L'Africa guarda l'Europa: condividere cammini d'indipendenza degli Stati
Condividere e avvicinare i cammini d’indipendenza e libertà di diversi Paesi attraverso
i vari continenti, prescindendo da storie, tradizioni e culture differenti. E’ questo
il filo rosso della tavola rotonda che si è svolta ieri presso la Sala Marconi della
nostra emittente, sul tema: “L’Africa ascolta l’Europa: l’esperienza dell’Albania
a 100 anni dall’Indipendenza”, promosso dal programma albanese della Radio Vaticana
e dal Centro di Riflessione Africa 2000. C’era per noi Cecilia Seppia:
L’Africa guarda
e ascolta l’Europa e in particolare la storia dell’Albania, che quest’anno celebra
i suoi 100 anni di indipendenza, con l’intento di trarne un insegnamento, una spinta
propulsiva per raggiungere quel valore immenso che si chiama libertà e che in alcune
aree africane è ancora negato. La riflessione del nostro direttore generale, padre
Federico Lombardi.
“E’ abbastanza inusuale pensare di avvicinare i cammini
dell’indipendenza e quindi le identità dei popoli attraverso i diversi continenti,
che siamo abituati spesso a categorizzare in modo molto differente. E’ un incontro
significativo, che è particolarmente benvenuto in questa casa, che si vuole casa di
popoli diversi e di culture diverse, che si incontrano per conoscersi, per parlare,
in modo tale che non solo da qui partano, nelle varie lingue, messaggi per varie direzioni,
ma ci sia anche veramente un luogo di dialogo e di incontro fra i popoli, anche se
con tradizioni piuttosto diverse. Ecco, qui abbiamo cento anni di indipendenza di
un Paese di un altro continente, un Paese europeo, e quindi è bello vedere la capacità
di mettere a fuoco queste storie e questi momenti fondamentali nella storia dei nostri
popoli e di arricchirci vicendevolmente nel prenderne consapevolezza. A parte questo
contesto generale, devo dire anche la mia gioia di vedere qui una riunione dedicata
specificatamente all’Albania. Ne abbiamo avute anche negli anni passati, ricordando
Madre Teresa e in altre occasioni. Ricordo che uno dei grandi orgogli che ho e che
spesso ricordo è che la Radio Vaticana ha ricevuto l’onorificenza più alta dello Stato
albanese, quindi l’Ordine di Madre Teresa, proprio per il servizio svolto al popolo
albanese, con le sue trasmissioni, in tanti decenni. Quindi, siamo contenti se teniamo
fede a questo nostro servizio, a questa nostra identità di servitori del popolo e
della cultura albanese”.
Per quattro secoli di dominazione ottomana, la
storia degli albanesi è un avvicendarsi di luci e ombre, di lotte e distruzione. A
riaccendere le speranze di libertà di questo popolo e a far sentire la sua voce in
tutta l’Europa sarà, nel 1878, la lega albanese di Prizrend che rivendica il territorio
nazionale; ma interessi geopolitici, etnici e religiosi dei vari Stati europei hanno
dilazionato al 28 Novembre 1912 la proclamazione definitiva dell’Indipendenza. Guardando
al passato cosa gli africani possono imparare dagli albanesi? Ardian Ndreca,
docente di Filosofia moderna alla Pontificia Università Urbaniana.
“Possono,
prima di tutto, imparare dagli errori, che abbiamo fatto noi e non ripeterli. Uno
di questi errori è stato quello di non andare direttamente alla costruzione delle
istituzioni democratiche, ma semplicemente a spartire il potere tra le varie fazioni.
Questa è stata la cosa più sbagliata, avvenuta in Albania, sia nella prima metà del
‘900, sia nella seconda metà. La seconda cosa, che potrebbero imparare dall’esperienza
albanese, ha a che fare con l’attaccamento alla propria terra, cioè il rimanere radicati
nelle proprie tradizioni, nel proprio passato e rivivere il passato, guardare il passato,
con l’ansia di perpetuare ciò che è stato nel bene e proiettarlo nel futuro: i valori,
le tradizioni, tutto ciò che di evenemenziale proviene dal passato”.
Forte
negli albanesi la coscienza nazionale, e il sentirsi sempre spiritualmente liberi
dall’occupante. Un ruolo chiave nel raggiungimento dell’indipendenza lo ha giocato
la Chiesa soprattutto per la cultura, l'educazione e il radicamento nel popolo albanese
di un binomio imprescindibile quello tra fede e patria. Ancora Ardian Ndreca:
“E’
stato un binomio curato con molta attenzione da parte della Chiesa cattolica, la quale
per opporsi a quella che era l’identificazione degli ottomani e in genere dell’islam
tra nazionalità e religione, proponeva un binomio, non un’identificazione ma un binomio,
proponeva cioè il servizio alla patria non disgiunto dal servizio alla religione,
due ambiti ben distinti, però”.
Quello che gli africani devono fare, spiega
Filomeno Lopes, rappresentante del Centro di Riflessione Africa 2000 è aprirsi
e cercare nuovi modelli di dialogo come più volte auspicato da Benedetto XVI.
“Papa
Benedetto XVI sta spingendo i continenti, soprattutto le conferenze episcopali, quelle
dell’Africa e dell’Europa, a cercare modalità di dialogo per collaborare meglio, in
vista di una nuova evangelizzazione, perché il futuro del domani sia davvero quel
riconoscere che l’era dei destini singoli e della preservazione di se stessi è finita”.