino


Cento anni fa nasceva Renato Rascel al secolo Renato Ranucci e Torino, sua città natale, lo ricorda con un progetto voluto da Assemblea Teatro e dal Museo del Cinema, dal titolo Arrivederci Rascel. Si inizia il 25 maggio con una mostra di vinili, a seguire a giugno una retrospettiva cinematografica e a chiudere in autunno serate dedicate alle canzoni più celebri anche per bambini. Un progetto multiforme come fu la lunga carriera di un artista indimenticabile del Novecento italiano. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Alberto della Croce di Assemblea Teatro:RealAudioMP3

R. – E’ stato un artista estremamente poliedrico. Petrolini lo indicò immediatamente come uno dei migliori giovani del teatro romano. Suonava la batteria nei locali, ballava tanto il tango quanto il tip tap, cosa che negli anni Quaranta rappresentò una novità. Lui subito la fece sua, la provò e quindi passò alla commedia teatrale. Provò a cambiare, entrando nel cinema. Mi sembra che tutto questo sia veramente un percorso attoriale – ed anche umano – molto importante. Quindi ci siamo detti che si trattava di un personaggio che andava assolutamente ricordato in tutte le sue forme, in tutte le forme del suo lavoro.

D. – La comicità di Renato Ruscel: è questo il tratto caratteristico fondamentale, sia negli sketch e sia nei personaggi che lo hanno reso indimenticabile. Che caratteristiche aveva?

R. – Prima di tutto, è nato per caso a Torino. E questo è stato il suo primo scherzo, la sua prima ‘marachella’: i genitori, infatti, attori di rivista e cantanti, avevano calcolato di farlo nascere assolutamente nella città eterna, Roma. Ma lui è nato con una settimana di anticipo. La cosa importante è che è riuscito a creare quella che fu una vera e propria macchietta. Una macchietta, però, sempre estremamente intelligente: la sua comicità e la sua irriverenza, infatti, riuscirono a creare dei personaggi che erano al di fuori della convenzione del teatro del tempo. Riuscì anche ad utilizzare la chiave comica e l’ironia per far pensare. E, forse, anche per questo fu poi visto e scelto dai grandi registi – come De Filippo e Lattuada – per impersonare personaggi drammatici nel cinema.

D. – I suoi spettacoli piacevano a tutti, così come le sue canzoni, e molte di queste erano indirizzate proprio ai bambini. Non è una cosa così consueta…

R. – Certo. E’ una qualità rara che però, secondo noi, dà il segno di chi fu Renato Ruscel. Nel momento in cui parlava ai più piccoli, la realtà continuava ad essere il punto focale. Le sue filastrocche e le sue canzoni vogliono essere momenti in cui il bambino può apprendere: invitava, attraverso le sue canzoni, a chiudere ad esempio il rubinetto quando ci si lavava le mani o i denti, e questa cosa la faceva negli anni Sessanta e Settanta. Anche da ciò, quindi, si nota un’attenzione particolare ai bambini, nel considerarli non come un target da colpire con il proprio lavoro ma piuttosto come un pubblico estremamente serio ed importante da educare.

D. – Che tipo di italiano ha rappresentato, anche in quel dopoguerra così difficile per tutto il Paese?

R. – Sicuramente l’italiano medio, forse anche per questa sua caratteristica: lui, uomo piccolo, comico e forte, sembrava sempre combattere contro le avversità della giornata, del quotidiano. E’ questa, probabilmente, la chiave per cui è piaciuto così tanto agli italiani. Uno dei complimenti più belli, per lui, fu quello di uno spettatore romano che, al termine di uno spettacolo, gli gridò: “’A Renà, sei piccolo ma per noi sei grande”.

D. – Lei con quale immagine o frase ricorda meglio Renato Ruscel?

R. – La più bella è certamente quella del “Corazziere”. Lui che, così piccolo, in una società dalle tante e troppe convenzioni, prende questa figura, la rende propria – e quindi la rende estremamente piccola – e di nuovo, con grande semplicità, riesce a far ridere tutta l’Italia.








All the contents on this site are copyrighted ©.